
Se non usciamo fuori dalla demagogia politica a cui vuole abituarci il M5S, per l’Italia è finita. Fanno sempre festini quando si approva una legge da loro proposta ma, poi, si scopre che fanno silenzio su altri aspetti che fanno risparmiare cento volte quello che si risparmierà con il taglio dei parlamentari.
L’altro giorno la camera ha approvato un po’ di tagli di parlamentari, ma non si toccano i dipendenti di Camera e Senato, il vero fortino di privilegi che andrebbe demolito. Gli stipendi del personale, a conti fatti, pesa notevolmente per le tasche dello stato. Cifre astronomiche: 180 milioni di euro per gli emolumenti del personale solo della Camera, altri 99 milioni per i loro colleghi del Senato. Se si aggiunge la spesa per le pensioni degli ex dipendenti, come riporta il Giornale, arriviamo a livelli da manovra finanziaria: 460milioni di euro alla Camera in un anno, pari a circa metà dell’intero bilancio del 2018. Altri 145milioni di euro per gli ex addetti del Senato andati in pensione. In tutto: 750 milioni di euro. Finora i dipendenti del Palazzo hanno sempre sfangato ogni tentativo di calmierare i loro stipendi, cresciuti del 50% negli ultimi 13 anni di crisi. Nel 2014 una delibera dell’Ufficio di presidenza aveva stabilito dei tetti massimi per gli stipendi del personale. Tetti molto generosi: 172mila euro l’anno per gli stenografi, 99mila euro per i commessi, 166mila euro per i segretari, 240mila euro (il compenso del capo dello Stato) per i consiglieri parlamentari. Un affronto intollerabile per i dipendenti di Camera e Senato che hanno mitragliato una serie di ricorsi e alla fine sono riusciti a sventare il ritocco.
Dal 1 gennaio dell’anno scorso commessi, uscieri, barbieri, stenografi, tecnici, ragionieri, assistenti e consiglieri sono tornati a guadagnare come top manager di una multinazionale, con progressioni automatiche di retribuzione impressionanti per cui ogni dieci anni in sostanza raddoppiano lo stipendio.
Il sito della camera ha pubblicato un documento con il Quadro delle retribuzioni annue lorde dei dipendenti suddivise per anzianità e qualifica. Un documentarista appena assunto prende 40mila euro, dopo dieci anni di lavoro lo stipendio gli vola in modo automatico a 81mila euro, dopo altri dieci sale inesorabilmente fino a 155mila, se poi la salute regge e rimane alla Camera fino al 30esimo anno di anzianità si porta a casa 214mila euro, per arrivare a fine carriera a 240mila euro. Mentre il commesso dovrà accontentarsi di soli 140mila euro.
Ma ecco il paradosso dei paradossi: il giorno in cui si tagliano i parlamentari, le Camere sono pronte ad assumere altre 360 persone tra consiglieri, segretari, documentaristi, e assistenti. Bandi freschi freschi.
E mentre la camera decide questo, i signorotti del M5S festeggiano con forbici giganti di cartone per i risparmi del taglio dei parlamentari. È proprio una presa per i fondelli in pieno regime di falsità. Il presidente grillino Fico lo aveva fatto capire fin dal suo insediamento, gli stipendi dei dipendenti di Montecitorio sono «costi della democrazia», quindi da non toccare. Questi costi fanno parte della democrazia, quelli dei parlamentari eletti non sono un discorso democratico. Solo che si fa propagando sulle cose fanno comodo, ed ora il M5S è entrato nella logica della vecchia politica, e si sta deguando.
Articoli simili: