In regione Campania abbiamo vissuto la prima ondata in maniera soft, con pochi problemi rispetto alle regioni del nord. Tutti dovrebbero ricordare le invettive del governatore De Luca contro il governatore della Lombardia Fontana durante la prima fase. Ma lì si stava combattendo una guerra senza armi, contro un nemico talmente sconosciuto, che alla fine solo in quelle regioni ha portato ai tantissimi decessi.
In Campania la situazione era meno drammatica. Inizialmente a prendere in mano la palla furono propri i sindaci, che iniziarono un lavoro di contenimento molto prima che governo e regione prendessero decisioni in merito alle restrizioni. Anticiparono di molto quelle che poi furono le decisioni prese dal governo. Il lockdown arrivò con molto ritardo, mentre i sindaci avevano già chiuso le scuole, e iniziarono un’opera di sanificazione e sociale per venire incontro alle esigenze dei cittadini.
Entrati nella seconda ondata, quella che può definirsi nel concreto la vera ondata del coronavirus. La Campania è stata travolta dal nemico invisibile. I numeri non sono stati più quelli della prima fase, ma hanno generato un disagio senza precedenti nelle strutture ospedaliere, tanto che i sindaci son dovuti scendere in campo per contrastare le mancanze delle Asl. La provincia di Caserta è stata travolta da questa seconda ondata contando contagiati e decessi più della stessa Lombardia che è una delle regioni più colpita. Quindi i sindaci non hanno potuto fare altro che fare rete tra di loro e cercare di prendere provvedimenti sinergici capaci di alleviare le sofferenze dei propri cittadini. Cosa che nemmeno la regione ha fatto, lasciando i cittadini ad assistere al teatrino del tutto va bene, mentre non è così.
I sindaci hanno capito che la sanità casertana ha fallito nella gestione di tutte le fasi dell’emergenza: dalla lavorazione dei tamponi al tracciamento dei positivi. Non c’è mai stata un’organizzazione in grado di monitorare l’evoluzione dell’epidemia, isolare i positivi e contenere i contagi. Le prove arrivavano e arrivano dalla realtà quotidiana. I sindaci sono stati i primi a vivere giorni di angoscia non sapendo come fare per venire incontro alle richieste di aiuto dei propri cittadini. Spesso, gli stessi sindaci, sono stati costretti a comunicare all’Asl le positività. Non per colpa del funzionario locale, che purtroppo doveva subire a sua volta la disorganizzazione interna. Ma proprio perché la seconda ondata aveva trovato impreparato il tessuto sanitario campano, tanto che poi si è dovuti assistere a file di ambulanza in attesa di poter trovare un posto per l’ammalato a bordo, come file di auto con pazienti a bordo in attesa di assistenza e di ossigeno. Chi vuole nascondere tutto ciò non merita comprensione.
I sindaci non hanno potuto non comprendere lo stato critico della situazione e, quindi, Comuni e privati si sono dovuti sostituire ad una medicina territoriale praticamente inesistente nell’assistenza sanitaria domiciliare. La verità è che questo sistema inetto di gestione della sanità territoriale non pone al primo posto la salute dei cittadini. Pertanto i sindaci non hanno potuto fare altro che organizzarsi da soli cercando di creare quella rete assistenziale per i malati di coronavirus, per superare tutte quelle difficoltà causate da una sanità che è entrata in bambola. Anche l’ordinario è crollato di fronte alla gestione di un’emergenza epidemica che, questa volta, ha fatto della Campania un malato grave. Sono i fatti che mettono in luce la cattiva gestione di questa seconda fase. I numeri sono quelli che sono.
Non possiamo dare la colpa al personale, loro si sono trovati a combattere una guerra con scarsi mezzi e uomini, ed ogni guerra combattuta senza certezze, è difficile da combattere.
Nei film ci sono gli attori che devono interpretare quello che hanno scritto e studiato i registi, se la regia è pessima, il film sarà di scarsa qualità, quindi in Campania è la regia che ha sbagliato tutto, per fortuna che ci sono stati bravi attori, i sindaci, che hanno saputo raccogliere le istanze dei cittadini e muoversi celermente affinché non tutto precipitasse.
In Campania, nonostante le enormi difficoltà, c’è un tessuto
sociale che si adopera come può per andare avanti, non solo oggi, ma da sempre.
La Campania ha bisogno di una sanità efficiente e in grado di assistere i pazienti
come dio comanda. Finora non c’è stata. E da sempre che la sanità in Campania vive
e lavora in affanno. Questa è la verità.