Categories: Cronaca

A riecco le primarie dell’apparato

CASERTA-Se qualcuno si era illuso che le primarie del Pd erano condite di sapore democratico, ebbene di democratico c’è ben poco, di fatti il succo usato è quello delle scelte verticistiche sia provinciale, nazionali e “romane de Roma”. Gira e rigira sempre i vertici decidono, certo, adesso saranno gli elettori del Pd a dover scegliere, rigorosamente del pd perché adesso le varie sezioni territoriali chiameranno a raccolta i soliti noti a dover esprimere la preferenza secondo le indicazioni che daranno a chi gira dentro la sezione del partito. È musica già ascoltata e riascoltata. Poi bisogna aggiungere i nomi che sceglie Bersani, i nomi di diritto, beh una ministra condita con sapori da prima repubblica. E questa me la chiamate democrazia. Democrazia era se alle primarie andavano a votare tutti, se tutti potevano candidarsi anche nei singoli comuni ecc. Vabbè, se fosse stato così anche per la scelta del premier, a quest’ora a gareggiare c’era Renzi e non certamente Bersani.
Non ci ho mai creduto a nessuna delle primarie del Pd, hanno sempre avuto un tocco velenoso che, spesso, hanno dimostrato nei fatti come fossero scadenti una volta consumate. Basta toccare con mano quelle napoletane, quelle siciliane, quelle genoane, oppure quelle casertane. Senza ombra di dubbio hanno sempre dimostrato di essere una scorciatoia per sentirsi superiori agli altri, ma poi alla fine sono diventate tattiche inferiori. Anche oggi, dopo le primarie per il premier, si cerca di condire la tornata della scleta dei parlamentari con un succo democratico che al suo interno contiene il peggiore dei veleni. I dieci nomi scelti dall’apparato sono Dario Abate, Loredana Affinito, Francesco Capobianco, Nicola Caputo, Lucia Esposito, Stefano Graziano, Carlo Marino, Giuseppina Detta Pina Picierno, Camilla Sgambato, Raffaella Zagaria.
Molti dei nomi sono conosciuti all’interno del Pd casertano, nomi che non danno nessun segno di novità e di distanza col passato, ma sono ancora una volta l’espressione dei vertici del partito. Matteo Renzi voleva proprio cambiare questa filosofia verticistica, purtroppo l’apparato del PD è stato molto forte ed ha costretto il rinnovatore, ovvero il rottamatore, a rimandare il tutto alle prossime elezioni politiche. Ma se vince Bersani una cosa è certa: dopo sei mesi si torna alle urne e questa volta il candidato premier sarà sicuramente Matteo Renzi, poiché anche all’interno del Pd, i giovani veri, quelli distanti dagli apparati, convinceranno i vecchi monopolisti del PD ad andare via per sempre.

Redazione

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