
La parte più dolente di questa epidemia è la tristezza di chi viene ricoverato e vive in solitudine la degenza. L’unico sorriso che possono ricevere è quello degli occhi dei medici e infermieri. Solo dagli occhi possono scorgere l’unico spiraglio di affetto che gli viene donato, perché anche medici e infermieri hanno mezzo viso coperto da mascherine e non trapela il sorriso puro, ma lo possono leggere dagli occhi.
La parte più cruenta è di quei pazienti che arrivano in ospedale in condizioni gravi. Per quelli che si salvano è una gioia, ma per chi non c’è la fa è una tristezza, che pure raccontarla diventa angosciosa. Molti di loro all’inizio sono stati portati al pronto soccorso, riscontrata la positività, anche i familiari finiscono in quarantena per quattordici giorni. Altri, invece, sono stati prelevati dalle ambulanze adibite per il coronavirus. Un ultimo saluto, poi più nulla.
Non hanno più avuto affetti al loro fianco. Per tutti questi pazienti gravi, che poi il risultato è stata la morte, sono volati via senza ricevere un’ultima carezza, senza vedere più i loro familiari: mogli, figli, nipoti, nessuno li ha più potuti vedere. Una tragedia per loro ma anche per i familiari, che hanno saputo per telefono della morte del congiunto. Non solo, i familiari hanno vissuto una doppia tragedia: non hanno potuto dare ai lori cari nemmeno un degno funerale. Niente. Dei loro cari riceveranno l’urna con le ceneri dentro, e chi è riuscito ad avere una sepoltura, gli sarà indicato il numero della tomba. Anche chi è morto nelle mura domestiche lo scenario non è cambiato, l’isolamento dei familiari ha scritto lo stesso scenario. Per tutti i familiari di queste vittime, rimarrà quell’ultimo saluto prima di lasciarli in un pronto soccorso o portati via dall’ambulanza. Un triste ricordo che si porteranno dentro per tutta la vita. Il covid-19 è una tragedia crudele, che sta scrivendo la pagina più brutta dopo la fine della seconda guerra mondiale.
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