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“Fabrizio, Faber De Andrè: in direzione ostinata e contraria”

Napoli. Dicembre 2012 . Anche quest’anno il Natale è arrivato puntuale , portandosi dietro un sacco di cose più o meno fastidiose come : il raffreddore, un virulento microbo influenzale d’ oltreoceano e la scadenza di imposte onerose il cui importo da pagare equivale a cifre che , a malapena, vengono raggiunte dalla tanto agognata tredicesima e , che lo Stato italiano preleva dalle tasche dei contribuenti per riporle nelle sue casse , opportunamente svaligiate da politici e amministratori “manolesta”, al fine di togliersi capricci griffati , extralusso . Allora , alla folla , definita dagl’ intellettuali : “ Massa “ , non resta che riversarsi per le strade gelide e piovose in cerca di svendite e di fiere del baratto e dell’ usato , simulando una gaiezza e una cortesia , subito smentite dalla furiosa esplosione di un barbarico istinto di ressa di fronte all’ultimo paio di pantofole in liquidazione ( soltanto in questo periodo possono volare ceffoni e pugni per delle “insolite” babbucce di peluche a forma di maiale ) . Ghirlande sfrondate , fiori sbiaditi di carta appesi ,penzoloni, alle vetrine e , luminarie pallide , smunte , oscillanti al vento della precarietà , rivelano la tristezza di feste sottotono. Mentre alcune commesse , sulla soglia di un esercizio commerciale , sono impegnate a guardare i passanti camminare, bramando che qualcuno di essi si fermi ed entri per comperare anche solo una cianfrusaglia di poco conto e , dare ,così, un senso alla giornata , c’è chi , a pochi passi da loro , questo stesso senso , lo ha trovato da sé . Un gruppo di musicisti al crocevia di una strada prospiciente un mercatino con stand e bancarelle di ogni tipo e per ogni genere di tasca , intrattiene ,suonando , gli acquirenti curiosi , sciorinandogli un repertorio atipico : non cori Gospel urlati a squarciagola né dolci Carole inneggianti al “ Re del cielo “o a Babbo Natale , ma il canzoniere di Fabrizio , Faber , De Andrè , il più ispirato e irreverente cantautore che la musica italiana abbia avuto . Volti distesi, occhi illuminati da un ardore sincero acceso nell’anima da una passione vera e chitarre sorridenti che , vibrando , raccontano storie di Purgatorio e di malinconica inquietudine , sono un conforto , in mezzo a tanta vuota mistificazione . “ Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba ,in qualche modo, incominciare una chitarra “ : con queste parole il cantautore genovese rese omaggio allo strumento musicale che , per anni , lo accompagnò e , al cui studio, un po’ per noia un po’ per gioco, dedicò la vita , rinunciando a una sicura professione , quella di avvocato , per intraprendere la meno convenzionale e certa carriera di cantante/ musicista e, così , raccontò questa scelta : “ Lessi Benedetto Croce ; nell’Estetica diceva che tutti gl’ Italiani fino a diciotto anni possono diventare poeti , dopo i diciotto chi continua a scrivere poesie o è un poeta autentico o è un cretino . Io, poeta autentico non lo ero . Cretino nemmeno. Ho scelto la via di mezzo , cantante! “ . Una decisione controcorrente quella di “Faber “, appellativo datogli dall’amico –compagno di scorribande : Paolo Villaggio ,in virtù della sua predilezione per i pastelli della “Faber- Castell” ; una decisione che stupì e amareggiò la famiglia di estrazione alto-borghese costituita dal padre Giuseppe , un torinese trapiantato a Genova a seguito della Seconda guerra mondiale e della Resistenza, amministratore delegato dell’azienda Eridania e, in qualità di vicesindaco repubblicano del capoluogo ligure , promotore della costruzione della Fiera del Mare , nel quartiere della Foce; dalla madre Luigia Amerio , anch’essa piemontese e di nascita borghese e, dal fratello Mauro , futuro, brillante avvocato . Fabrizio , dunque, nacque a Revignano d’Asti il 18 febbraio del 1940 e, lì , trascorse la sua prima infanzia per poi trasferirsi a Genova dove frequentò una scuola elementare privata , retta da suore , che abbandonò alle medie , iscrivendosi ad una scuola statale : il suo comportamento “sopra le righe “ e “ privo di schemi” ,però , gli impedì una pacifica convivenza con i professori e ,per questo motivo, i genitori furono costretti a iscriverlo nuovamente in istituto religioso , il complesso scolastico gesuita dell’ Arecco . Qui , tra gl’ignari rampolli della “Genova –bene” , fu vittima di una molestia sessuale da parte di un sacerdote a cui reagì , denunciando con fragore l’accaduto al padre e, dopo una breve inchiesta del Provveditore agli studi e delle autorità competenti repentinamente allertate , la spiacevole vicenda si concluse con l’ allontanamento e l’espulsione dall’ordine del suddetto prete/importuno. Studiò, poi, presso il liceo Classico comunale :“Cristoforo Colombo” e , conseguita la maturità , indeciso tra le Facoltà di Lettere, Medicina e Giurisprudenza , optò per quest’ultima , disposto a seguire le orme paterne come ,del resto , aveva già fatto il fratello maggiore, Mauro . Tuttavia, non portò mai a termine gli studi e si fermò a soli sei esami dalla laurea ; l’incontro con la musica, infatti , sconvolse i suoi piani e cominciò a suonare la chitarra ,emulando i cantautori francesi impegnati quali : Georges Brassens o Jacques Brel dei quali tradusse i testi delle canzoni e , a scoprire il jazz attraverso gli “ amici d’arte” (Luigi Tenco, Umberto Bindi e Gino Paoli) . A vent’anni , dopo aver condotto una vita sregolata fatta di esperienze anticonvenzionali e di lavori saltuari ( musicista ,a bordo di navi da crociera ) si sposò con Enrica Rignon ,( detta ” Puny “), dalla quale ebbe il figlio Cristiano e, messe da parte le aspirazioni artistiche ,trovò un impiego come insegnante presso un istituto privato. Ma non potendo sottrarsi al suo destino di “cantastorie” , nell’ottobre del 1961, pubblicò con la casa discografica Karim il suo primo quarantacinque giri , contenente due brani : “Nuvole barocche “ e “E fu la notte ” . Tra il 1961 e il 1964, sostenne alla SIAE di Roma un provino in veste di autore , affermandosi come interprete colto e raffinato di tematiche sociali ,affrontate con metafore poetiche chiare e semplici ,che resero il suo linguaggio inconfondibile . Nel 1966, quindi, pubblicò l’album d’esordio : “ Tutto Fabrizio De Andrè ” cui seguirono i “Concept “, “Volume primo“ del 1967 ( con il brano d’apertura “Preghiera in gennaio “, scritto a poche ore di distanza dal suicidio dell’amico Luigi Tenco ) , “ Tutti morimmo a stento ” del 1968 ( legato alla poetica di Francois Villon ) , per la cui scrittura collaborò con il poeta Riccardo Mannerini ) e, “La buona novella del novembre 1970 in cui reinterpretò il messaggio cristiano alla luce dei Vangeli apocrifi ( il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo arabo dell’infanzia ) , sottolineando l’aspetto umano del Cristo in contrapposizione con la Sacralità e la Santità attribuitagli dalla Chiesa , al solo scopo di esercitare il suo potere. “.De Andrè apostrofò questo album come “ Il più riuscito !” , aggiungendo : “Io mi ritengo religioso e la mia religiosità consiste nel sentirmi parte di un tutto , anello di una catena che comprende tutto il Creato e quindi nel rispettare tutti gli elementi,piante e minerali compresi , perché secondo me, l’equilibrio è dato proprio dal benessere diffuso in ciò che ci circonda . La mia religiosità non arriva a ricercare il Principio , che tu voglia chiamarlo Creatore , Regolatore o Caos non fa differenza . Però penso che tutto quello che abbiamo intorno abbia una sua logica e questo è un pensiero al quale mi rivolgo quando sono in difficoltà , magari dandogli i nomi che ho imparato da bambino , forse perché mi manca la fantasia per crearne altri “ . Più tardi , ritornò sull’argomento : “ Quando scrissi La buona novella era il 1969 . Si era , quindi, in piena rivolta studentesca e le persone molto attente ,che poi sono sempre la maggioranza di noi, compagni, amici , coetanei considerarono quel disco come anacronistico . Mi dicevano – Cosa stai a raccontare della predicazione di Cristo , mentre noi facciamo a botte per cercare di difenderci dall’ autoritarismo del potere , dagli abusi , dai soprusi -….. Non avevano capito , almeno i meno attenti tra loro, come- La Buona novella- fosse un ‘allegoria. Paragonavo le istanze migliori e più ragionevoli del movimento sessanttottino, cui io stesso partecipavo, con quelle, molto più vaste spiritualmente , di un uomo di 1968 anni prima, che proprio per contrastare gli abusi del potere si era fatto inchiodare su una Croce , in nome della fratellanza e di un egualitarismo universali “ . I musicisti che lo supportarono nell’esecuzione del disco furono : “ I