
Chi fa questo lavoro conosce la politica meglio di chi la fa come attore principale. Non è un caso che ogni qualvolta c’è una tornata elettorale i primi ad essere invitati a candidarsi sono proprio i giornalisti. A chi non è capitato di avere la chiamata, credo a tutti.
Abbiamo scritto una serie di editoriali sul M5S all’indomani della vittoria del 4 marzo. Ebbene, erano tutti indirizzati a correggere il tiro per rispetto di chi aveva votato 5 stelle nonostante non avesse nulla a che fare col movimento. Il movimento ha vinto grazie alla grande massa di elettori di centro e di destra. Pochi sono stati quelli di sinistra, tranne quelli che non credevano più nel PD ed hanno dirottato l’interesse verso il movimento.
Difficilmente ci sbagliamo sulle analisi che facciamo quotidianamente sulla politica. Anche questa volta non ci siamo sbagliati. Oggi il M5S è con l’acqua alla gola, ed ieri leggendo l’articolo di Di Maio sul Corriere, mi veniva quasi da ridere. Rispecchiava in toto i tanti richiami fatti finora da noi sulle colonne di questo giornale. “Abbiamo vinto le elezioni ha spiegato il vicepremier ai suoi più vicini mostrando un’immagine moderata al Paese. Abbiamo sbagliato a non proseguire su quella strada. Un mezzo suicidio”. Alle porte ci sono le elezioni europee, e il movimento rischia di avere una sonora batosta. In cinquanta giorni il capo politico del movimento deve convincere dieci milioni di elettori che hanno votato il movimento, ma hanno già abbandonato la carovana, a rivotarli.
Emilio Carelli, uomo molto vicino a Di Maio un po’ se la sorride: “Luigi ci ha messo un anno, ma alla fine ha capito che è l’unica strada: dobbiamo puntare a rappresentare l’area di mezzo, quel blocco sociale che prima aveva come riferimento la Dc e, poi, ha avuto Forza Italia. Glielo dissi quando mi proposero la candidatura alle politiche: molti dei voti e degli eletti sono venuti da lì”. Per noi è una mezza soddisfazione, perché da quasi cinque mesi scriviamo della deriva a sinistra del movimento, che ha fatto fuggire gli elettori che non si rivedono in quelle politiche e non hanno mai avuto posizioni di sinistra, e sono la stragrande maggioranza degli elettori del 4 marzo.
La storia della Repubblica insegna che i partiti di governo se le danno di santa ragione in campagna elettorale, ma poi, come se non fosse successo niente, quando c’è da formare un governo, dopo lunghe trattative, puntano di nuovo a governare insieme. Chi dimentica i duelli elettorali del passato, prima litigavano e poi stavano nello stesso governo. Ed è quello che è successo anche con il governo gialloverde, si sono detto di tutto in campagna elettorale, ma oggi governano insieme.
Sul piano mediatico l’operazione è già partita: domenica sera Di Maio su Raiuno e Salvini sul La7, sembravano De Mita e Craxi, quando occupavano tutti gli spazi televisivi per convincere l’elettorato, ma poi dovevano sedersi all’unico tavolo e decidere la formazione di un nuovo governo. Tutto sta ritornando come prima. Il movimento è senza identità, forse queste prime mosse servono per costruire quell’identità mancante. Ma noi lo abbiamo visto e scritto prima dei leader del M5S, quindi, come detto all’inizio, noi siamo sempre avanti rispetto alla politica e i politici.
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