
Sono nove anni che gestisco questo giornale, nel 2020 dovrei festeggiare il decimo anno di vita, speriamo. Oggi è la giornata della libertà di stampa. Dal primo giorno che ho fondato questo giornale mi sono prefissato l’obiettivo della mia libertà di giornalista e di tutta la struttura. Un percorso lungo e difficile, che richiede enormi sacrifici e, spesso, i lettori non capiscono. Preferiscono leggere esclusivamente cronaca, quella che confonde le persone e non le aiuta a migliorarsi culturalmente. Avere un’ampia informazione richiede un sacrificio immane che nessuno riesce a comprendere, nemmeno chi dovrebbe leggerla e non lo fa.
Ogni mattina la mia giornata è un inferno. Devo vestire i panni dell’editore, del direttore responsabile, del giornalista, del cronista, del reporter, del fotografo, del grafico, del videomaker, sono l’unico che deve aprire al mattino e chiudere la notte rispettando le scadenze, e coprendo le notizie dell’ultim’ora. In contemporanea devo trovare come campare, perché il giornalismo fa campare pochi giornalisti, alcuni anche con grandissimi contratti, ma per noi, la stragrande maggioranza, è fame assoluta, quindi devi fare altro per vivere. Eppure ognuno di noi è spinto dalla passione per questo lavoro e la voglia di continuare a scrivere per non spegnere gli entusiasmi che ci trasciniamo dentro. Ma di tutto questo le persone che ne sanno? Sanno solo giudicare, a volte offendere, ma non sanno che dietro questa macchina c’è un sacrificio umano e professionale di cui tutti devono avere rispetto.
Sono nato dalla carta stampata, e credo che quello è l’unico vero giornale e giornalismo. L’unico che ti dà la garanzia che il copia e incolla non esiste, come ormai avviene quotidianamente oggi nel mondo del giornalismo online.
Oggi molta gente si informa solo sui social e non si abbona ad alcun giornale. Non esistono più imprenditori disposti ad investire nell’informazione, quindi non esistono più gli editori. Tutti postano sui social. Così fanno i governi, mentre una volta erano notizie che passavano solo attraverso i giornali e i giornalisti.
Allora ci proviamo a mettere in campo idee innovative per non spegnere tutto. Tentiamo di fare reportage approfonditi, giornalismo investigativo, opinioni e approfondimenti, in maniera tale che le persone trovino lì le risposte alle domande che altrove non vengono risposte. Sono sempre stato un giornalista che ha cercato di smuovere le cose e intervenire sulla realtà raccontando storie. In parte ci sono riuscito, in parte no, ma di certo ci ho sempre provato e ci provo. Quando lavori per il nazionale, il tuo lavoro può perdersi nel mare della concorrenza e può essere demoralizzante. Lavoro a tutte queste piccole cose, e anche se non mi renderà milionario, mi riempie di orgoglio.
I giornalisti lavorano per strada, in redazione, diffondono le ragioni per cui il loro mestiere è così vitale per la comunità in cui la gente vive. Bisogna investire sul giornalismo, soprattutto bisogna investire sul giornalismo investigativo, sugli approfondimenti, sui reportage. Questo tipo di contenuti, nell’industria dell’informazione, funziona. Il resto è solo una ricerca di un clik per ottenere quei pochi centesimi che non fanno onore alla categoria dei giornalisti. Io sto cercando di continuare, non so se ce la farò a resistere ancora, ma di una cosa vado fiero: non ho mai fatto ledere la mia libertà di giornalista e del giornale che ho fondato.
Francesco Torellini, giornalista dell’ordine della Campania
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