L’infinito amore
Trent’anni che aspetto questo momento. Ho faticato non poco per convincere mio marito a darmi il consenso a venire alla festa. Alla fine ho dovuto dirle che se non mi dava il consenso è perché non si fidasse di me. Allora ha capito, ed ha dato il via libera. Ed eccomi qui, a questa festa di vecchi amici a due passi dal mio paese.

Trent’anni che aspetto questo momento. Ho faticato non poco per convincere mio marito a darmi il consenso a venire alla festa. Alla fine ho dovuto dirle che se non mi dava il consenso è perché non si fidasse di me. Allora ha capito, ed ha dato il via libera. Ed eccomi qui, a questa festa di vecchi amici a due passi dal mio paese. Quanti ricordi, quante strane sensazione rivedere tanti vecchi amici ormai uomini e donne adulte. Sono vigliacca, lo so, ma non potevo diversamente. Sono trent’anni che accarezzo la speranza di rivedere il mio primo amore. Quale occasione migliore di un ritrovo fatto di piccole pietanze e tante chiacchiere. Il mio primo amore, Ubaldo, che storia la nostra. La vita mi aveva catapultata a Viterbo dopo che ero nata e vissuta fino a quindici anni in America, dove i miei si erano trasferiti quando non ero ancora nata. Dopo venti anni in America decisero di ritornare al paese natale. Per me non fu felice, ma quando le scelte le fanno gli altri, bisogna accettare. Ci volle molto tempo prima di ambientarmi ad abitudini diverse da quelle americane. Ma lentamente, complice anche la gioventù, l’ambiente divenne familiari. Gli amici, la scuola, la famiglia, contribuirono a farmi superare il momento di disagio. Poi Ubaldo. Anche lui appartenente ad una famiglia di siciliani emigrati a Viterbo. Insieme costruimmo in fretta una sana amicizia. Lui dolce, romantico, e tollerante con me al punto giusto. Insieme trascorrevamo molto tempo della nostra giornata. Il tempo insieme trasformò l’amicizia in qualcosa di più profondo. Scoprimmo di essere innamorati. Il nostro amore era diverso dai nostri coetanei. Ci amavamo in modo particolare, tanto da prendere coscienza che insieme avremmo trascorso il resto della nostra vita. La vita ci sorrideva, o perlomeno ci lanciava il sorriso al momento giusto. Lunghe giornate, specialmente d’estate, a correre tra i prati in fiore. I nostri cuori volteggiavano come farfalle in volo. Poi, come spesso succede, quando ormai la gioventù aveva preso il posto dell’adolescenza, qualcosa interruppe il nostro percorso d’amore. Avevamo 18 anni, quando una mattina Ubaldo mi disse le parole più amare che potessi ascoltare: “I miei hanno deciso di trasferirsi in Germania, qui non c’è abbastanza lavoro per mio padre”. Una mazzata a tradimento che trafisse il cuore. Piangevo, ero disperata, senza Ubaldo non potevo vivere, era tutto per me. Anche lui aveva il cuore a pezzi, ma non poteva farci nulla. Anche a me era successa la stessa cosa quando i miei decisero di lasciare l’America per far ritorno a casa. Soltanto che i suoi andavano sempre più su, allontanandosi ulteriormente dalla Sicilia. Il giorno dell’addio piansi tantissimo. Ci salutammo come due clandestini in fuga. Poi il buio più totale. Ho aspettato a lungo il suo ritorno, poi il tempo scorreva inesorabilmente, e così ho costruito la mia vita mettendo su famiglia con un altro uomo. Di Ubaldo mi era rimasta una foto. Per questi lunghi anni l’ho sempre guardata nei momenti di sconforto. Mi faceva ritornare giovane e fanciulla innamorata.
