
Il M5S pagherà amaramente la scelta di aver riportato al governo il PD. Pagherà anche il fatto di essersi ormai etichettato come movimento di sinistra. Nessuno gli darà più credito, anche in virtù di un manovra finanziaria penalizzante per chi produce.
Una manovra che ha imposto Tasse, solo tasse, nient’altro che tasse. Il Documento programmatico di bilancio, varato dal governo Conte-bis nella notte di mercoledì scorso, prosegue comunque sulla strada di un inasprimento del prelievo.
La pressione fiscale sarebbe salita dal 41,9% atteso quest’anno al 42,7 per cento. La dinamica della manovra è articolata e non chiarisce fino in fondo neanche il cavillo dell’Iva.
Il Documento programmatico di bilancio ci mostra la reale politica economica di un governo di sinistra: più patrimoniali per ridistribuire ai redditi bassi. Come se tassare la ricchezza fosse un modo per diminuire la povertà. Mentre la povertà si diminuisce solamente creando produzione quindi occupazione.
L’elenco va dalla rimodulazione selettiva delle agevolazioni fiscali e dei sussidi dannosi per l’ambiente alla «plastic tax» per oltre 2 miliardi di euro. La stretta anti-evasione contro partite Iva e negozianti vale altri 3,2 miliardi. A questi si aggiungono 4,3 miliardi recuperati dai maggiori controlli sugli autonomi e dal solito accanimento sulla deducibilità degli oneri sui crediti. Solo 3 miliardi vengono dal rinvio al prossimo anno di maggior entrate derivanti dagli Isa, i nuovi studi di settore che si stanno rivelando letali come i precedenti e possono causare una perdita di conseguenza della perdita di piccole imprese.
Insomma, è una manovra della quale tutto si può dire tranne che favorevole perché penalizza chi produce. Ancora una volta a pagare sono i piccoli.
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