
Inverno 1998. Roma, Città del Vaticano. All’interno del suo studio, Papa Giovanni Paolo II sta ultimando un carteggio con il leader cubano Fidel Castro , in previsione del suo viaggio apostolico a Cuba, isola dei Caraibi sotto regime comunista, quando il segretario particolare , il Vescovo di Leone, Stanislaw Dziwisz, lo avverte dell’arrivo dell’attore Vittorio Gassman, convocato dalla Santa Sede per un progetto editoriale del Pontefice. “Santità, è per me un enorme privilegio conoscerla!”…” , esordisce Gassman, continundo: “Il Suo segretario mi ha accennato al motivo di questa convocazione e devo dire che mi ha stupito il fatto che Lei abbia pensato a me, tra tanti colleghi, per interpertare le Sue poesie, che, mi creda ,non è piaggeria, ma sono davvero profonde!…”. “E’ un piacere per me,Signor Gassman!…Io ho potuto vedere alcuni dei suoi film: “I soliti ignoti”, “Il sorpasso”…e molte delle sue rappresentazioni teatrali e voglio farle i complimenti perché lei è un vero “Mattatore”, come la chiamano…”, rivela il Santo Padre, continuando: “E proprio la sua bravura mi ha fatto pensare a lei per incidere su disco alcune mie poesie che ho raccolto in un volume di prossima uscita dal titolo: “Compagni di viaggio”…”. “Ah, complimenti, Santità!…io avevo letto di una Suo trascorso da attore…so che scrive testi teatrali, ma non sapevo fosse anche poeta…Sarò onorato di interpetare i suoi versi , per quel che posso!…”, si schernisce l’attore. “A giorni, riceverà i miei scritti e potremo rivederci per una prova…”, spiega il Pontefice, notando un cambiamento nel volto di Gassman: “Scusi, se sono indiscreto,ma ho notato nei suoi occhi un velo di tristezza…Cos’ha?…spero di non averla turbata con la mia proposta…”. “Santo Padre, no!…io sono lusingato dal fatto che Lei abbia scelto me…Devo essermi rabbuiato per via di un pensiero che mi perseguita da qualche anno…e trovo il coraggio di parlarle solo con lei oggi, qui!…”, confessa Gassman, proseguendo: “Da molti anni, io soffro di un male oscuro, che è il male di vivere…la mia unica forza, la mia consolazione è sempre stato il mio lavoro, che io non reputo neppure tale: l’attore!…Recitare è un gioco, un gioco al limite della schizofrenia…si finge di essere tante persone, tante personalità e tutte diverse tra loro e questo aiuta a non pensare ai propri mali…ai mali che affliggono l’anima…Per esempio, io , da qualche anno, forse a causa dell’età non più giovane, percepisco un sentimento angosciante di paura della morte…non so cosa ci sia dopo…non so se c’è un dopo!…Mi scusi, so che non dovrei parlare così con lei…ma sa io ,di base, sarei un ateo…un ateo,ma con tanta voglia di credere!…”. “Oh, no, non si deve scusare”, interrompe l’attore, il Santo Padre, incoraggiandolo: “Dubitare è la cosa più saggia che un essere umano possa fare…perché ,come diceva un filosofo: “Il dubbio è la strada maestra verso la verità!”…vedrà che in fondo alla strada del dubbio, ad attenderla troverà Dio!…”. “Ah, Santità, io me lo auguro…mi auguro che Lei abbia ragione…però, se avesse ragione, se Dio esistesse ed esistesse ,dunque, un aldià, non se ne abbia a male,ma a me piacerebbe tanto fosse simile al Purgatorio, piuttosto che al Paradiso, perché il Purgatorio è un po’ simile alla Terra, gioia e dolore, così potrei avere per l’eternità l’illusione di essere ancora vivo!…Anche se questa cosa della morte, le confesso, mi secca parecchio!…mi secca lasciare la famiglia, gli amici, il pubblico…perché, senza di me , Santità, ‘sti poverini, ma che faranno mai?…”.