Stasera spero che Ubaldo arriva, che finalmente dopo tanti anni posso rivederlo. La mia attesa non si fa attendere più di tanto. Lo riconosco subito. È un uomo, però è lo stesso uomo che mi piaceva allora, anzi, adesso mi piace ancora di più. Mi avvicino: “Ciao Ubaldo”. Un attimo di disorientamento colpisce Ubaldo. “Oddio, Sarà, sei tu. Oggi è il giorno più bello della mia vita. Non immagini come mi fa piacere che ci sei anche tu”. Ubaldo mostra grande entusiasmo nell’avermi vista. Anch’io sono emozionata, anche troppo. Beviamo un aperitivo insieme, iniziamo a parlare di tante cose del presente senza dare cenno al passato. Passa una mezz’ora buona quando Ubaldo: “Non ti ho mai dimenticata”. “Nemmeno io”, rispondo. C’eravamo ritrovati da adulti dopo esserci lasciati da ragazzi, ma stiamo confermando che il sentimento vissuto tanti anni fa non si è assopito. Dopo esserci divisi per un po’, Ubaldo ritorna da me chiedendomi di andare fuori a parlare. Accetto volentieri, anche perché ormai voglio solo parlare con lui.
Una volta fuori ci sediamo su un tronco che si trova dietro al casolare. Ubaldo non mi da nemmeno il tempo di guardarlo per un attimo: “Raccontami qualcosa di te”. “Che vuoi che ti dica. Credo di essere una brava madre, un moglie fedele, tutta casa e chiesa come si sul dire, insomma, la ragazza che hai amata e rimasta uguale. Tu invece?”
“Dopo che sono andato via la Germania mi stava stretta. Senza di te era un inferno insuperabile. Non c’era modo per poterti sentire, e il tormento era doppio. La distanza era incolmabile. Ogni volta che si scendeva in Italia la destinazione inevitabilmente era la Sicilia, quindi di Viterbo non si parlava più. È stato tremendo, credimi. Poi sono cresciuto concentrando tutto me stesso sugli studi. Era l’unico appiglio per fuggire dalla Germania e tornare in Italia. Cosa che ho fatto. Di nascosto feci domanda per l’arruolamento nell’aeronautica militare italiana, volevo diventare pilota. Vinto il concorso sono stato catapultato in Sardegna. Invece di avvicinarmi a te, mi allontanavo. L’addestramento mi ha tolto l’essere, ma alla fine sono diventato pilota di caccia militari. Il sogno si avvera. Poi ho lasciato l’aeronautica e sono passato al civile, adesso sono pilota Alitalia da quindici anni. Ho girato il mondo guardandolo dall’alto, ma tra le nuvole incrociavo sempre il tuo sguardo. Anch’io ho messo su famiglia dopo che ho capito che dovevo rassegnarmi”.
<<In che senso dovevi rassegnarti. Perché non mi hai più cercato quando sei tornato in Italia?>>, gli chiedo
<< Che dici. Come non ti ho mai più cercato. La rassegnazione è stata causata da quello che ho sentito quando ti ho cercata>>.
<<Quando mi hai cercata? Ma che stai dicendo>>.
<<Ad un certo punto della mia carriera sono stato trasferito a Pratica di Mare. Finalmente ritornavo a casa. Quindi non ho perso tempo. Erano passati nove anni dalla nostra separazione forzata. Sono tornato a Viterbo con la speranza di rivederti, per dirti che ti amavo ancora e non ti avevo mai dimentico, ed ero lì per chiederti di sposarmi. La prima volta fu un buco nell’acqua. Sono tornato per ben quattro volte a distanza di poche settimane. L’ultima volta ero talmente deciso che appena giunto a Viterbo entrai nella salumeria dei tuoi. Tua madre mi riconobbe immediatamente. Fu lei che mi disse che tu eri ritornata in America, ti eri sposata, ed eri felicissima. Dopo un po’ entrò anche tua sorella Giusi. Tua madre come la vide, senza che lei dicesse una parola, disse: Ha telefonato Sara dall’America? Tua sorella si limitò a dire solamente no. Andai via infranto, col cuore a pezzi per la seconda volta. Attesi l’uscita di Giusi. Appena la vidi gli chiesi di te, e lei confermò le stesse parole di tua madre. Da quel giorno persi tutte le speranze, e la rassegnazione si impadronì di me. Questa è la verità>>.
