
Era tutto pronto per il venti marzo per la premiazione dei vincitori della prima edizione del premio letterario di narrativa “Gaetano Corrado”. Poi l’inferno. Tutto si è fermato e nulla si è potuto più fare. Ho lavorato a due progetti culturali molto belli, ma non è stato possibile fare nulla. Per il libro il centenario, che giace negli scatoloni, appena sarà dato il via libera sarò nelle piazze di Parete per la distribuzione gratuita.
Per il premio, non potevo non far giungere i premi ai ragazzi vincitori. In accordo con le dirigenti sono stati presi in consegna dalle stesse per poi essere consegnati.
Ringrazio i ragazzi tutti che hanno partecipato al premio: “Siete stati coraggiosi nel sapervi mettere in gioco. Il vostro coraggio vi servirà per il futuro, poiché vi metterà dinanzi a tante altre sfide, e voi già avete accettato con coraggio l’impegno di partecipare al premio”.
La prima edizione del premio letterario di narrativa dedicato all’illustre poeta G. Corrado, è stato istituito dalla testata giornalistica Quotidianoitalia e curato dal direttore Francesco Torellini, in collaborazione con la delegata alla cultura del comune di Parete Gilda Grasso e il supporto del sindaco di Parete Gino Pellegrino. Ringrazio per il sostegno dato le dirigenti scolastiche, Prof.ssa Laura Taddeo e la vice Prof.ssa Silvia Moretta delle medie del comprensivo Matteo Basile, la dirigente dell’Enrico Fermi, Prof.ssa Adriana Mincione e la vice della sede distaccata di Parete, Prof.ssa Amina Volpe. Un ringraziamento particolare ai membri della giuria: la Prof.ssa Antonella Maione, la dott.ssa Lucia di Bello, la Prof.ssa Carla Menale che, insieme, abbiamo fatto un lavoro attento e minuzioso nel rispetto dei partecipanti per giungere ai tre classificati.
Il vincitore della prima edizione con il codice Q è stato Vitale Francesco Pio I A dell’istituto Enrico Fermi sede di Parete con 39 voti. Al secondo posto si è classificata con il codice T2 Ferrara Maria Anna III F comprensorio Basile Don Milani con 37 voti. Al terzo posto si è classificata con il codice H Roberta Pagliuca I BP Liceo Fermi Parete con 36 voti.
“Questa prima edizione, che già è entrata nella storia, è stata caratterizzata da questa tragedia imprevedibile, ma non ha fermato quello che già era stato fatto. Abbiamo perso la gioia di vivere insieme le emozioni della premiazione, ma so che i ragazzi vincitori hanno esultato vivendo lo stesso l’emozione quando gli è stato comunicato l’esito. Doveva andare diversamente, ma accontentiamoci di ciò che abbiamo fatto, per ora, perché già sto progettando la seconda edizione del premio. Dobbiamo andare avanti, sperando che quello che abbiamo vissuto si fermi per sempre, e il prossimo anno ci godiamo tutti insieme l’emozione di premiare i vincitori della seconda edizione”.
Francesco Torellini
Di seguito i testi vincitori della prima edizione:
Primo classificato codice Q: Vitale Francesco Pio I A dell’istituto Enrico Fermi sede di Parete
La fine del Mondo
22:35. L’area circostante era intrisa di sentimenti negativi e pronta a esplodere a causa di una bomba atomica. Alice era in camera sua come al solito, ma poteva percepire che qualcosa stava per accadere tra i suoi genitori. Non che non ne fosse abituata, litigavano praticamente ogni giorno già da prima che lei potesse essere pronta a notarlo: questioni economiche, vecchi rancori familiari e un’incomprensione reciproca di fondo rendevano quell’unione praticamente impossibile; e lei lo sapeva.
I suoi genitori si chiamavano David e Beth. Si erano incontrati intorno ai diciotto anni a una festa e quattro anni dopo si erano sposati. Alice sapeva solo questo: nella storia dei suoi genitori non c’erano scarpette di cristallo e nemmeno mele avvelenate, loro stessi raccontavano il loro incontro alla figlia come se fosse stato un semplice momento di convenienza sociale. Ironico notare che dopo essersi frequentati per puro interesse economico, avrebbero litigato anni dopo proprio per questioni legate ai soldi. I soldi! Quanto li odiava!
Alice arrivò circa tre anni dopo il loro matrimonio, era considerata da tutti una bambina intelligente e fortunata, una a cui non mancava mai niente e cui tutto andava per il verso giusto, rose e fiori. All’inizio lo pensava anche lei, ma qualcosa le mancava eccome… Quante notti insonni aveva passato la ragazza cercando di dare a se stessa la definizione di Amore, a chiedersi come venisse percepito, se esistesse davvero, e, soprattutto, perché tra i suoi genitori non ci fosse.
