
Sono gli invisibili della nuova società dopo l’epidemia. Sono tutti quelli che non hanno avuto, tranne quello alimentare, sostegno concreto dal governo e dalle regioni. Sono rimasti in silenzio a guardare quello che gli succede intorno. Potrebbero essere dieci milioni di italiani ad un passo dalla povertà assoluta. Una nutrita pattuglia di cittadini che rischia concretamente di non poter affrontare le spese essenziali: cibo, medicine, bollette, affitto o mutuo. Queste persone, che si traducono in famiglie che già prima non avevano una stabilità economica, in banca hanno meno di 900 euro in media. Una somma che non consente in nessun modo di poter affrontare il domani. Quello che si è fatto è tutto sbagliato, il governo, ma anche le regioni, ne devono prendere atto, perché bisognava in primis pensare alla persona, poi alle partite Iva. Noi avevamo già cinque milioni di italiani in povertà assoluta, a questi si sommavano dieci milioni che si avviavano verso la povertà, quindi il numero che potrebbe uscire fuori dopo l’epidemia, è spaventoso. Ora che l’Italia è rimasta chiusa per due mesi, e non si sa cosa può succedere dopo la riapertura, richiede inevitabilmente che nelle tasche di queste persone vanno foraggiate con almeno 2.200 a testa. Quello che può saltare dopo è il tessuto sociale della nazione.
La Caritas Italiana vive con grande preoccupazione l’inedita
fase storica che il nostro Paese sta attraversando. La sua presenza capillare
nel territorio attraverso la rete delle Caritas Diocesane – al fianco di tante
persone e famiglie in difficoltà – la porta a mettere in evidenza due pericoli
che emergono sin da ora. Da una parte il diffondersi dell’impoverimento e
l’acuirsi delle disuguaglianze, e, dall’altra, il sorgere di nuove tensioni
sociali. Per evitarli è necessario agire con rapidità e decisione. Questa
responsabilità è di tutti e coinvolge sia le scelte personali, sia le decisioni
delle pubbliche Istituzioni.
Tre, in particolare, sono gli obiettivi da segnalare – spiegano dalla Caritas –
mettere in campo un intervento straordinario per i poveri. Bisogna costruire
subito una diga contro l’impoverimento e raggiungere rapidamente la popolazione
colpita.
Secondo, fornire una risposta all’intera società italiana, sostenendo ognuno in
base alle sue differenti esigenze e valorizzando le sue risorse. La questione
povertà va infatti affrontata considerando la nostra società nel suo insieme,
attraverso interventi equi e sostenibili di promozione umana.
Terzo, guardare al futuro. Una volta predisposto l’auspicato piano per
questi primi mesi bisognerà subito cominciare a preparare gli interventi
necessari alla fase successiva, anch’essa impegnativa, senza omettere la
partecipazione e il coinvolgimento sussidiario di tutte le realtà del nostro
Paese impegnate nella lotta alla povertà, incluso il Terzo Settore.
Sarà questo un modo per dare ascolto al recente messaggio di Papa
Francesco “mentre pensiamo alla lenta e faticosa ripresa dalla pandemia,
s’insinua un pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro”.
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