<<Non posso crederci. Perché mi hanno fatto tutto ciò. Sapevano che ti amavo tanto e non riuscivo a dimenticarti, specialmente mia sorella, alla quale confidavo il mio dolore. Ubaldo, io ero in Italia, non mi sono mai mossa da qui>>.
<<Ma che dici. Perché allora?>>.
<< Mia madre aveva un concetto tutto particolare sui tuoi genitori. Durante la nostra storia lei si è messa sempre di traverso facendo di tutto per farmi allontanare da te. Per lei la tua famiglia era di basso livello. Tuo padre un muratore che lavorava la giornata, quindi poco affine a lei. A me di tutto questo non importava. A me interessava la vita che volevo insieme a te. Quando ha saputo che andavate via dall’Italia, per lei è stato come vincere un terno all’otto. Capisci. Ha gioito mentre io avevo il cuore a pezzi. In futuro ho cercato di non odiarla, in fondo era mia madre. Ma adesso capisco tante cose, non voglio odiarla, ormai non c’è più, ma mi ha fatto del male. Mi ha privato dell’amore che provavo per te. Bastava dirti che ero di sopra. Bastava chiamarmi ed io avrei vissuto la mia vita accanto all’uomo che amavo>>.
<<Sara, ci hanno rubato la vita per correre dietro a banalità. Non posso crederci. Mio padre era un grande lavoratore, è morto lavorando. Era una persona squisita, ha fatto tanti sacrifici per vedere realizzato il mio sogno. No non posso accettare questa infamia dettata dall’arroganza umana>>.
<<Hai ragione: ci hanno rubato la nostra felicità. Io mi sono adattata, ho finto, ma poi è diventata normalità. Ma quante volte ho sognato te. Quante volte ho desiderato questo momento. Ringrazio il Dio di avermelo fatto vivere questa sera. Non so che dirti>>.
<<Ti chiedo di non farci rubare di nuovo qualcosa che desideriamo. Non perdiamoci di nuovo. Restiamo amici, se è possibile rivederci per trascorrere qualche altro momento insieme, tanto adesso siamo vicino, io vivo a Fiumicino, quindi possiamo vederci se tu lo vuoi>>.
<<Sì, si può fare, scambiamoci i numeri di telefono per rimanere in contatto in modo che nessuno può più intralciare questa rinata amicizia>>.
<<Giusto, Sarà>>.
Il resto della serata lo passiamo parlando e ballando insieme. Rivivo qualcosa che mi porta indietro col tempo, a quando si ballava per ore pur di stare appiccicati l’uno all’altro. Alle quattro del mattino le nostre strade si separano di nuovo, confortati dal fatto che ci possiamo sentire, con discrezione, ma possiamo sentirci grazie alla tecnologia dei telefonini che, magari, ci fossero stati a quei tempi. Nel frattempo non riesco a trovare la strada per chiedere delucidazioni a mia sorella, perlomeno lei delle risposte me le può dare. Il tempo è breve, anche perché Ubaldo incalza per rivederci. A dire il vero anch’io voglio rivederlo. Si apre la strada. Infatti mio marito parte per una battuta di caccia, la sua passione, io la detesto. Mannaia dal cielo. Chiamo Ubaldo e gli dico che possiamo trascorre il fine settimana insieme, approfittando anche del fatto che resto comunque sola per via dell’assenza dei figli che studiano all’estero. Quale buona occasione per rimanere soli e tranquilli senza trambusti alcuni. Organizziamo tutto. Ubaldo è riguardoso nei miei confronti. L’intera giornata non mi sfiora, mi guarda continuando a dire sei sempre bella. È gentile e romantico come ai tempi della giovinezza. Trascorsa la giornata girando per le vie di Bolsena e lungo il lago, verso sera cerchiamo un albergo. Ubaldo sta quasi per dire due singole, quando lo interrompo: “Ci dia una matrimoniale”. Ormai ero già partita con la convinzione di trascorrere ogni attimo con lui, quindi anche la camera rigorosamente insieme. Ubaldo stupito mi guarda: “Se vuoi cosi, allora una matrimoniale”.
Per me è la prima volta che trasgredisco la vita coniugale, ma lo faccio con l’uomo che ho amato più di tutto. Ubaldo mi sta facendo rivivere la mia gioventù. Una cena a base di pesce arricchisce la nostra serata. Una passeggiata lungo il lago porta indietro la mente fino ad arrivare al primo bacio scoccato, in gioventù durante una gita al lago, nello stesso punto dove ci troviamo adesso. “Ricordi, qui ci siamo dati il nostro primo bacio”, sussurra Ubaldo. “Chi l’ha più dimenticato”, rispondo. Un attimo, e le nostre labbra si avvicinano per riassaggiare il sapore di allora. Il bacio apre la strada alla trasgressione. Non mi sento sporca, per me Ubaldo era ed è tornato ad essere l’infinito amore. Una volta in camera, la strada è già spianta dal bacio. Ci sdraiamo sul letto per riprendere da dove ci siamo fermato un attimo prima. Un lungo bacio apre il portone all’amore. Denudarci diventa la cosa più semplice al mondo. Ubaldo ammira il mio corpo per la prima volta, mai l’avevamo fatto, nemmeno vederci in costume al mare: non c’eravamo mai stati insieme. Ubaldo appoggia le labbra sui miei seni come se fosse un bambino in cerca del latte materno. Non trascura un angolo del mio corpo, esplorato con baci e carezze infinite, fino a renderlo un vulcano pronto per l’esplosione. È l’amore vecchio e ritrovato che si impossessa di noi. Non abbiamo fretta, c’è tutto il tempo necessario per vivere la nostra prima notte d’amore con tutta la passione necessaria per farlo diventare indimenticabile. Passa quasi un ora tra baci e carezze, quando sento il corpo di Ubaldo appoggiarsi al mio nella classica posizione dell’amore. I nostri corpi si uniscono, formando una sintesi di passione che dal corpo di Ubaldo entra prepotentemente dentro di me schizzando fino al cervello che, a sua volta, invia scariche d’amore al cuore. Tanti anni di matrimonio non ho mai vissuto quello che la vita mi sta regalando in questo momento. Non capisco più nulla. Ubaldo mi regalava emozioni e piaceri mai avuti. Sto bene, mi sento benissimo, non ho affatto sensazioni di disprezzo nei miei confronti di donna, mi sento innamorata di un uomo continuamente desiderato e mai potuto avere. Mi godo il momento senza tralasciare nessun particolare. Vivo la vita che mi è stata sottratta dalle stupidaggini altrui, riavviando la macchina dell’amore che aveva inceppato il motore trent’anni fa. Una notte di passione, amore e sesso, mi riconsegnano alla vita più donna di prima. Al mattino mi sento rinata. Rimorsi? Per niente: ho amato l’uomo che meritavo. Arriva il momento dell’addio forzato. Abbraccio Ubaldo dicendogli Grazie.
Dopo due giorni incontro mia sorella. Mi chiede com’era andata la festa. “Tutto bene, ho incontrato Ubaldo”. “Mi fa piacere, certo dopo trent’anni sicuramente è stata una bella emozione”, ironizza Giusi. “Stupida, non c’è nulla da scherzare dinanzi ad un amore infinito”. Ad un certo punto cambio umore nei confronti di mia sorella, scotta ancora quello che mi ha raccontato Ubaldo.
<< Perché ti stai arrabbiando?>> chiede Giusi.
<<Ti bastava dire la verità trent’anni fa, ed oggi Ubaldo sarebbe mio marito>>.
<<Che stai dicendo, di che verità parli?>>.
<<Perché quel giorno hai seguito le parole di mamma dicendo che ero in America, mentre io ero in casa. Perché l’hai fatto, perché, cosa ti costava, hai rovinato la mia vita>>.
<< Ho sbagliato. Ti chiedo perdono>>.
<< Sbagliato un corno, dovevi dirgli che ero in casa. Fanculo, cosa ti costava>>.
<<Perdonami. Dai adesso è tutto finito, ormai ognuno è tornato per la sua strada. Non roviniamo il nostro rapporto. Tanto a me mi vedi ancora, lui non lo vedrai più e rimarranno i ricordi del passato>>.
