“ Vittorio De Sica:artista e galantuomo”In evidenza

Autunno 1973 . Stabilimenti di Cinecittà , Roma . Il regista Vittorio De Sica si appresta a girare il

“ Vittorio  De Sica:artista  e galantuomo”In evidenza

Autunno 1973 . Stabilimenti di Cinecittà , Roma . Il regista Vittorio De Sica si appresta a girare il film : “ Il viaggio “, tratto da una novella di Luigi Pirandello . Sul set è un intenso brulichio di operatori , macchinisti e truccatori ; le comparse , in disparte , osservano ammutolite gli attori internazionali , Sophia Loren e Richard Burton , intenti a ripassare , in paziente attesa del ciak , le battute previste dal copione per la loro prima scena . Tutto è pronto per iniziare le riprese ; le giraffe , dotate di microfoni e di luci , sono posizionate e , qualcuno, l’aiuto regista , dal fondo , grida : “Motore , azione ! “. Dopo una panoramica , l’obiettivo della macchina da presa inquadra i protagonisti , effettuando un primo piano che indugia sulle loro fisionomie , impegnate in un botta e risposta perfettamente sincronizzato ; ma la magia dell’ incontro viene interrotta da un brusco , quanto inatteso : “Stop ! “ . La pellicola presenta un difetto : tocca aggiustare il guasto e ricominciare daccapo ; il set , di colpo, si spopola e , De Sica , seduto su una sedia con braccioli di legno e intelaiatura di tela , ne approfitta per schiacciare un pisolino . Avvolto in un cardigan , impreziosito da un foulard di seta annodato intorno al collo , riposa tranquillo, con gli occhi chiusi e la testa penzoloni , quando alle sue spalle , piomba l’aitante figura di un giovanotto sulla ventina che , inopportuno , lo scrolla , gridando : “ Maestro , permettete una parola ? “ . L’anziano cineasta , destatosi , con lo sguardo smarrito, perso nel vuoto , sobbalza , dicendo : “ Che è stato ? “ . “ Niente , maestro ! ; non vi preoccupate ! . Mi chiamo Armando Cecconi e sono un figurante del vostro film . Maestro , io sono ciociaro come voi , vengo da Frosinone ; il mio sogno , sin da bambino , è quello di fare l’attore ! . Il paese , l’ho lasciato da due anni e, da due anni, faccio qualsiasi lavoro per mantenermi qua , a Roma . Sapete , i miei genitori sono contadini , non capiscono ….. , non sanno …… , per loro il cinema è roba da ricchi viziosi ! . I miei compaesani dicono che sono pazzo , che dovrei sposare una bella ragazza , fare dei figli e badare alla terra , ma io non sono fatto per l’agricoltura ; io , non so che cos’ho nella testa : il mio paese è troppo piccolo , è come se non mi bastasse…. ! ; è come se , a starci , mi sentissi soffocare ! . Maestro , lo so : sono stato maleducato , ma io dovevo parlarvi , perché siete uno dei pochi registi che prende gli attori dalla strada . Io , che non ho mai frequentato nessuna scuola , vorrei che mi faceste un provino : se mi trovate un cane , pazienza , me ne torno a casa ! ; ma se vedete in me un talento , allora, lo devono sapere pure le pietre di Frosinone ! “ . De Sica , seccato , replica al labile sermone : “ Caro ragazzo , cominciamo col dire che hai disturbato una signora pennichella ! …. Tu fumi ? ….dalla faccia perplessa deduco di no ! . Va beh! , fammi un piacere : allunga la mano nella borsa che ho sotto la sedia e prendi il pacchetto di sigarette che ho sottratto dal cassetto stamattina , di nascosto da mia moglie ! . Lei non vuole che fumi ; dice che il tabacco è veleno e che lo è ancor più nelle mie condizioni ! ; sì , sono malato : ho un cancro ai polmoni , nulla di serio ….. soltanto la morte è una cosa seria! “ . Dopo aver acceso la sigaretta portagli dal giovane