
ROMA- Renzi proprio non se lo aspettava che il popolo italiano, a prescindere dai partiti storici, gli voltasse le spalle tanto da fargli fare la spola tra palazzo Chigi, la sede del PD e il Quirinale. Approvata la manovra di bilancio, questa sera Renzi risalirà al colle per rimettere il mandato nelle mani del capo dello stato. Dopodiché sarà Mattarella a decidere cosa fare. Il Capo dello Stato dovrà quindi decidere in attesa di una legge elettorale valida che gli permetta di sciogliere le Camere e rimandare gli italiani al voto.
Renzi ha ribadito che le strade da percorrere sono poche: “Un governo di coalizione o elezioni dopo il parere della Corte Costituzionale sull’Italicum”. Ma ormai la voce di Renzi non ha più voce, nessuno lo ascolta più e delegano tutto nelle mani del capo dello stato per capire se ci sono gli estremi per le elezioni anticipate, oppure si può ragione su un governo tecnico che abbia poche funzioni e approvare il prima possibile una nuova legge elettorale che vada bene per camera e senato anticipando la pronunci della corte costituzionale.
Renzi è pieno di amarezze, la sconfitta ancora non gli è passata, sente le scottature in tutte le parti del corpo, poiché era convinto, seppur di misura, di vincere la sfida referendaria. Il plebiscito ottenuto dalla parte d’Italia che gli ha detto no, lo impone a non andare oltre parole di routine.
Oggi però all’interno della direzione del PD è stata messa al bando la democrazia al suo interno. Dopo l’intervento di Renzi in direzione, tutto è stato rimandato e non è stato dato voce a nessuno di poter ribattere le parole dell’ex premier. È stata zittita non la direzione del Partito ma anche tutta la base. Il gesto di oggi lede la democrazia interna del partito tanta sbandierata dal segretario. Oggi finisce un era e inizia un’altra che, forse, può portare anche alle dimissioni da segretario di Matteo Renzi.
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