A conclusione di una complessa e articolata indagine è stato sgominato un sodalizio criminale di stampo mafioso radicato nel veneto orientale. Il sodalizio mafioso, affiliato “clan dei casalesi”, controllava un vasto territorio con l’uso delle armi, compiendo estorsioni, usura, danneggiamenti, riciclaggio, traffici di stupefacenti, rapine ed altri reati.
L’operazione è stata condotta dalla Polizia di Stato di Venezia ed il G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Trieste, che hanno eseguito a Venezia e Casal di Principe (CE) ed altre località – 50 misure di custodia cautelare per associazione a delinquere di stampo mafioso ed altri gravi reati, nonché 11 provvedimenti di obblighi di dimora su richiesta della Procura Distrettuale della Repubblica di Venezia.
L’operazione, denominata «AT LAST», diretta dalla Procura veneziana ha visto impegnati oltre 300 uomini: del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.), della Guardia di Finanza di Roma, del Servizio Centrale Operativo (S.C.O.), della Polizia di Stato e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Venezia. Sono stati eseguiti sequestri preventivi per beni e valori pari a 10 milioni di euro.
Nella medesima operazione è stato arrestato anche il sindaco di eraclea, indagato del reato di scambio di elettorale politico-mafioso in relazione alle elezioni 2016.
Le indagini hanno consentito di evidenziare come l’organizzazione risulti costituita già alla fine degli anni novanta da parte di persone che si erano trasferite al nord provenienti da molti paesi dell’agro aversano e da Giugliano in Campania. Il gruppo mafioso dopo la sua costituzione si è insediato nel veneto orientale rilevando il controllo del territorio dagli ultimi residui rimasti della mafia del brenta.
Il compito del sodalizio era quello di acquisire, anche con l’uso della violenza, la gestione o il controllo di attività economiche, soprattutto nell’edilizia e nella ristorazione, ma imporre anche un aggio ai sodalizi criminali limitrofi dediti al narcotraffico o allo sfruttamento della prostituzione.
I proventi delle attività serviva anche a finanziare le storiche famiglie dei carceri appartenenti al “clan dei Casalesi” . l’organizzazione all’inizio ha operato nell’edilizia dedicandosi particolarmente all’attività usuraria ed all’esecuzione di estorsioni , da ultimo specializzandosi nel settore della riscossione crediti per conto di imprenditori locali.
Nel tempo, l’organizzazione si è finanziata anche con la produzione di fatture per operazioni inesistenti per molti milioni di euro, grazie ad una fitta rete di aziende intestate anche a prestanome poi oggetto di bancarotta fraudolente. Oltre a frodi in danno dell’erario per reati tributari, spiccano quelle perpetrate verso l’INPS attraverso le false assunzioni in imprese di 50 persone contigue al sodalizio, allo scopo di lucrare indebitamente l’indennità di disoccupazione , pari a circa 700.000 euro.
In carcere è finito anche il direttore di un istituto di credito di Jesolo, complice del sodalizio criminale, il quale, come il suo predecessore, indagato a piede libero, consentiva loro di operare su conti societari senza averne titolo, concordando con loro l’interposizione di prestanome,omettendo sistematicamente di effettuare le segnalazioni di operazioni sospette.
Coinvolto anche un appartenente alla polizia di stato, accusato di aver fornito informazioni riservate ai malavitosi, inerenti ad indagini nei loro confronti, tramite illecito accesso alle banche dati di polizia, nonché di averne garantito protezione e supporto seguito di controlli subiti da parte di altre forze di polizia.