uomo , continua : “ Sentimi bene, ragazzino ! ; l’arte è sacra , è una religione . Non può venire qui un fesso qualunque e comandare : – Voglio fare l’attore ! – ; recitare è una vocazione , come quella dei preti ! ; non si fa l’attore …. , attore, lo si è ! . Oggi , ciascuno aspira ad essere una celebrità, diventare famoso , stare sulle copertine ; a voi giovani , poi , pare tutto facile : vi basta mettervi in posa e ammiccare ! . No , non sapete come vi sbagliate : il cinema è sacrificio , sofferenza , privazione, precarietà , dubbio , amarezza ! . Suvvia , non è colpa tua ! ; io ti comprendo ; tu vieni da un paese contadino e , quell’ universo fatto di concime e sudore ti umilia , ti prostra , ti annienta e sogni i lustrini , le paillettes , via Veneto , le belle donne , i paparazzi ! . Un tempo , anch’io ero come te ! ….. poi , ho capito ! . Lo vedi il mio sorriso ? : c’è chi sorride perché è lieto. Io non sono mai allegro . Il mio sorriso è un modo di essere pigro , di riposare , di lasciare che la mia bocca faccia il comodo suo ! . Sono sempre stato pigro e , perciò , anche la mia infanzia l’ho trascorsa in modo indolente , a Sora , dove sono nato il 7 luglio del 1901 , da genitori partenopei : mio padre , Umberto , impiegato nel distretto locale della Banca d’Italia , era di origine salernitana e , mia madre , Teresa Manfredi , una casalinga napoletana . Fui battezzato nella chiesa di S. Giovanni Battista , con i nomi di Vittorio, Domenico , Stanislao , Gaetano , Sorano e crebbi in tragica e aristocratica povertà , in una casa , in via Cittadella . Nel 1914 , ci trasferimmo dai parenti , a Napoli e , finita la Grande guerra , ci spostammo a Firenze , città, nei cui ospedali mi esibivo come guitto , per allietare i militari ricoverati . A sedici anni mi stabilii a Roma , definitivamente . Papà voleva che ereditassi il suo impiego di bancario e , per questo, studiai ragioneria ; tuttavia , proprio in quel periodo, fui attratto dal cinema e dal teatro e , grazie all’intercessione di un amico , Edoardo Bencivenga , ottenni un piccolo ruolo nella pellicola di Giancarlo Saccon : “ Il processo Clemenceau “ . Conseguito il diploma di ragioniere , promessa fatta a entrambi i miei genitori , libero di intraprendere l’avventura dello spettacolo , fui scritturato nel 1923 come generico , dalla Compagnia teatrale dell’attrice Tatiana Pavlova , per cui lavorai due anni . Nel 1925 , invece, divenni secondo attore brillante nella Compagnia della diva del muto , Italia Almirante e , nel 1927 , fui promosso secondo attor giovane in quella di Luigi Almirante , accanto a Sergio Tofano e Giuditta Rissone . Finalmente , nel 1930, conquistai il ruolo di primo attore , condiviso , a turno, con Guido Salvini e , notato dal regista Mario Mattoli , entrai a far parte della sua Compagnia : “ Za –Bum “ , cimentandomi in varietà e drammi al fianco di Umberto Menlati , con cui formai un duo comico capace di imbastire sketch e gag ad effetto. Nel 1933 , ormai maturo, fondai una mia compagnia con Sergio Tofano e Giuditta Rissone e, insieme , demmo vita a riviste e a rappresentazioni comiche esilaranti. Mi accorsi tardi che Giuditta non era una collega come le altre e , nel 1937 , la sposai : presto, avemmo una figlia , Emilia , detta Emy . Nel dopoguerra , tra il 1945 e il 1949 , recitai in drammi in prosa , guidato dai registi : Alessandro Blasetti ( “ Ma non è una cosa seria “ , di Luigi Pirandello ) e Luchino Visconti ( “ Il matrimonio di Figaro “ , di Beaumarchais ) , in riviste ( “Ah… ci risiamo ! “ , di Oreste Biancoli ) e , in commedie, con la regia