
Autunno 1960. Torino. In casa del Signor Lavia, impiegato del “Banco di Sicilia” in trasferta al Nord, tutto è pronto per la cena. Seduto a capotavola, il burbero e austero bancario attende impaziente l’arrivo del figlio Gabriele. “Io , tuo figlio, proprio non lo capisco!…” , brontola l’uomo rivolgendosi alla moglie, intenta a condire la pasta, “Tutte le sere la stessa storia : ma dov’è che va ?…” ; “Pazienza, ci vuol pazienza!…” , cerca di ammansirlo la donna, quando nella stanza riecheggia il suono del campanello :“Ah, eccolo finalmente!…Vado ad aprirgli!…” ,si precipita la moglie. Poi, il ragazzo ,giunto nel soggiorno e ,sedutosi accanto al padre, esordisce timoroso, scusandosi : “Mi spiace aver fatto tardi…ma il tempo con gli amici è volato e non mi sono reso conto!…”. “Che cosaaaa? , “non ti sei reso conto”?…”, lo incalza il padre, “L’orologio, non ce l’hai?…perdesti i sensi , svenisti?…Senti , figlio mio, se vogliamo andare d’accordo , tu una calmata te la devi dare!…Anche perché , io ancora non ho capito che cosa vuoi fare nella tua vita!… Ci sono tante professioni…che so , io: il medico, l’ingegnere, il notaio?…magari il bancario, come tuo padre?…non sarebbe un’idea malvagia ,sai?…in più , io ti potrei aiutare…che ne dici?…” . “Eh, che ne dico, papà?…dico che hai fatto tutto tu!…” , esclama risentito Gabriele, aggiungendo : “Veramente , io ,una decisione l’avrei già presa…Papà , vado a Roma per fare l’attore!…Qualche settimana fa ho inviato la domanda d’iscrizione all’Accademia “Silvio D’Amico” e l’hanno accettata…”. “Cheeee?…l’attoreeee?…”, compita il bancario in preda all’ira, mentre,alzatosi di botto dalla tavola, butta all’aria i piatti e tira addosso al figlio un bicchiere, “Tu sei pazzo, completamente!…i teatranti , tutti fuorilegge sono!…” . “Hai ragione , papà!…” , risponde il ragazzo ancora spaventato , “A pensarci bene , un teatrante è sempre un fuorilegge, altrimenti non potrebbe fare teatro : il dio Dioniso è la trasgressione per eccellenza!…” .
“Il primo problema è la data di nascita . Nelle biografie ufficiali si legge che sono nato l’11 ottobre e invece sono nato il 10!. Il fatto è che c’era la guerra , i bombardamenti e i miei genitori , non potendo muoversi , andarono a dichiarare la mia nascita il giorno dopo , ma, per non pagare la multa, mentirono sulla data. Sul mio epitaffio, dunque, potrebbero scrivere : “Infranse la legge sin da bambino!”… e ho continuato e continuo a farlo attraverso il teatro , che è l’arte dionisiaca , della trasgressione, per eccellenza!” . Così, qualche tempo fa, raccontava di sé, nel corso di un’intervista, Gabriele Lavia : attore , regista teatrale e cinematografico. Nato a Milano nel 1942, da un bancario e da una casalinga di Catania, trasferitisi al Settentrione nel Dopoguerra, cresce a Torino dove il padre ottiene un impiego. Assiduo frequentatore di teatri come il Carignano , presso il quale ha modo di conoscere Giorgio Strehler, sin dall’adolescenza rivela un’attitudine per la recitazione. Accettata la sua domanda d’iscrizione all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, convinto il padre, restio ad accettare la prospettiva di una carriera artistica , parte alla volta di Roma. Quindi, diplomatosi nel 1963, debutta in teatro poco più che ventenne, interpretando un piccolo ruolo nell’“Edipo re” di Sofocle , esperienza cui fa seguito l’esordio sul piccolo schermo nello sceneggiato di Anton Giuio Majano , “Marco Visconti”. Protagonista, nel ventennio Settanta /Ottanta, di svariati spettacoli teatrali diretti da registi come Giuseppe Patroni Griffi, Giorgio Strehler, Giancarlo Sbragia, Luigi Squarzina , Mario Missiroli e Marco Sciaccaluga, non disdegna i set cinematografici , prendendo parte a pellicole di genere horror quali : “Profondo rosso” e “Inferno” di Dario Argento. Nel frattempo, cimentatosi con la regia di opere teatrali (“Otello” di William Shakespeare) , cinematografiche (“Il principe di Homburg”, con la quale si aggiudica il Nastro d’argento come “migliore regista esordiente”, “Scandalosa Gilda” e “Sensi”) e di opere liriche( “I pellegrini alla Mecca” di Christoph Willibald Gluck, “I Lombardi alla prima crociata” e “Attila” di Giuseppe Verdi ), si fa dirigere da Pupi Avati nel film di fantascienza “Zender”. Fondatore insieme con Giancarlo Volpi della “Compagnia Lavia”, co-direttore artistico del Teatro Eliseo di Roma e del Teatro Stabile di Torino, fra gli anni Novanta e i Duemila, alterna agli impegni in palcoscenico (“L’avaro” di Molière, per il quale ottiene il Premio Olimpici del Teatro, “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello) quelli da regista (“La lupa”, tratta dall’omonima novella di Giovanni Verga, “Scene da un matrimonio” , tratto dall’omonima pièce di Ingmar Bergman, “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht) e interprete di pellicole (“La leggenda del pianista sull’oceano” e “Baarìa”, entrambe di Giuseppe Tornatore , “Non ho sonno” di Dario Argento e “Ricordati di me” di Gabriele Muccino). Direttore del Tetaro Stabile di Roma dal 2011 , nell’ultimo decennio ha prestato la sua voce in alcuni doppiaggi ( “Hugo Weaving” in “V per vendetta”, “Stanley Tucci” in “Il diavolo veste Prada” e “Al Pacino” in “Wile Salomé”). Padre di tre figli : Lorenzo , nato dal primo matrimonio con Annarita Bartolomei , Maria e Lucia , avute dalla seconda moglie , Monica Guerritore , da sedici anni è legato alla collega Federica Di Martino. Nuovamente in scena dal 14 novembre con “I ragazzi che si amano”, spettacolo prodotto dalla Fondazione Teatro della Toscana , ha dichiarato : ” Il titolo riprende i primi versi della celebre poesia di Jacques Prevert che si trovano sui cioccolatini , eppure lui è stato un grande poeta , profondo, filosofico. Ah, “I ragazzi che si baciano”, beati loro!…Invecchiare è una scocciatura. Mi piacerebbe fermare il tempo, ma sarebbe inutilmente infantile. Oggi, mi sento un dinosauro. I grandi dinosauri si sono estinti. Restano le loro ossa , qua e là delle impronte e qualche storia narrata. E’ un modo originale per dire che sono vecchio e appartengo a un mondo ormai sparito…Morire è una mancanza di educazione , bisognerebbe essere eterni. E se proprio deve accadere, vorrei che la morte mi cogliesse nel sonno , così non me ne accorgo. Ma c’è un problema : soffro d’insonnia e me ne accorgerei!…”.
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