Quelli ” , destinati a cambiar nome in “Premiata Forneria Marconi “ il cui leader , Mauro Pagani ,continuò il sodalizio con l’artista genovese fino agli anni Ottanta . Nel 1971, pubblicò : “ Non al denaro , non all’amore né al cielo “ , libero adattamento di alcune poesie dell’ Antologia di Spoon River ( opera poetica di Edgar Lee Masters ) realizzato in coproduzione con l’autore Giuseppe Bentivoglio ( già coautore della canzone “ La ballata degl’ impiccati “, presente nell ‘album “ Tutti morimmo a stento “ ) , con la traduttrice dell’opera : Fernanda Pivano che, in epoca di censure e proibizioni fasciste (1943) , aveva dato luogo , per la casa editrice Einaudi , alla prima versione italiana del testo e ,con il musicista Nicola Piovani . L’opera di Master e la riscrittura di De Andrè , presentano in forma poetica, una serie di epitaffi che raccontano le storie di alcuni defunti , abitanti di Lewistown, cittadina americana dell’ Illinois accanto al fiume Spoon , pervasa dall’ipocrisia e dal finto perbenismo, . Ecco una dichiarazione rilasciata dall’ artista riguardo all’ Antologia : “ Avrò avuto diciotto anni quando ho letto Spoon River . Mi era piaciuto , forse perché in quei personaggi trovavo qualcosa di me . Nel disco si parla di vizi e virtù : è chiaro che la virtù mi interessa di meno , perché non va migliorata . Invece il vizio lo si può migliorare : solo così un discorso può essere produttivo ; il personaggio che sento più vicino è il Suonatore Jones che- Offrì la faccia al vento ,la gola al vino e non un pensiero al denaro, all’amore e al cielo “ . Nel 1973 , regalò agli ascoltatori , in pieno “regime stragista “ : “ La storia di un impiegato” in cui , ancora una volta insieme con Giuseppe Bentivoglio , narrò la storia di un impiegato durante il maggio del 1968 ; il disco, a sfondo politico, venne attaccato dagli esponenti del movimento studentesco e dai giornalisti vicini agli ambienti della Sinistra , come Enrico Deregibus che lo criticò , esprimendosi in tal modo – “L’album è uno dei più confusi . La vena anarchica di De Andrè deve fondersi con quella marxista di Bentivoglio e spesso i punti di sutura e di contraddizione sono fin troppo evidenti . Non a caso è l’ultimo episodio della collaborazione tra i due “. Nello stesso anno , terminò il matrimonio con “Puny “dalla quale si separò , per poi incontrare, nel 1974, in una sala di registrazione milanese ,la cantante Dori Ghezzi , sposata civilmente il 7 dicembre del 1989 . Gli anni compresi fra il 1974 e il 1979 , furono funestati da molteplici eventi negativi : la crisi creativa ,il conseguente ritiro dalle scene per un periodo e, il successivo ritorno segnato dalla decisione di esibirsi in tournèe e in concerti dal vivo ( fino a quel momento aveva sempre rifiutato proposte in tal senso , a causa della sua timidezza), decisione che destò malumore negli ambienti della sinistra extraparlamentare per via degli alti compensi richiesti e percepiti per le sue performance : “ De Andrè è un borghese di nascita , di adozione e di intenti ; Ha rifiutato di esibirsi in pubblico fino a quando le vendite dei suoi dischi hanno subito un tracollo , allora è corso alla -Bussola- , il locale di Sergio Bernardini, prima di confrontarsi con tutti coloro che avevano sprecato tempo ad ascoltare le sue lagne . Le migliori esibizioni dei suoi pezzi si ascoltano sulle spiagge e sui monti , quando un chitarrista che conosce due accordi vuol consolare l’amico di una sbronza finita male “. Nel 1979 , fu spiato dai Servizi segreti e dalla Polizia , convinti di un suo coinvolgimento e di una complicità con gruppi terroristici eversivi quali : le Brigate rosse e , la sera del 27 agosto di quello stesso anno , fu rapito insieme alla compagna Dori , nella sua tenuta dell’Agnata , in Sardegna ,dall’ Anonima sequestri . Il tragico episodio si concluse ,dopo alcuni mesi ,con il pagamento del riscatto (cinquecento milioni di lire), da parte di suo padre e ,con la liberazione dei due ostaggi avvenuta nella notte fra il 21 e il 22 dicembre . A poche ore dal rilascio, il controverso artista ricostruì, alla presenza di numerosi giornalisti , il terribile accadimento : “Ci consentivano, a volte , di rimanere a lungo slegati e senza bende” ,ed ebbe parole di pietà per i suoi carcerieri -“ Noi ne siamo venuti fuori , mentre loro non potranno farlo mai . Loro appartengono al