di Mario Chiari ( “ Il magnifico cornuto” , di Fernand Crommelynck ) . Intanto, stregato dal fascino ammaliatore del grande schermo , avevo debuttato nel cinema muto di Mario Almirante e , nel biennio 1927-28 , a quasi trent’anni , ero diventato l’eroe di sofisticate commediole borghesi , appartenenti al genere dei telefoni bianchi ,come “Gli uomini , che mascalzoni “ (1932) , di Mario Camerini , in cui , con aria impertinente , da simpatica canaglia, intonavo la canzone : “Parlami d’amore Mariù “ . Sul set di “Darò un milione “ (1935) avevo incrociato lo scrittore Cesare Zavattini : la nostra, era stata una conoscenza fugace da cui , però era scaturita un ‘intesa ; quindi , ancora incerto del mestiere , preferii perseverare nella commedia leggera con “ Il Signor Max “ (1937) e “ I grandi magazzini “ (1939) . Proprio gli anni Quaranta segnarono una svolta nel cinema : pronto a dirigere , passai dietro la macchina da presa , esordendo in commedie sentimentali , prodotte da Giuseppe Amato, quali “Rose scarlatte “ , “Maddalena ….zero in condotta “ ( 1940) , “ Teresa Venerdì “ ( 1941 ) e “Un garibaldino al convento “ ( 1942) , film , quest’ultimo , in cui diressi l’attrice catalana Maria Mercader che , a prezzo di uno scandaloso divorzio dalla mia prima consorte ottenuto in Messico, impalmai a Parigi , nel 1968 , alla presenza dei nostri due figli Manuel e Christian , già adulti . Nel 1943, insieme con Cesare Zavattini sceneggiammo la prima pellicola neorealista : “I bambini ci guardano “ , evinta dal romanzo di Giulio Cesare Viola , “ Pricò “ . In seguito , decisi a far parlare la realtà , denunciammo la povertà e le miserie post-belliche nei film : “Sciuscià “ (1946) , commovente indagine sulla triste condizione dei ragazzi abbandonati ; “ Ladri di biciclette “ ( 1948), incisivo affresco dell’ambiente dei disoccupati , tinteggiato dallo scrittore Luigi Bartolini , nell’ omonimo romanzo ; “Miracolo a Milano” (1951) , favola surreale sulle ingiustizie sociali , raccontata nel romanzo “Totò il buono “ , di Cesare Zavattini e , “Umberto D” ( 1952) , vecchio pensionato , ispirato alla figura di mio padre , che non riesce nemmeno a raggranellare i soldi per pagare l’affitto di una camera ammobiliata e, sfrattato dalla padrona , pensa al suicidio . La decisione di morire , presa da un giovane è grave , ma che dire del suicidio di un vecchio , già naturalmente vicino alla morte? . E’ una cosa orribile . Una società che permette una cosa simile non è degna di essere chiamata società . Con “ Sciuscià “ e “ Ladri di biciclette” , vinsi due Oscar per il miglior film straniero , ma , nonostante ciò , non smisi di mettermi in gioco e , nel 1954 , fui regista e attore de : “ L’oro di Napoli “ , riadattamento dei racconti dello scrittore partenopeo Giuseppe Marotta . Fu in questa circostanza che scoprii il talento di Sophia Loren : “la pizzaiola” fedifraga che perde l’anello di nozze nell’alcova dell’amante e lo cerca nelle pizze vendute ai clienti , è rimasta e rimarrà nella memoria collettiva !. Quanto a me , ricordo divertito il provino sostenuto da un avvocato sannita , tale Alfredo Jelardi , per ricoprire il ruolo del conte Prospero , nobile decaduto con il vizio delle carte , sconfitto al gioco dal figlio del portinaio del suo stabile. Alla fine , l’avvocato, per pudore , rifiutò di girare e mi prestai io , esorcizzando la mania dell’azzardo al tavolo verde . “Il tetto “ (1955) , fu il mio addio al neorealismo, cui seguì il fortunato sodalizio con la Loren in “ La ciociara “ ( 1960 ) , tragico racconto di guerra che le valse l’Oscar come