L’amore non aveva un’unità di misura, eppure era in grado di far compiere alle persone sacrifici che mai nessuno avrebbe compiuto. Alice adorava le storie d’amore, potevano regalarle sogni che allontanavano gli incubi. Da piccola sognava che il suo papà avrebbe presto regalato una rosa alla madre, una rosa talmente bella che i due sarebbero diventati tutto quello che non erano mai stati, una rosa talmente grande che tra di loro sarebbe sbocciato l’amore; ma non c’erano fiabe in casa sua.
Ora Alice era grande, o almeno abbastanza grande, per capire che la fine del mondo stava arrivando. Erano le 22:35 e qualcosa stava per accadere: un pianto rotto, un urlo, l’ennesimo, l’ultimo.
Nei giorni successivi, Alice sentì un vuoto in più dentro di lei. Incontrò tanti legali e tante altre persone che cercavano di dirle che quello che era successo era normale, perché i suoi genitori non erano fatti per stare insieme. Lei lo sapeva, la sua mente si scisse in due parti: da un lato la sua vita stava cambiano inesorabilmente conducendola verso una strana “contezza” per la scelta che avevano fatto i suoi. Senza mezze misure, quello era l’unico modo per i suoi genitori per essere felici. Certo, magari non erano fatti per stare insieme, ma le volevano comunque un mondo di bene. Per questo, Alice passò dal volere che tra i suoi genitori ci fosse l’amore all’accontentarsi del fatto che almeno loro provavano amore per lei. Alice pensava che con la fine del mondo sarebbero finiti anche i suoi pensieri, ma si rese conto che ciò era impossibile, le piaceva troppo pensare, era il suo sport preferito, il mezzo di trasporto che usava più spesso. Si era convinta che in casa sua non potessero esistere fiabe, ma si ripromise che, in seguito, la sua storia sarebbe stata migliore di quella dei suoi genitori, che, tramite la sua immaginazione, avrebbe potuto creare tutte le scarpette di cristallo e le principesse che voleva, ma anche che quando avrebbe trovato la persona giusta, non si sarebbe fatta guidare da altro che dall’amore, del quale stava ancora cercando definizione precisa…
Con il codice T2 al secondo posto si classifica Ferrara Maria Anna III F comprensorio Basile Don Milani
Caporetto, 3 novembre 1917
Carisssima Gioselin, come state?
Qui la situazione è agghiacciante. Non pensavo che la guerra potesse essere tanto spietata, al solo pensiero sento gelarmi il sangue nelle vene.
Voi non avete idea di quanto possa essere ardua, qui, la vita.
Il sorgere di un nuovo giorno viene scandito dal rumore assordante delle fucilate, dal suono degli ultimi sospiri di uomini ai quali la guerra ha sottratto il diritto di abbandonare questo mondo, corrotto e insanguinato, circondati dall’amore dei propri cari.
Il nostro ricordo, quello di ognuno di noi, i pochi rimasti su questa sponda del mare, onererà per sempre il loro incredibile valore, ma ciò, mio malgrado, non basta.
Nel mio piccolo, ho sempre conservato la speranza di potermi perdere, ancora una volta, nell’intensità del vostro sguardo e dichiarare, come meritereste, l’amore che provo nei vostri confronti. Purtroppo, però, temo che questo sia destinato a restare semplicemente un desiderio.
Per la prima volta nella mia vita, ho paura.
Percepisco vicina la fine di questa sofferenza.
Abbiamo esaurito le forze, le provviste cominciano a scarseggiare e il nemico sembra essere intento a portare avanti questo massacro.
Vi sento parte di me, ciò che mi spinge a proseguire per la mia strada, ovunque essa mi porti, mia amata. Il fato mi è nemico ed io percepisco di non essere più in grado di combatterlo, motivo per cui, prima di abbandonarmi alla quiete del sonno eterno, sento il bisogno di ricordarvi quanto il mio amore sia profondo e sincero e, quanto ancora, prima di tutto, debba essere il vostro nei confronti di voi stessa. Siate una donna dal valore inestimabile.
Mi auguro che nostro figlio, diventi un grande uomo e che in futuro possa tornare ad onorare il mio nome.
Spero che un giorno, quando sentirà parlare di me, possa affermare con fierezza chi io sia stato, mentre a poco a poco, lo vedrete crescere e realizzarsi. Io sarò con voi, anche se non riuscirete a vedermi.
