
Alla data del 31 maggio sono stati registrati circa 3.600 casi di contagi da Covid-19 in più, sul lavoro, rispetto al monitoraggio precedente del 15 maggio. E’ quanto emerge dal quarto report nazionale sulle infezioni di origine professionale denunciate all’Inail. L’analisi per professione evidenzia la categoria dei tecnici della salute come quella più coinvolta da contagi, con circa l’84% relativa a infermieri. I decessi sono 208 (+37) e quasi sei casi su 10 (58,7%) ricadono nel Nord-Ovest, con il primato negativo nella provincia di Bergamo
Le
denunce di infortunio sul lavoro da nuovo Coronavirus pervenute all’Inail alla
data del 31 maggio sono 47.022, 3.623 in più rispetto al monitoraggio
precedente del 15 maggio. I casi mortali sono 208 (+37), pari a circa il 40%
del totale dei decessi sul lavoro denunciati all’Istituto nel periodo preso in
esame e concentrati soprattutto nei mesi di marzo (40%) e aprile (56%). A
rilevarlo è il quarto report nazionale elaborato dalla Consulenza statistico
attuariale dell’Inail, che rispetto ai precedenti si arricchisce di un
approfondimento a livello territoriale, con la predisposizione di 21 schede
relative ai casi registrati nelle 19 regioni italiane e nelle due province
autonome di Trento e Bolzano, che saranno aggiornate con cadenza mensile.
La
Lombardia si conferma la regione più colpita. Più della
metà delle denunce (55,8%) e quasi sei casi mortali su 10 (58,7%) ricadono nel
Nord-Ovest. La Lombardia, in particolare, si conferma la regione più colpita,
con il 35,5% delle denunce di contagio sul lavoro e il 45,2% dei decessi. Il
30,4% delle 16.700 infezioni denunciate nel territorio lombardo riguardano la
provincia di Milano, ma il primato negativo dei casi mortali, con 25 decessi, è
della provincia di Bergamo.
La
maggioranza dei casi nel settore della sanità e assistenza sociale. Il
settore della Sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di
cura e di riposo, istituti, cliniche, policlinici universitari, residenze per
anziani e disabili – registra, insieme agli organismi pubblici preposti alla
sanità, l’81,6% delle denunce (e il 39,3% dei casi mortali). Seguono i servizi
di vigilanza, pulizia, call center, il settore manifatturiero (industria
alimentare, chimica e farmaceutica), le attività di alloggio e ristorazione e
il commercio.
Più
vittime tra infermieri e medici. L’analisi per professione
evidenzia la categoria dei tecnici della salute come quella più coinvolta da
contagi, con il 41,3% delle denunce complessive, circa l’84% delle quali
relative a infermieri. Seguono gli operatori socio-sanitari (21,5%), i medici
(11,0%), gli operatori socio-assistenziali (8,3%) e il personale non
qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri
(4,8%). Circa la metà dei decessi riguarda il personale sanitario e
socio-assistenziale. Le categorie più colpite sono quelle dei tecnici della
salute (il 66% sono infermieri), con il 14,2% dei casi mortali codificati, e
dei medici (13,2%).
Sette
morti su 10 nella fascia di età 50-64 anni. Il 71,7% dei
contagiati sono donne e il 28,3% uomini, ma il rapporto tra i generi si inverte
nei casi mortali. I decessi degli uomini, infatti, sono pari all’82,7% del
totale. L’età media dei lavoratori che hanno contratto il virus è di 47 anni
per entrambi i sessi, ma sale a 59 anni (57 per le donne e 59 per gli uomini)
per i casi mortali. Il 71,2% dei decessi è concentrato nella fascia di età
50-64 anni, seguita da quella over 64 anni (18,3%). La quota dei lavoratori
stranieri è pari al 15,6% del totale delle denunce e al 10,1% dei decessi.
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