migliore attrice protagonista , a soli venticinque anni e , con la coppia Loren/ Mastroianni in “ Ieri , oggi e domani “ ( 1963 ) , film a episodi firmato da De Filippo, Zavattini e Pasolini , dove Sophia è popolana, signora snob e prostituta , premiato con l’Oscar ; in “ Matrimonio all’italiana “ ( 1964) , trasposizione della commedia “ Filumena Marturano “ di Eduardo De Filippo e ne “ I girasoli “ (1970) , intreccio infelice sui dispersi in guerra . In quello stesso anno , dopo aver letto il romanzo di Giorgio Bassani : “Il giardino dei Finzi- Contini “ , storia di una famiglia ebrea ferrarese perseguitata dai fascisti durante le leggi razziali , ne ricavai il soggetto per un film con il quale vinsi il quarto Oscar . Dai tempi di “Ladri di biciclette “ preferisco dirigere gli altri : accetto qualche caratterizzazione ben retribuita , non solo per pagare le tasse che mi portano via tanti milioni , ma anche e soprattutto per aver modo di realizzare come produttore i film che ambisco fare . Se devo tirare le somme , ho un solo grande rimpianto : quello di non aver più fatto teatro ; ho realizzato film destinati a rimanere , ma ne ho interpretati alcuni che erano orribili . Intendiamoci : non rinnego affatto il maresciallo Antonio Carotenuto di “ Pane , amore e fantasia “ (1953) , pellicola di Luigi Comencini cui devo la grande popolarità né i film girati con Totò ( “I due marescialli “ , 1961) e Alberto Sordi ( “Il conte Max “ , 1957 ; “ Il moralista “, 1959 ; “Il vigile “, 1960 ) ,perché le mie soddisfazioni come attore , le ho avute ….. per non parlare poi della mia interpretazione ne “ Il Generale Della rovere “ (1959) , di Roberto Rossellini . Ora vorrei soltanto raccontare cinematograficamente le storie del “Cuore semplice “ di Flaubert e le “ Novelle della Pescara “ di D’Annunzio . Non ho più fiducia in niente e in nessuno . E’ avvilente dover vivere in un mondo di lupi , con il sentimento della difesa , senza potersi mai rilassare! . Vorrei riposarmi , ritirarmi , ma come faccio ? . Ogni volta devo ricominciare . I produttori dicono che realizzo film difficili , che non incassano abbastanza ! . Vorrei andare a vivere nella mia Napoli : io sono nato a Sora , ma mio padre , mio nonno e il mio bisnonno erano napoletani…. e poi , nu cafone ‘e fora può amare Napoli più di un napoletano ! . Ragazzo mio , cosa vuoi che ti dica ? ; se vuoi fa sto’ mestiere devi imparare ad essere un bravo commediante, un artista e un galantuomo sulla scena, sul set , nella vita . Vuoi vedere com’è facile commuoversi ? . T’insegno un piccolo trucco : guardati la punta delle scarpe , mentre scrolli lentamente il capo a più riprese . Mo’ va’ , va’ che devo riprendere a girare ! “ .
Il sipario sull’ esistenza di Vittorio De Sica calò in un ospedale di Neuilly –sur-Seine (Parigi) , la mattina del 13 novembre del 1973 . Un critico , all’ indomani della sua scomparsa, commentò il luttuoso accadimento con queste parole : “Commediante nato , talvolta istrione , talaltra sobrio e misurato , riscuoteva spesso l’applauso a schermo acceso da parte del grosso pubblico che lo amava per le parentesi di gaiezza regalategli . Poi De Sica aveva continuato a far sorridere anche come regista. Ma era diventato , il suo, un sorriso più amaro che ironico , appannato dal velo delle lacrime provocate dai dolori altrui : quelle di un ‘esistenza vista in controluce , come favola assurda , in un ‘ideale proiezione tesa a testimoniare la più ampia comprensione per le sofferenze degli umili , fra la disperazione e la speranza” .
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