Il motore trainante dell’economia di qualsiasi nazione è l’edilizia, quando si ferma, si ferma un vasto comparto produttivo. Negli ultimi anni l’edilizia è stata colpita duramente dalla crisi economica. Ha devastato migliaia di piccole imprese da Nord a Sud. Nessuno è rimasto immune da questo zunami che ha trascinato via con sé un tessuto produttivo che è l’asse portante dell’economia interna.
Negli ultimi anni il lavoro si è concentrato molto sui servizi e sulle tecnologie, lasciando indietro settori produttivi che sono il vero Pil della nazione. L’edilizia è uno di questi. La troppa burocrazia ha messo in ginocchio il settore. Ha ragione Salvini quando dice che vuole snellire la troppa burocrazia che ruota intorno all’edilizia. L’inasprimento burocratico non ha giovato a nulla, semmai ha causato ulteriori danni ad un settori già fortemente penalizzato.
Intorno all’edilizia ruota anche un tessuto produttivo che fa parte di quell’indotto di forniture che occorre al settore edile. Sono tante le industrie che producono per l’edilizia. Da quando il settore è andato in crisi ha trascinato con sé tutte queste fabbriche che hanno chiuso i battenti per via della mancanza di domanda.
In questo momento è necessario far partire a pieno regime il settore edile in tutti i suoi comparti. Per farlo, bisogna ridurre i costi del lavoro per consentire alle imprese di sostenere i costi. Dopodiché, abolire tutta la burocrazia che finora ha tenuto in ostaggio il settore. È proprio la burocrazia che ha tolto la capacità di ripartire. Oltre alla burocrazia, l’altro tassello è la pressione fiscale, strumento di distruzione di massa del settore.
L’edilizia non può più restare ferma, perché richiede molta manodopera interna e, quindi, si traduce in occupazione. Il punto di paralisi va fermato il prima possibile, altrimenti l’economia interna continuerà a soffrire fermando ulteriormente i consumi interni .