
Da nord a sud i balneari stanno pagando un prezzo salato in questa fase due. La stagione estiva è già compromessa. Nel mese di maggio le spiagge erano già belle allestite e molti turisti si erano riversati sulle spiagge per godersi le prime giornate di sole. Quest’anno la situazione è drammatica e dopo la quarantena la ripartenza è una corsa ad ostacoli. Abbiamo posto alcune domande a Nino Carmine Cafasso, presidente dell’associazione imprese di servizi giuslavorista e consulente del lavoro, sul futuro dei balneari.
Continua a tenere banco il dramma economico e sociale dei lavoratori stagionali. Come è la situazione oggi, alla luce dell’ufficializzazione del Dl Rilancio, in particolare per i lavoratori del settore turismo?
“Per i lavoratori stagionali, e ci riferiamo anche ai settori terme e turismo, fortunatamente è stato superato l’handicap previsto inizialmente per quelli che (ed erano la maggior parte) non avevano visto finora ristorate le loro richieste di bonus. Con il decreto Cura Italia, infatti, la figura del lavoratore stagionale veniva salvaguardata in quanto tale e non perché inserita in un contesto aziendale, per forza avente i requisiti della stagionalità. Di conseguenza le Sedi INPS, in maniera del tutto discutibile, non si erano regolate con univoco comportamento, lasciando la gestione di queste pratiche a personali interpretazioni non sempre in linea con la norma. Con il risultato che migliaia di lavoratori non sono stati pagati e, soprattutto, migliaia di lavoratori che, avendo lavorato anche un solo giorno nel 2020, sono stati ritenuti non destinatari del bonus. E così, per le circa 300 imprese balneari del nostro territorio che offrono lavoro stagionale a partire da fine marzo per finire a fine settembre, a bagnini, baristi, ristoratori etc, si rischiava comunque che questi ultimi non percepissero i 600 euro stanziati dal Governo. E con essi persino i trecento euro previsti dalla Regione Campania. Nonostante, peraltro, molte delle imprese siano a conduzione familiare, e quindi economicamente più fragili, e in piena stagione abbiano bisogno di molte maestranze. Le iniziative intraprese, anche dal sottoscritto, per scongiurare tale ingiustizia hanno dato i loro frutti. Il DL Rilancio recita infatti che “Ai lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020, non titolari di pensione, né di rapporto di lavoro dipendente, né di NASPI, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è riconosciuta un’indennità per il mese di maggio 2020 pari a 1000 euro. Qualcosa, da qualche parte, si è mosso finalmente, anche se rimangono ancora alcune lacune”.
Qual è la situazione attuale tra i lavoratori del settore nel nostro territorio della provincia di Caserta?
“Il settore turistico attualmente è in ginocchio anche perché l’incertezza è forte. E pensare che la provincia di Caserta è un territorio ricco di bellezze storiche e naturali, come la Reggia di Caserta e l’anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere. Inoltre ci sono i borghi dell’alto casertano, che contribuiscono fortemente all’indotto turistico grazie alla presenza di tantissimi agriturismi e ristoranti. Napoli è raggiungibile facilmente grazie alle superstrade. Gli stabilimenti balneari casertani hanno potuto iniziare a sistemare gli ombrelloni, seguendo i criteri e le norme contenute nelle linee guida emanate dal governo con il Dl Rilancio. Le linee guida però contengono norme piuttosto restrittive che vanno dall’obbligo di prenotazione per l’accesso alle spiagge, al posizionamento delle attrezzature, alla balneabilità, consentita esclusivamente in zone di mare che garantiscono una determinata ampiezza e una determinata profondità. Norme che mettono a rischio circa il 70% della costa italiana, almeno per quanto riguarda la balneazione. E che incidono anche sul territorio campano: parliamo di un territorio importante, una costa lunga ben 45 chilometri, con spiagge meravigliose che partono dalla zona di Minturno, in provincia di Latina, fino a Iscitella, a ridosso della provincia di Napoli”.
Cosa proporre alle istituzioni per la salvaguardia del settore?
“Il Governo, le istituzioni, hanno il dovere di intervenire in maniera più profonda per sostenere e incentivare le imprese, e in particolare quelle del settore turismo, uno tra i più colpiti dalla crisi sanitaria, economica e sociale causata dall’emergenza Covid-19: molte strutture alberghiere e ricettive ancora non hanno riaperto, o riapriranno a ranghi ridottissimi e con personale ridotto all’osso. I costi relativi all’adeguamento delle strutture, sia dal punto di vista logistico, sia da quello di adeguamento al rispetto delle norme anti-contagio, sono particolarmente onerosi. Come oneroso è l’impegno delle stesse sulla garanzia dell’accesso alla Cig per i lavoratori che ne risultano idonei. Sarebbe necessario, se non indispensabile, un’ulteriore iniezione di liquidità per le imprese, che non certo per colpa del Governo, ma neanche per colpe proprie, hanno dovuto ritardare di oltre due mesi la riapertura, e proprio in concomitanza del periodo più importante della loro attività, quello della preparazione alla ripartenza per la stagione di effettiva attività a pieno ritmo. Aver riaperto in queste condizioni, che implicano restrizioni importanti con conseguenti decrementi altrettanto importanti sulla possibilità di guadagno.
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