Vostro per sempre. Mathieu
***
Gioselin rilesse la lettera con il cuore colmo di nostalgia a sua nipote Diana, che poco prima le aveva annunciato che a breve si sarebbe sposata.
L’anziana donna percepì una strana inquietudine negli occhi della ragazza, una splendida giovane donna dai lunghi capelli ricci, color dell’oro.
“Sono certa che tuo nonno sarebbe fiera di te”, sussurrò Gioselin prendendo le sue mani.
“Avrei tanto voluto conoscerlo, le sue parole mi hanno colpita nel profondo. Ha lottato per la patria, donando la vita stessa, conservando, allo stesso tempo, il suo amore per te. Provava una profonda ammirazione nei tuoi confronti…”, fece una breve pausa poi continuò: “Io…non sono pronta!”, affermò con tono della voce angosciato.
“Cosa intendi, mia cara?” chiese la donna al suo fianco, poggiando sul tavolo in ebano la sua tazza di tè fumante.
“Io voglio davvero bene a Gilbert, ma… il matrimonio è un passo importante ed io non sono sicura di essere pronta, adesso, con lui…”.
Gioselin sospirò, poi sorrise.
“Adesso ti svelerò un segreto, io e tuo nonno non ci sposammo mai, promettemmo di non farlo perché il nostro amore non fosse vincolato”.
Diana annuì. L’anziana donna sfilò la fede nuziale che portava al dito rivelando che un tempo era appartenuto a sua madre.
“Ti assicuro che non è questo ciò che crea l’amore”.
Lo infilò all’anulare della nipote e chiese: “Insomma, è cambiato qualcosa?”.
Diana sorrise e fece segno di no con la testa. Poi Gioselin continuò: “Il problema sorge fin dall’infanzia quando cercano di infonderti il pensiero che esista un’unica forma di amore, quella matrimoniale, e che non ci sia altro mezzo, per una donna, attraverso il quale sentirsi realizzata. Beh, mia cara, ti assicuro che la realtà è ben diversa. Non c’è alcuna fretta per arrivare a questo. Nessuna necessità. L’amore è un concetto talmente vasto che mi perderei tra le parole se solo tentassi di spiegarlo. Sbaglierei, se lo facessi. Imparerai col tempo e con le esperienze che puoi vivere una vita piena di amore eppure non avere nessuna persona al tuo fianco, legata a te dal vincolo matrimoniale”. Si fermò per qualche istante, prese l’anello e tenendolo stretto tra le dita, aggiunse: “Quando questo anello verrà utilizzato per definire un legame con la tua anima, dopo che avrai imparato ad apprezzare te stessa prima che lo facciano gli altri, allora sì che saprai cos’è il vero amore”.
Con il codice H al terzo posto si classifica Roberta Pagliuca I BP Liceo Fermi Parete
Il mio principe azzurro
Chi non ma mai sognato di essere una principessa? Abitare in un enorme castello, indossare vestiti splendidi ed essere, ovviamente, accompagnata dall’immancabile “principe azzurro”?
Beh, fatevi dire che la vita di noi principesse non è così. Almeno non la mia. Inoltre, se consideriamo che, nel mio cuore, il mio principe azzurro è il mio amico d’infanzia, quello con la passione del prendermi in giro 24 ore su 24, l’idea standard di principessa, sfuma completamente. Mi presento: mi chiamo Chloy, ho 15 anni e sono la seconda principessa di Iris, uno dei tre regni maggiori. Da ultima arrivata quale sono, mi precedono mia sorella Aruka, 17 anni, e il mio fratellone Joy di 18 anni. Non sono per niente una principessa ordinaria. Certo, vivo in un palazzo gigantesco, ma odio profondamente le feste con tanta gente. Mi viene la claustrofobia. Ma passiamo oltre…
Al contrario di quello che immaginate, la vita di noi principesse non è tanto diversa da quella delle persone comuni.
Prendete me come esempio.
Come ogni mattina, sono diretta a scuola, perché – ebbene sì – noi principesse andiamo a scuola. I miei compagni sono quasi tutti nobili, ma questa è pur sempre una scuola come le altre. Arrivata al cancello d’ingresso, salto immediatamente addosso alla mia amica, rischiando di farci schiantare entrambe al suolo.
“Milly!!!” (nome completo: Camille, principessa di un regno confinante, nonché mia migliore amica)
“Come mai tutto questo entusiasmo di prima mattina, Chloy?” – ridacchia la castana dagli occhi verdissimi che, a confronto con i miei color nocciola, sono spettacolari.
“Ho sognato di essere ad una delle feste che tanto odio, poi è arrivato un principe bellissimo e ci siamo baciati…”, e inizio a raccontare freneticamente, venendo però interrotta da una voce alle mie spalle.
