
All’inizio dell’epidemia si diceva di non fare polemiche contro il governo, poiché il paese aveva bisogno di unità per superare la tragedia coronavirus. Per quasi un mese c’è stato il silenzio assoluto. Quasi a rispettare la volontà di non dire nulla contro il governo. Poi i fatti sono stati talmente eclatanti, che la polemica è giunta spontanea contro un governo che usciva in Tv con i proclami ma nei fatti non usciva nulla di positivo.
Era il 16 marzo quando, alla conferenza stampa dopo il varo del decreto “cura Italia”, che il governo ha iniziato a fare proclami illudendo gli italiani. Ci sono voluti un mese e 28 giorni affinché arrivasse un nuovo decreto ribattezzato “Rilancio” fosse approvato dal Consiglio dei ministri. E poi altri sei giorni, fino al 19 maggio, perché approdasse alla firma del presidente Sergio Mattarella e sulla Gazzetta Ufficiale con il numero 34/2020.
Tutti questi decreti sono lo specchio di un Governo nato fragile, con anime diverse, che già in partenza mostrava tutte le sue lacune. Una coalizione di partiti, che ogni giorno devono litigare per approvare qualcosa. Ognuno tende a portare a casa un risultato per cercare di illudere un elettorato che ormai li ignora. Due mesi e 4 giorni di scontri tra i partiti, problemi di copertura, confronti in extremis con le parti sociali per partorire un provvedimento mostruoso composto da 266 articoli e 400 pagine che vale 155 miliardi di saldo netto da finanziare per il bilancio dello Stato, di cui 55 di nuovo indebitamento. Provvedimento che aumenta a dismisura anche la burocrazia.
Ora che siamo giunti alla fase due, tutte le lacune del governo Conte due, si sono scoperchiate portando in risalto la natura propagandistica del governo di sinistra, che nulla ha reso agli italiani afflitti da problemi acuti per via del virus. Una ripartenza su cui non c’è stato nessun stimolo esaltante: gli italiani sono senza soldi, ritornare a fare acquisti diventa impossibile. Ad aumentare i disagi, l’incertezza del giorno dopo, per un domani che non fa presagire nulla di buono finché il virus non sarà scomparso dall’Italia.
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