
I finanziamenti a fondo perduto nazionali sono gestiti da Invitalia, l’Agenzia del Ministero dell’Economia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa. C’è un programma nazionale di incentivi a fondo perduto, rivolto ai giovani con meno di 35 anni e alle donne di ogni età. In particolare si tratta di finanziamenti a nuove imprese a tasso zero, per ottenere risorse fino al 75% dell’investimento da effettuare, con una soglia massima di 1,5 milioni di euro. Il rimborso può andare da 24 fino a 8 anni, con il 25% della somma da finanziare privatamente o tramite risorse proprie. Sono ammesse al bando le aziende del turismo, del commercio di beni e servizi, le imprese agricole, industriali e artigianali, oltre alle PMI specializzate nella fornitura di servizi a persone e aziende. Poi c’è il programma nazionale a fondo perduto Resto al Sud, un sistema di supporto per la creazione di nuove imprese e attività imprenditoriale nel Mezzogiorno. Si tratta di un’iniziativa alla quale possono partecipare giovani, donne e liberi professionisti con età compresa tra 18 e 46 anni, valida nel Sud Italia e nelle zone colpite dai terremoti del 2016 e 2017.
Fin qui un’analisi degli strumenti per poter far partire un’impresa. Mail modello spesso non funziona, molte delle piccole imprese aperte chiudono in un giro di due al massimo tre anni. Se si parte con i soliti prestiti di cui buona parte della somma deve essere restituita, con quello che viene erogato a fondo perduto non basta per partire. Chi vuole aprire un’impresa e non ha fondi per farlo, non è nelle capacità di poter investire dei fondi propri, per questo si rivolge allo stato. Se le risorse dello stato sono a metà, quindi, per aprire, va a fare altri debiti. Nel momento in cui apre, si ritrova con due debiti da estinguere, quello dello stato e quello privato, fatto di sicuro attingendo tra i parenti. È un classico. Una volta aperti, il soggetto impresa si ritrova a partire con un handicap notevole. Una nuova piccola impresa che parte perlomeno ha bisogno di cinque anni per costruirsi il pacchetto clienti. Inizialmente le cose non sono rosee, quindi gli incassi non consentono di far fronte a tutte le esigenze dell’impresa oltre a pagare le rate che arrivano sistematicamente dopo meno di un anno dal prestito erogato dallo stato. Inoltre, inizia il balzello delle tasse, insostenibili, e i contributi previdenziali obbligatori che diventano in poco tempo una macchia che porta, inevitabilmente, a contenziosi con agenzia delle entrate. Anche questo è un classico.
In Italia il vero fondo perduto non esiste. Per far partire il lavoro autonomo bisogna creare le condizioni per incentivarlo. La strada migliore è il fondo perduto vero come avviene in molti paesi europei. Gli strumenti che esistono in Italia sono perdenti, ammazzano prima di iniziare. Il dato si può raccogliere attraverso le camere di commercio, dove viene a galla l’anomalia con le tante aperture e le tante chiusure in meno di tre anni. Le piccole imprese devono essere messe in condizioni di aprire ma, soprattutto, di resistere e far crescere l’impresa. Ciò non avviene: si parte sconfitti. Le nuove aperture devono essere sgravate di ogni onero perlomeno per i primi cinque anni di vita dell’impresa.
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