proletariato periferico e, perciò , meritano il nostro perdono, ma i mandanti no !, perché sono persone economicamente agiate “ . E ancora : “Durante il rapimento mi ha aiutato la Fede negli uomini , proprio dove latitava la Fede in Dio . Ho sempre detto che Dio è un ‘invenzione dell’uomo , qualcosa di utilitaristico , una toppa sulla nostra fragilità ….. Ma tuttavia, col sequestro qualcosa si è mosso ; non che abbia cambiato idea , ma è certo che bestemmiare oggi , come minimo, mi imbarazza ! “. Ed esorcizzando l’incubo del rapimento, nel 1981 , consegnò al pubblico l’album : “ L’indiano ” in cui esplorò sonorità e realtà linguistiche regionali , confrontando il Colonialismo subito dai Sardi con quello subito dai Pellerossa,“Nativi americani.”Nel 1984 , pubblicò l’album : “Creuza de ma”, dedicato al Mediterraneo e ai suoi popoli e cantato completamente in lingua genovese , lingua di mercanti ,navigatori , ricca di contaminazioni dal greco , dall ‘arabo, dallo spagnolo ,dal francese e dall’inglese. All’ uscita del disco , De Andrè disse : “Creuza è stato il miracolo di un incontro simultaneo fra un linguaggio musicale e una lingua letteraria entrambi inventati. Ho usato la lingua del mare, un esperanto dove le parole hanno il ritmo della voga, del marinaio che tira le reti e spinge sui remi. Mi piacerebbe che Creuza fosse il veicolo per far penetrare nelle orecchie dei genovesi (e non solo nelle loro) suoni etnici che appartengono alla loro cultura ,assieme ai temi del mare , del viaggio e delle avventure dei marinai “ . Nel 1988 , collaborò con i cantautori Ivano Fossati e Francesco De Gregori( con quest’ultimo aveva già lavorato ,nel 1975, alla traduzione di alcune ballate del folk singer americano Bob Dylan e del cantautore-poeta-narratore , Leonard Cohen confluite nell’album “Volume ottavo ” ) alla stesura del brano : “ Questi posti davanti al mare” inciso , poi, da Fossati nel suo disco “ La pianta del tè” . Ne “ Le nuvole “del 1990 , dal titolo che rimanda alla omonima commedia di Aristofane , umorista greco del quinto secolo a.C. e che, lo stesso De Andrè , spiegò in tal modo : “ Le mie nuvole sono da intendersi come quei personaggi ingombranti e incombenti nella nostra vita sociale , politica ed economica ; sono tutti coloro che hanno terrore del nuovo perché il nuovo potrebbe sovvertire le loro posizioni di potere. Nella seconda parte dell’album , si muove il popolo , che quelle Nuvole subisce senza dare peraltro nessun evidente segno di protesta” . Nel 1996, incise l’ultimo disco : “ Anime salve ” , incentrato sul tema della solitudine e composto insieme ad Ivano Fossati che gli valse la vittoria al Premio Lunezia come migliore autore , per il brano “Smisurata preghiera ” contenuto in esso. Nell’ estate del 1998 , si congedò dagli ascoltatori con una tournèe nelle principali località italiane del Sud , durante la quale pronunciò affermazioni provocatorie del tipo : “ Se nelle regioni meridionali non ci fosse la criminalità organizzata , come Mafia , ‘Ndrangheta e Camorra , probabilmente la disoccupazione sarebbe molto più alta . Almeno il dieci per cento in più di quella attuale”. De Andrè , prima confermò, rincarando la dose , poi ritrattò ,scusandosi con i politici locali e nazionali che ,nell’ immediato, avevano gridato allo scandalo . Al ritorno da quel concerto , gli fu diagnosticato un carcinoma polmonare e la notte dell ‘ 11 gennaio del 1999, alle ore 02:30, morì a Milano , presso l’Istituto dei tumori. I funerali si svolsero a Genova, nella Basilica di S. Maria Assunta in Carignano , alla presenza di diecimila persone , della famiglia e degli amici come Paolo Villaggio che dichiarò : “ Se potessi , gli direi che sono molto invidioso di lui , perché non avrò un funerale così !“ , come Fernanda Pivano che lo celebrò ,commentando “ Non doveva andarsene , non doveva. E’ stato il più grande poeta che abbiamo mai avuto ….. ” o come Nicola Piovani che sentenziò “ De Andrè non è stato mai di moda . La moda, effimera per definizione , passa . Le canzoni di Fabrizio restano “ .Infatti, ancora oggi, i musicisti e i cantanti , in piazze affollate o in locali fumosi , continuano a suonare e a cantare le sue canzoni e , noi insieme con loro ,perché ostinatamente convinti che “ Dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fiori”.

Redazione

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