
La politica è una cosa serie, creare modelli che dovrebbero perfezionare la costituzione politica di un movimento sulla base di un niente, fanno solo sorridere. Il modello zero presentato da Luigi Di Maio per i consiglieri comunali, fa ridere. Il doppio mandato può stare bene, perché significa che la politica non diventa un mestiere, ma solo un servizio momentaneo alla nazione. Fin qui nulla da obiettare, anzi, il limite al doppio mandato deve rimanere, perché dieci anni bastano per dare il proprio contributo alla causa politica del paese.
Il modello zero presentato non è altro la paura di non trovare più persone disposte a candidarsi col M5S. Fare le liste nelle realtà locali è diventato un problema grosso per il M5S, quindi il modello zero consente a chi è stato eletto consigliere comunale dopo essersi candidato a sindaco, di poter ritentare e il primo mandato diventa zero in caso di sconfitta elettorale. È un metodo per evitare la desertificazione del movimento nelle realtà locali. Inoltre dare la possibilità ai consiglieri eletti di poter poi continuare il percorso anche in ambito regionale e parlamentare.
Questo modello confuso e poco incisivo, non è la panacea dei mali del movimento, che ha bisogno invece di un modello nuovo di movimento, che non si basi più sul web, ma sia attrattivo nei confronti delle persone. Il M5S nelle realtà locali non sfonda, una ragione di sciuro c’è, e va ricercata e demolita. Il modello zero creato non è la soluzione.
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