“Recitare non è molto diverso da una malattia mentale: un attore non fa altro che ripartire la propria persona con altre . E’ una specie di schizofrenia”. Così l’attore Vittorio Gassman rispondeva alla domanda di un cronista, in occasione dell’uscita, nel 1998, del CD “Compagni di viaggi“, raccolta in versione audio di poesie scritte da Papa Giovanni Paolo II e interpretate dal “Mattatore”. Nato il 1° settembre del 1922 a Genova , in località Prato, borgata Struppa, da Heinrich Gassman, ingegnere edile di nazionalità tedesca, e da Luisa Ambron, casalinga di origine toscana e di religione ebraica, nel 1927 si trasferisce con la famiglia a Palmi Calabro, in provincia di Reggio Calabria e, nel 1928, a Roma ,dove trascorre stabilmente il resto della sua esistenza. Iscrittosi, nel 1933, al Liceo Ginnasio “Torquato Tasso“,ottemperati gli impegni di studente , di letterato (pubblica la raccolta di liriche “Tre tempi di poesia”) e di atleta, è un giocatore di pallacanestro nella società sportiva “Parioli”, nel 1941, consegue la maturità classica. Matricola della facoltà di Giurisprudenza, è spinto dalla madre, convinta possedesse doti interpretative, a sostenere un provino presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, “Silvio D’Amico“. Superata la dura selezione, frequenta la rinomata “scuola d’arte” fino al 1943, anno nel quale ,alla vigilia dell’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, ottiene il primo ingaggio come “attor giovane” presso il Teatro Stabile di Milano. Rientrato a Roma nel 1944, viene scritturato dalla Compagnia di Elsa Merlini” ed esordisce nel Cinema, recitando un piccolo ruolo nella pellicola del regista Carlo Alberto Felice, “Incontro con Laura”. Divenuto padre di Paola, venuta alla luce il 29 giugno del 1945 , a due anni di distanza dal matrimonio con Nora Ricci, nipote dell’attore Ermete Zacconi, si afferma nel Dopoguerra come “rivelazione” del Cinema italiano, cimentandosi in ruoli da protagonista, come: il seduttore settecentesco “Giacomo Casanova”ne “Il cavaliere misterioso“, del regista Riccardo Freda, il ladro mascalzone “Walter”,responsabile del suicidio dell’ingenua mondina “Silvana Meliga” (Silvana Mangano) in “Riso amaro” di Giuseppe De Santis e l’assissino “Vittorio”,rivale di “Andrea” (Raf Vallone),fidanzato dell’avvenente cantante di night club “Anna”(Silvana Mangano), in “Anna” di Alberto Lattuada. Interprete stimato dalla critica, di drammi e commedie teatrali, nel 1952 desta l’attenzione dell’opinione pubblica per il divorzio dalla moglie e il repentino secondo matrimonio con l’attrice americana Shelly Winters, da cui, il 14 febbraio del 1953, ha la seconda figlia Vittoria. Nel 1956, nella doppia veste di regista e attore gira “Keam. Genio e sregolatezza“,film adattamento dell’omonima commedia di Alexandre Dumas padre,vicenda di un attore viveur che seduce la spregiudicata “contessa Elena” (Eleonora Rossi Drago), ma s’innamora e sposa la timida collega “Anna” (Anna Maria Ferrero). I critici ne riconoscono la versatilità , recensendo: “Frizzante e divertente commedia, ha ritmo, colore e speditezza”. Passato con disinvoltura dal ruolo del “Principe Anatole Kuragin”, impersonato in “Guerra e pace”, trasposizione congegnata da King Vidor della saga familiare ambientata in Russia al tempo dell’invasione napleonica,descritta nell’omonimo romanzo di Lev Tolstoj, a quelli di “Peppe”, componente di una banda di ladri stolti e impacciati, nella pellicola “I soliti ignoti” di Mario Monicelli, per la cui interpretazione si aggiudica il premio “Nastro d’Argento“, e di “Giovanna Busacca”, perdigiorno milanese costretto ad arruolarsi come soldato nelle file dell’esercito italiano e a combattere contro il nemico austriaco, ne “La grande guerra”, film anch’esso diretto da Monicelli, partecipa al varietà televisivo in dodici puntate, “Il Mattatore”, ideato dal regista Daniele D’Anza, in onda sul primo canale della Rai, interpretando poi, nel 1960, lo stesso personaggio di trasformista alla “Fregoli”, nell’omonima pellicola diretta da Dino Risi. Fondatore del “T.P.I” (Teatro Popolare Italiano), porta in scena , nell’arco di una sola stagione teatrale , gli spettacoli: “L’Adelchi”, tragedia dello scrittore milanese