<< Ricordi? Sì, ricordi, hai ragione, ma non riguardano più il passato, bensì il presente>>.
<< Ma che dici?>>
<<Ricordi attuali, vivi, presenti, toccati con mano quando il piacere è entrato dentro di me ed ha trafitto tutto quello che ha incontrato davanti con la forza dell’amore. Ho fatto l’amore con il mio uomo, quello che tu e la mamma mi avete negato. Ed è stato il rapporto più bello vissuto finora>>.
<<Adesso ritorna in te, non rovinare tutto. Torna ad essere la Sara di prima. Non posso crederci, ci sei andata a letto>>.
<<Non sono una puttana. Ho rincontrato il mio primo amore, ho scoperto tante cose, ed ho realizzato il sogno di amarlo>>.
<<Adesso però hai una famiglia, hai tradito tuo marito, hai leso la tua onorabilità di donna, questo non lo pensi>>.
<<No, non lo penso, mi sono preso soltanto quello che mi è stato negato. Evidentemente lassù nel cielo qualcuno doveva pagare lo sgarro che mi è stato fatto tanti anni fa>>.
<<Mi dispiace, anche io sono stata l’artefice di quello sgarro>>.
<<Adesso non ne voglio più parlare. Sarò io a decidere il mio futuro, ma posso assicurarti che non distruggo la mia famiglia, anche perché Ubaldo è sposato e nemmeno lui deve distruggere quello che ha creato, però il mio angolo me lo tengo stretto per sempre>>.
La discussione con mia sorella finisce lì. Dopo due giorni sento Ubaldo, che subito mi dice: “È Stato bellissimo. Non immagini l’amore che ho provato in quei momenti. Chissà se un giorno potremo riviverlo”. “Ubaldo, è stato meraviglioso. Ho sentito la tua passione e il tuo amore squarciarmi il cuore, non esiste il forse, ognuno manterrà la sua condizione di vita senza distruggere nulla, ma se a te fa piacere insieme possiamo creare quell’angolo capace di farci sentire sempre uniti, e a me farmi sentire donna innamorata quando mi stringerai tra le tue braccia. Il nostro è un amore infinito da sempre condizionato. L’abbiamo ritrovato sempre condizionato, però, credo che possiamo coltivarlo come l’abbiamo coltivato per trent’anni. Io ti amo, anzi, ti ho sempre amato”. “Sara, anch’io ti ho sempre amato. Sì, proteggiamo il nostro angolo, proteggiamo tutto ciò che abbiamo già creato, ma non buttiamo di nuovo al vento questo infinito amore”.
Il giorno dopo mi reco al cimitero, prendo una rosa, entro. Mi incammino lungo il viale, i cipressi emanano il motivo del silenzio orchestrati dal vento. La guardo: “Sei stata sconfitta. Mamma, hai visto com’è strana la vita. Trent’anni fa hai combattuto per impedirmi di vivere la vita con l’uomo che amavo, adesso devi subire quello che hai visto e vedrai in futuro. Non ti odio. Non posso. In vita ti ho amato tanto, ma tu non hai amato me come dovevi veramente. Mi hai sottratto l’amore, adesso Dio ti ha dimostrato che quando qualcosa è grande, rimane tale per sempre”. Il vento soffia ancora più forte. I cipressi intonano un motivo diverso, come volermi dire che le note dell’amore trionfano sempre, anche quando sembrano peccaminose.
Da quel giorno sono trascorsi diversi anni, i nostri incontri continuano ad esserci. Ci amiamo, non possiamo farci nulla, ma l’unica strada da seguire è quella che stiamo percorrendo. La vita si è presa gioco di noi. Altri ci hanno tolto la gioia di amarci apertamente, senza timore, senza doverci nascondere come clandestini. Ma è la vita che ad un certo punto ti da la rivincita lasciando trionfare l’amore anche in condizioni difficili. L’amore vero è grande, anche in presenza di qualsiasi limitazione, prevale sempre.
Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale, i fatti raccontati sono frutto esclusivo della fantasia creativa dell’autore.