
Il turismo è fermo in quasi tutto il mondo. Siamo in piena estate, eppure, a differenza degli altri anni, la situazione è quasi di stallo. È normale che stia succedendo ciò. Quando si ferma lo spostamento da una parte all’altra del globo, il primo a soffrirne è appunto il turismo. Con esso il mondo delle strutture recettive. Il virus ha fermato il mondo. Possiamo sforzarci, ma non riusciamo risolvere il problema nell’immediato.
“La situazione è ora drammatica – sottolinea Giuseppe Roscioli, a capo della Federalberghi – Solo il 25% delle strutture alberghiere al momento ha riaperto visto che i costi sono troppo alti e senza clientela non si possono sostenere le spese di gestione e del personale”. La preoccupazione maggiore è che il prolungarsi della crisi sanitaria mondiale, in meno di un anno il 40% delle aziende potrebbe addirittura non esistere più. È la peggiore delle ipotesi, ma uno scenario di enormi difficoltà, specie nelle grande città, che già oggi vede molte strutture alberghiere chiuse o vuote perché non ci sono turisti. Sperando, chiaramente, con l’autunno/inverno il virus non rialzi la testa costringendo a reintrodurre misure restrittive e limitazioni.
Secondo le stime dell’Agenzia Nazionale del Turismo, a causa del coronavirus, nel 2020 i visitatori stranieri crolleranno del 55% con una perdita di 23 miliardi. Le prenotazioni non ci sono. Dalla Cina e dagli Usa non c’è nemmeno l’ombra e molti hotel di lusso, specie nelle città d’arte e d’affari, hanno deciso di non riaprire perché non conviene. Oltre ai proprietari di alberghi, chi sta pagando il prezzo più alto sono coloro che ci lavorano nelle strutture recettive che, ad oggi, non vedono nessun spiraglio di luce. Sono fermi e non sanno quando possono ritornare a lavoro. In Italia ci sono molti settori che con la ripartenza non sono ripartiti.
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