Alessandro Manzoni, l’ “Orestiade“di Eschilo , nella versione riscritta da Pier Paolo Pasolini, “Un marziano a Roma“, racconto di Ennio Flaiano e “Questa sera si recita a soggetto”del drammaturgo siciliano Luigi Pirandello, per la cui controversa interpretazione si attira gli strali della critica. In quel periodo, lasciato a mezzo stampa dalla Winters con queste parole: “Vittorio è un uomo unico, ma suddivide il mondo in due precise categorie: Vittorio e gli altri. Il suo egoismo è smisurato , è un fatto costituzionale come la sua umoralità”, ritorna sul set per girare il film di Vittorio De Sica e Cesare Zavattini , “Il Giudizio universale”, trincerandosi dietro un secco: “No comment!”. Asceso nell’Olimpo dei “divi” del Cinema e premiato con un Nastro d’Argento per l’interpretazione di “Bruno Cortona”, affarista , cinico e privo di scrupoli , nella pellicola di Dino Risi “Il Sorpasso“, “Commedia amara sui difetti dell’italiano medio corrotto dalla frenetica smania consumistica degli anni del boom”, nel 1963 , al termine di una vacanza a Mar del Plata , ufficializza il legame con l’attrice Juliette Mayniel , dalla quale , il 24 febbraio del 1965 , ha Alessandro. Tra i protagonisti ,insieme con Ugo Tognazzo e Alberto Sordi, del film di Dino Risi “I Mostri”, “Satira pungente e graffiante sul malcostume italiano”, nel 1966 è “Brancaleone da Norcia”, cavaliere alla testa di un’armata sgangherata, lanciatasi alla conquista del feudo pugliese di Aurocastro,ne “L’armata Brancaleone” , pellicola diretta da Mario Monicelli, riguardo la quale il critico Mario Gromo , sulle pagine della rivista “Cinema”, scrive: “Rilettura della storia in chiave nazional popolare: farsa con tanto di citazioni colte: Cervantes, Pulci , Calvino“. In seguito, convinecente “Riccardo III” nell’omonimo dramma di William Shakespeare diretto da Luca Ronconi, entusiasma in misura minore i critici impersonando “Pasquale Lojacono”, marito della prorompente “Maria” (Sophia Loren), disposto a credere nell’esistenza dei fantasmi pur di non rinunciare al sostegno economico elargito dall’amante di lei, nell’ omonimo adattamento della commedia di Eduardo De Filippo “Questi fantasmi”, diretto da Renato Castellani. Legatosi a Diletta D’Andra , ex moglie del regista Luciano Salce e madre di Emanuele, apre il decennio Settanta vestendo di nuovo i panni di “Brancaleone”in “Brancaleone alle crociate” , sfortunato seguito dell’irriverente film di Mario Monicelli. Poi, fra il 1971 e il 1974 inanella una serie di successi , recitando in pellicole di Ettore Scola, Luigi Magni e Dino Risi quali: “In nome del popolo italiano”, storia dell’imprenditore “Lorenzo Santenocita”, accusato ingiustamente dal giudice “Mariano Bonifazi” (Ugo Tognazzi) dell’omicidio della prostituta “Silvana Lazzorini” (Ely Galeani); “Tosca“, vicenda desunta dal dramma di Victorien Sardou e dall’omonimo melodramma del compositore Giacomo Puccini, in cui lo spietato “barone Scarpia”, architetta un subdolo tranello ai danni del pittore , patriota e idealista “Mario Cavaradossi” (Luigi Proietti) per sottrargli l’amata “Tosca” (Monica Vitti); “C’eravamo tanto amati”, amarcord del trentennio 1945-1973 , incentrata sull’esistenza e le vicissitudini sentimentali del rampante avvocato “Gianni Perego” e dei suoi amici: il portantino “Antonio” (Nino Manfredi) e il professore anarchico “Nicola” (Stefano Satta Flores); “Profumo di donna”, storia struggente di “Fausto Consolo”, capitano dell’esercito divenuto cieco a causa della deflagrazione di una bomba , che , nel corso di un viaggio da Torino a Napoli, riscopre l’amicizia e l’amore, per la cui interpretazione vince i premi “David di Donatello” e “Nastro d’Argento”. Dominate le scene con il recital poetico “Il Trasloco” e con i drammi “Edipo Re” e “Affabulazione“, testo, quest’ultimo ideato e scritto da Pier Paolo Pasolini, nel 1977 prende parte al film corale, a episodi, diretto da Ettore Scola, Mario Monicelli e Dino Risi “I nuovi mostri” e nel 1979, fondata a Firenze “La Bottega teatrale“, scuola di recitazione di cui è direttore e in cui insegna , gira , diretto dal regista americano Robert Altman, la pellicola “Un matrimonio“, vicenda di due grandi famiglie del Middle West alle prese