
Il popolo italiano inizia ad avere poca fiducia nelle istituzioni che stanno gestendo la seconda ondata da coronavirus. Se da un lato la prima ondata ha dato notorietà e consenso, la seconda sta togliendo tutto a tutti. Il governo perde fiducia, alcune regione pure, virologi e scienziati non hanno più la stessa credibilità dell’inizio epidemia. I dati sono un conto, la realtà è un’altra. La realtà viene raccontata da chi esce dal tunnel del contagio e viene raccontata da chi ha perso affetti prematuramente dopo solo pochi giorni dal contagio. Sono questi gli elementi chiave che stanno smentendo chi cerca di sminuire le difficoltà che ci sono nella sanità pubblica italiana. Sono questi racconti, in aggiunta a quelli di chi sta lottando per salvare vite umane, che porta mette i soggetti citati sulla ghigliottina.
Ieri il commissario Arcuri ha sottolineato come oggi ci siano circa 10 mila posti e che entro dicembre il tetto dovrebbe salire fino a 11.300 posti. “Oggi”, ha aggiunto il commissario, “i ricoverati in terapia intensiva sono 3.400, quindi la pressione su questi reparti non c’è”. Il punto è che questa versione non è del tutto veritiera. Anzi i numeri sono diversi, vanno contestualizzati e soprattutto vanno posti sotto una prospettiva regionale.
Parlando alla trasmissione Agorà, su Rai Tre, Antonio Giarratano, presidente Siaarti, la Società Italiana di Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva, ha spiegato che la realtà dipinta è fuorviante. Anzi che nelle zone rosse la situazione è insostenibile: “Sostenere che 10.000 ventilatori possano garantire un sufficiente margine per sostenere questa crescita esponenziale di ricoveri in terapia intensiva significa pensare che basti saper accendere un ventilatore per salvare una vita. Purtroppo non è cosi”.
Durante l’estate abbiamo assistito a una festa di presunzione da parte della politica, virologi, scienziati, su tutto quello che era già successo e sottovalutando quello che poteva succedere. Il governo vantarsi per la gestione della prima ondata. Tutti ricordano le parole del premier Giuseppe Conte quando parlava del “modello Italia” come il più efficace per contrastare la diffusione del Coronavirus, visto dagli altri Paesi come punto di riferimento e di ispirazione. Era un premier che parlava, quindi i cittadini ci hanno creduto e si sono liberati dall’incubo che avevano vissuto a marzo e aprile.
Tutto smentito dalla realtà di queste settimane. Tutto quello che si è detto durante l’estate solo per mera visibilità di alcuni, forse non avendo nemmeno la certezza delle loro affermazioni, ha portato ad un risultato pietoso e l’Italia rischia di uscire da questo incubo non prima dell’estate. La prima ondata, per stabilizzare la situazione dopo il primo lockdown, ha impiegato più di tre mesi. Noi abbiamo appena iniziato a combattere la seconda ondata, quindi, nei fatti, non prima della prossima primavera possiamo iniziare a respirare un po’. Anche perché questa seconda ondata si è presentata più violenta della prima portando il sistema sanitario al collasso e, forse, ci vorrà ancora più tempo. Oggi paghiamo gli errori dell’estate. Si avvicina il periodo natalizio, cerchiamo di non pagare anche gli errori del Natale.
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