
Stiamo per chiudere il peggior anno dalla fine della seconda guerra mondiale. Dietro però ci sono tanti altri anni senza speranza. Il paese Italia è rimasto indietro rispetto al resto del mondo. Siamo il paese dove ci sono eccellenze umane e imprenditoriali che fanno invidia al resto del mondo, ma non basta, non è sufficiente per uscire da un impasse che ci cataloga tra i paesi più fermi in Europa.
Ogni tentativo di risalita è smorzato da inconcludenti posizioni politiche che mirano a distruggere invece di costruire. Siamo fermi. E da un bel po’. Lo siamo perché ci manca la materia prima: il lavoro. L’Italia continua ad essere divisa in due. La parte più industrializzata, nonostante i problemi, cammina meglio della parte bassa. Al sud la situazione è drammatica. Il lavoro continua ad essere una macchia. Il lavoro è un diritto per tutti. Non si promette, si garantisce.
Al sud la garanzia di un lavoro stabile non c’è. Quel lavoro che deve far sperare e guardare al domani, non c’è. C’è l’arte dell’arrangiarsi, d’altronde è sempre stato così. Al sud c’è gente che si arricchisce attraverso sotto rifuggi non puliti, ma la stragrande maggioranza rimane sempre più indietro. I giovani, poi, non hanno prospettive. Sono costretti a fuggire via dalla propria terra consolidando lo schema meridionale: per vivere devi andare via. Sono anni che si invoca un diritto sempre venuto meno. Tante promesse sono state fatte, ma si sono sciolte come neve al sole.
Il lavoro è garanzia di vita. Il lavoro permette di vivere dignitosamente e onestamente. Senza un lavoro non si può fare nulla, nemmeno pagare le bollette domestiche, al massimo si riesce a mettere un pasto a tavola una volta al giorno. La mancanza di lavoro mortifica le persone. Le rende schiave del sistema. Il lavoro manca perché il sistema non ha saputo garantirlo.
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