con una tribolata cerimonia, e il film di Dino Risi “Caro papà“, ruolo grazie al quale ottiene un “David di Donatello“. Nel decennio Ottanta , salutato dalla nascita di Jacopo, si divide , come di consueto , tra lavori cinematografici, diretti dal regista Ettore Scola, quali: “La Terrazza“, sorta di seduta psicoanalitica di un gruppo di amici (“Mario”, Vittorio Gassman, “Luigi”, Marcello Mastroianni, “Amedeo”, Ugo Tognazzi, “Enrico”, Jean Louis Trintignant, “Sergio”, Serge Reggiani) in crisi esistenziale , e “La famiglia“, racconto biografico di “Carlo”, borghese romano,snodatosi dalla nascita , nel 1906, all’ottantesimo compleanno , la cui interpretazione è ritenuta dai critici meritevole dell’attribuzione di un David di Donatello, e produzioni teatrali come: “Macbeth” di William Shakespeare e il recital poetico “Poesia, la vita”. Terminato di girare , insieme con Emanuele Salce e con i figli Alessandro e Jacopo il film autobiografico “Di padre in figlio“, si getta a capofitto nella scrittura dei libri , editi da Longanesi, “Un grande avvenire dietro le spalle” e “Memorie del sottoscala”. Negli anni Novanta, coinvolto in produzioni internazionali come “Sleepers”, del regista americano Berry Levinson, vicenda di trovatelli maltrattati in un orfanotrofio , trasformatisi da adulti in spietati assassini, desunta dall’omonimo romanzo di Lorenzo Carcaterra, regala al pubblico un’ultima intensa interpretazione nella pellicola di Ettore Scola “La Cena“, rappresentazione del degrado e dell’imbarbarimento dei costumi della borghesia italiana. Celebrato dalla giuria della 53°Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con un Leone d’oro alla carriera, già Gran Ufficiale e Cavaliere della Repubblica italiana, nel 1999 viene insignito della medaglia d’oro per i benemeriti della Cultura e dell’Arte, riconoscimenti, che, però,non contribuiscono a migliorarne la profonda depressione, a proposito della quale dice: “Sono stato assalito da un’angoscia mortale : diciamo fosse un esaurimento nervoso, ma di quelli duri,dai quali ti sembra di non trovare scampo”. Trovato conforto nella Fede (“Avevo smesso di andare a Messa tantissimi anni fa. Lo trovavo un rito vuoto, ripetitivo. Da un po’ di tempo, invece, alla Messa dei Camaldolesi, al Celio, ci vado. Sono pieno di dubbi ,ma loro stessi, i frati , mi dicono di averne. Fanno parte della spiritualità”), medita di frequente sulla morte: “Non sono sicuro che il Paradiso esista, ma non ho particolare urgenza di constatarlo direttamente , perché anche se non la vivo con ossessione , trovo questa ineluttabilità della morte un fatto deprecabile e di pessimo gusto. Comunque, ammettendo che il Paradiso esista, mi auguro di non andarci: deve essere terriblmente noioso!. Mi è decisamente più congeniale il Purgatorio, così simile alla vita con i suoi alti e bassi. Io, però, invece, di un “dopo” mi accontenterei di due vite sulla Terra. La prima per esercitarsi a capire, la seconda per agire. Mi disturba la morte: è vero!. Credo sia un errore del Padreterno. Io non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me, che farete da soli?”. A settantasette anni, congedatosi dal pubblico con gli spettacoli teatrali: “L’addio del Mattatore” e “Una serata con Vittorio Gassman (parole da dire e da non dire)”, si ritira nell’abitazione romana di via Brunetti, nei pressi di piazza del Popolo, dove il 29 giugno del 2000, muore nel sonno, per via di un arresto cardiaco. Ai solenni funerali, tenutisi nella chiesa di San Gregorio al Celio, alla presenza di cinquemila persone, l’attore Nino Manfredi dichiara: “Mi ha insegnato tanto…quando eravamo giovani e dopo!”, mentre il Presidente e la giuria del premio Nastro d’Argento decidono all’unanimità di assegnargli il riconoscimento postumo alla carriera. Gassman, forse presago della ridda di commenti che si sarebbero succeduti nei giorni a venire della sua dipartita , aveva fatto scolpire sulla lapide della tomba, sita nel cimitero monumentale del Verano, il seguente epitaffio/commento, che ancora oggi , a distanza di vent’anni dalla sua scomparsa, saluta i visitatori che vi s’imbattono : “Vittorio Gassman, non fu mai impallato!”.
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