“Eh, un principe ti ha baciata? Non starai sognando troppo, Rossa? ”. Dal soprannome usato, per via dei miei capelli, capisco chi è.
Akio. Il ragazzo per il quale ho letteralmente perso la testa. Più volte Milly, la sola a sapere dei miei sentimenti, mi ha ripetuto che anche Akio prova interesse nei miei confronti ma… è una cosa talmente assurda!
A scuola, le ragazze lo considerano il principe azzurro per eccellenza a causa del suo aspetto da sogno e ammetto che la cosa mi dà su i nervi. Se sapessero che mi dà fastidio in ogni modo possibile e immaginabile, cambierebbero idea. Ne sono certa!
Fissando il biondo, caccio uno sbuffo prima di rispondergli indispettita: “Giorno, Akio. Sarei lieta se ti facessi gli affari tuoi. E comunque, anche se fosse non verrei a dirlo a te. Andiamo, Milly!”. Prendo per un polso la mia amica, trascinandola dritta in classe, mentre il mio cuore ha già iniziato a battere più velocemente del normale.
La giornata passa in fretta. Uscendo come una saetta per non incrociare Akio, corro spedita verso casa. Peccato, però, che ad attendermi ci sia la peggiore notizia del mondo: Akio dormirà da noi.
Ma dico, nemmeno nel weekend posso stare tranquilla? Il mio fratellone è più che felice della cosa, essendo loro grandi amici, ma Aruka, come me, sembra essere contraria. La cena passa in maniera piuttosto tranquilla, senza nessuno scherzo da parte di Akio. Curioso…si è limitato solamente a lanciare strane occhiate!
Finito di cenare, i tre si alzano avviandosi nelle rispettive camere, mentre io resto ancora un po’ a chiacchierare con i miei genitori prima di tornare in camera. Il sonno sembra non voler arrivare in alcun modo. Sbuffando sonoramente, mi alzo dal letto e facendo attenzione a non svegliare nessuno, vado in cucina. Ho voglia di cioccolata. Giunta sul posto, però, quasi non mi strozzo con la mia stessa saliva trovandomi faccia a faccia con Akio, senza maglietta. Ok che siamo a maggio ma…addirittura?
Superandolo, in religioso silenzio, mi avvio verso il frigo, ma Akio mi tira un braccio, sollevandomi e, in un nanosecondo, mi ritrovo seduta sul tavolo della cucina con lui che mi fissa divertito.
“Perché non mi guardi? Sai, non mi va giù che un principe sconosciuto ti baci in sogno…”, mette il broncio fissandomi con i suoi occhioni ambrati.
“Geloso, forse?”, Io stuzzico. Ma la sua risposta mi sorprende non poco: “E se ti dicessi di sì?”
Il tono col quale ha parlato, e anche la confessione in sé, accelerano il mio battito cardiaco. Dannato ragazzo! Non resistendo al suo sguardo, decido di accontentarlo.
“E se ti dicessi che eri tu il principe del mio sogno?”, confesso. Lo vedo ghignare soddisfatto, prima di avvicinarsi del tutto al mio viso, poggiando le sue labbra sulle mie. Chiudendo gli occhi, mi abbandono a quel magico e surreale momento. Staccatosi dal bacio, Akio si avvicina al mio orecchio, mentre io sono rossa come i miei capelli.
“E se ti dicessi che sono innamorato di te? Che faresti, Chloy?”.
La sua frase non fa altro che aumentare il mio rossore, mentre il mio battito cardiaco accelera ancora di più.
“Ti direi che…anche io…sono innamorata di te, sussurro in totale imbarazzo”. Sul suo viso appare un sorriso dolcissimo, prima che le sue labbra siano di nuovo sulle mie. Detesto ammetterlo, ma Milly aveva perfettamente ragione. Akio è sul serio innamorato di me!
“Allora, mia principessa, mi permetterà di essere il suo “principe azzurro?”, sorride lui, facendomi letteralmente mancare un battito.
Quanto ho aspettato questo giorno!
“Certo che te lo permetterò. D’ora in avanti, tu sarai il mio principe azzurro!”, marco bene l’aggettivo “mio” per fargli capire che sono gelosa di lui.
Come potrei non esserlo? Tutte le ragazze a scuola gli sbavano letteralmente dietro!
“Sì, sì, sono solo tuo!”, sbuffa lui, accennando una risata.
“Bene”, sorrido soddisfatta io.
L’attimo dopo, le nostre labbra tornano ad unirsi nel più dolce dei baci che possano esistere su questa terra.
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