
ROMA – Siamo dinanzi ad un dilemma non facile da risolvere: alcuni poteri forti hanno voluto la costruzione dell’euro e dell’unione europea. Ora come uscire da questo inferno che ci sta neutralizzando in tutto. Siamo messi all’angolo per via del nostro enorme debito pubblico, che mai riusciremo a eliminare, e gli interessi che paghiamo ogni anno ci strozzano. Continuare su questa strada è come essere appesi al cappio tutti i giorni e dobbiamo fare bene gli equilibristi per non cadere e rimanere impiccati. Ma fino a quando riusciremo a resistere in queste condizioni? Gli italiani non hanno più nemmeno i soldi per curarsi, anzi, rinunciano a curarsi per fare il bene dell’Europa.
Siamo già caduti, ma i cosiddetti politici schiavi e servi dell’Europa, fanno credere che senza Europa noi moriamo. Falso. Tutti i paesi che non sono entrati nella zona euro stanno benissimo. Non hanno vincoli imposti dall’alto e decidono solo per il bene dei loro cittadini. Noi invece per comprare un pezzo di pane per mangiare dobbiamo chiedere prima il consenso dell’Europa, ma se l’Europa dice no, noi possiamo anche morire di fame.
L’Italia è stato il primo paese in Europa che dopo la guerra ha saputo ricostruirsi soprattutto per la capacità dei suoi cittadini, che hanno scorciato le braccia ed hanno tolto le macerie dalle strade innalzando grattacieli e grandi industrie. Non c’era l’euro per questo siamo riusciti a farlo, se c’era l’euro oggi avremo ancora tante macerie da pulire. Pardon, ci sono le macerie, e sono quelle dei terremotati, e non riusciamo a toglierle per colpa dell’euro e dell’Europa.
Il fatto che l’Europa non esiste lo dimostra la questione immigrati, dove ogni stato è diventato nazionalista e sovranista, ma solo l’Italia non può rivendicare i suoi diritti interni altrimenti è razzista. Mentre Francia, Germania, Spagna, e tutti gli altri chiudono le loro frontiere, l’Italia le deve lasciare aperte e farsi invadere.
La Banca europea ha segnato lo spartiacque tra la lunga stagione dell’accomodamento monetario in Europa con cui si è affrontata dal 2015 la crisi di crescita e finanziaria determinata dalla sfiducia sul debito degli Stati sovrani. L’acquisto di buoni del Tesoro dei diversi Paesi Ue ha salvato l’euro e la stessa tenuta dell’Europa. L’istituto di Francoforte ha comprato carta per centinaia di miliardi e stampato una quantità spaventosa di moneta. Una pacchia per i mercati finanziari e soprattutto per i Paesi più indebitati, come il nostro che galleggia su un debito pubblico di 2.300 miliardi. Questo ombrello l’Italia doveva utilizzarli per fare le riforme e dare più forza alla messa in sicurezza dei conti dello Stato e alla crescita dell’economia. Il Pil è salito l’anno scorso fino a un modesto 1,5%, e questo non per merito ma per le condizioni esterne create appunto dalla Bce. Ma un altro tassello importante è stata la flessibilità mai vista in precedenza accordata da Bruxelles. Tutte le nazioni che partecipano alla Comunità europea hanno dei vincoli strettissimi sul rientro del debito e il contenimento del deficit accumulato anno dopo anno. In passato su questi vincoli Roma si è sfasciata la testa, incontrando il netto rifiuto a qualunque deroga, persino quando si spiegava che una maggiore spesa pubblica sarebbe servita a sostenere la produzione e dunque la capacità di restituire un giorno il nostro debito pubblico. Dal 2015 in poi, parallelamente a una stagione di chiusure su temi come la gestione solidale degli immigrati, la Commissione Ue ha permesso agli Stati di presentare leggi di bilancio con nuovi e consistenti debiti. Ora però i cordoni della BCE si stanno chiudendo e presto tutti i paesi devono stringere di nuovo la cinghia mettendo a rischio la ripresa che, purtroppo, non c’è mai stata. È una strategia rischiosa sopratutto per il nostro paese, a meno di non accettare nuove misure shock come l’imposizione di una patrimoniale, con il prelievo forzoso di parte del risparmio privato per ripagare il debito pubblico. Allora è giusto che il nuovo governo si presenti in Europa e batta i pugni sul tavolo per far rispettare il nostro paese. Continuare a difendere l’Europa non è più una strada percorribile, di mezzo c’è il futuro del nostro paese e quello delle prossime generazioni, e prima usciamo dall’euro prima iniziamo a lavorare per far ritornare l’Italia un paese capace di ragione di testa sua.
Articoli simili: