Caro Lucio , ti scrivo così mi distraggo un po’ e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò ; da quando sei partito c’è una grossa novità , l’anno vecchio è finito ormai , ma qualcosa ancora qui non va . Qui, su una vecchia terrazza davanti al golfo di Surriento , dove il mare luccica e tira forte il vento , non penso alle notti là in America , ma alla tua esuberante , allegra , sconclusionata , impavida , follia. Mi viene in mente il coraggio che dimostravi nell’ essere semplicemente te stesso , nel mostrarti nudo agli occhi del mondo. Puro , come un bambino che per istintiva fiducia porge ad un adulto il suo giocattolo preferito , offrivi in dono alla gente il tuo gioco fatto di note e parole , di tasti e sudore : la tua musica , preziosa compagna ; amante comprensiva e sfuggente ; sorella incostante , pigra , lunatica , a volte , bugiarda . Pittore in lotta contro ogni corrente e dettame , dipingevi la felicità , scartando i mezzi toni dell’ ipocrisia , per ritrarre con colori pieni la verità di un ‘esistenza scandita da rari momenti di gioiosa serenità . “Cosa sarà “ , ti chiedevi , “ Che fa crescere gli alberi di felicità / che fa morire a vent’ anni anche se vivi fino a cento / che ti sveglia al mattino e sei serio e che ti fa morire all’ombra di un desiderio / che ti fa comprare tutto anche se è di niente che hai bisogno / che ti porta a cercare il giusto , dove giustizia non c’è /che ti strappa dal sogno /che ti fa uscire di tasca dei no , non ci sto ! / che ti getta nel mare e ti viene a salvare / cosa sarà che dobbiamo cercare ? “ . Con il clarinetto e la fisarmonica suonavi la tua città , Bologna ; il giorno della tua nascita , in quel 4 marzo del 1943 e , il dolore per la morte del tuo “Babbo , gran cacciatore di quaglie e di fagiani “ . “ Avevo sette anni “ , dicevi , “E , di fronte a quella morte , provai la sensazione struggente di una perdita che mi consentiva di dire a me stesso , con pietà e tenerezza : da oggi sei solo come un cane ! . Quindi , ho imparato a convivere con la solitudine , considerandola una fonte di benessere profondo , necessaria per la corretta lettura dell’ esistenza “ . Con il pianoforte ,invece, raccontavi di tua madre , Iole Melotti , “ Donna bizzarra , in quanto sarta che non sapeva cucire un bottone “ e , di quando , a undici anni , ti portò in un istituto psicotecnico per un test sulle tue attitudini , dal quale risultasti un “ Mezzo deficiente “ . “ Mia madre “ , sostenevi , “ sospettava fossi un genio ; forse per questo mi lasciò partire per Roma . Del resto , a scuola andavo male ; preferivo suonare , fare musica “ . Lì , nella Roma degli anni inquanta , scopristi il jazz e , tornato a casa , insieme con il tuo gruppo : i “Rheno Dixieland “, suonasti con il trombettista statunitense Chet Baker , di passaggio nel Belpaese . Poi , venne l’era dei “Flippers “ e , nel 1962, firmasti con loro il tuo primo contratto discografico e ti esibisti nei locali in qualità di musicista e voce solista . Allora, ti piaceva James Brown e , gorgheggiando in modo veemente e forsennato , cercavi di imitarlo ; nient’affatto preoccupato del giudizio degli astanti scandalizzati , scusavi la tua mania di girare scalzo , con esternazioni del tipo : “Ho dimenticato i calzini ; adesso mi pitturo i piedi , così sembrerà che li abbia indosso ! “ . In mezzo a quel pubblico di moralisti e bacchettoni si nascondeva Gino Paoli , giovane , ma già affermato cantautore che , rapito dalla tua anima e dal tuo fare stravagante , volle fare di te un cantante soul e , nel 1963 /64 arrivarono : il Cantagiro e il quarantacinque giri “ Lei (non è per me ) “ , con testo di Gino Paoli e Sergio Bardotti . Lo stesso Paoli ricorda quell’esperienza così : “Fu un fiasco di proporzioni rimarchevoli ; ogni sera , infatti, raccattavamo una buona dose di fischi e pomodori ; uno spettacolo nello spettacolo , che durò quanto l’intera manifestazione canora . Lucio si mostrò un duro e non si lasciò abbattere “ . Seguirono due partecipazioni al Festival di Sanremo : nel 1966 con il brano “Paff bum ! “ , eseguito con i “Yardbirds “di Jimmy Page e Jeff Beck e , nel 1967 , con la canzone “Bisogna saper perdere “ , presentata con i “ Rokes “ di Shel Shapiro . Il Festival del 1967 , però , fu segnato dal presunto suicidio del cantautore Luigi Tenco e , a poche ore dalla sua morte , un cronista raccolse le tue considerazioni in merito : “Con Tenco , ho avuto rapporti di amicizia e di collaborazione ; siamo andati a Sanremo insieme , abbiamo preso le camere vicine e la sua morte mi ha sconvolto ! “ . In un clima di contestazione , carico di lacrimogeni e san pietrini , al Festival delle Rose inneggiavi , con fare scanzonato , al “Cielo” : non sapevi che la leggerezza degli anni Sessanta , di lì a non molto, avrebbe ceduto il passo ai , più pesanti , anni di piombo . Fu ancora il Festival di Sanremo a farti da sfondo, quando , nel 1971 , celebrasti il tuo Gesù bambino , un Gesù degli ultimi , dei ladri , delle prostitute , con il brano : “4 /3/ 1943 “ , scritto dalla poetessa Paola Pallottino . Anni dopo avresti confessato : “Ebbi subito la sensazione di aver fatto qualcosa di grosso ; mi commuovevo e , per due anni , mi sono sempre commosso , ogni volta che la cantavo , soprattutto pensando alle isole Tremiti , luogo in cui la canzone fu composta .. luogo , dove , da vacanziero, da emigrante alla rovescia , è avvenuta in me la spaccatura tra due anime : quella nordica ( ordinata , efficiente , futuribile , perfezionista , esigente verso sé e verso gli altri ) e quella meridionale ( disordinata , brada , sensuale , mistica) . E’ nel Sud che sono divenuto religioso , di una religiosità irrazionale, pagana ! “ . Nel 1972 , riempivi d’amore “Piazza Grande “ , rivendicando con fierezza , complici gli autori Baldazzi/ Bardotti , che : “A modo mio / quello che sono l’ho voluto io “ . “ Non è nient’altro che una canzone “ , obiettavi , “Io non sono di quelli che hanno bisogno di sentirsi definire poeti : le canzoni non hanno a che vedere con la poesia ; hanno una loro autonomia . Nell’ immaginario , nella memoria collettiva , credo sia riconosciuto questo e , piazza Grande è una canzone aggregante , che si presta ad una fruizione popolare “ . Presto, l’incontro , in una libreria bolognese , con il poeta Roberto Roversi , ti schiarì le idee : “Nel bel prato d’Italia c’è odore di bruciato . Un filo rosso lega tutte queste vicende . Attenzione : dentro ci siamo tutti , è il potere che offende “ . Quattro anni di lavoro , tre album : “ Il giorno aveva cinque teste “ (1973) , “ Anidride solforosa “ (1975) , “ Automobili “ ( disco del 1976 , “ Che narra le imprese compiute dal pilota d’automobili ,Tazio Nuvolari “ ) e un malinteso ,dovuto a “ divergenze artistiche” , commentati da te , con queste parole : “ Roversi mi ha insegnato cose non insegnabili , per osmosi ; tirandomi da lontano delle frecce con la cerbottana , mi ha fatto capire ciò che non avrei mai capito né a scuola né da solo né andando tre volte sul monte Sinai . Con lui , ho capito l’organizzazione del pensiero della canzone , il suo segno , il senso , la forza . A un certo punto , ci siamo divisi sul modo di lavorare : lui voleva che fossi rigoroso , che approfondissi le tematiche politico/ sociali e il linguaggio poetico ; io non ero d’accordo , perché penso che si debba privilegiare il contatto con il pubblico ! . Dopo Roversi non potevo immaginare di scrivere con qualcun altro e cominciai a scrivere da me i testi delle mie canzoni” . Così , intraprendesti il viaggio nella tua arte musicale da solo e , nel 1977 notasti : “Come è profondo il mare “, denunciando , attraverso concettose metafore , il potere e il suo losco proposito di imbrigliare il pensiero . Mentre gl’Italiani si fronteggiavano nelle strade , a colpi di bombe , nel 1979 , regalasti ai tuoi ascoltatori la tenera storia di “ Anna “ , “ Bello sguardo , sguardo che ogni giorno perde qualcosa” e “ Marco “ , “ Lupo di periferia “ ; la visionaria e apocalittica “Ultima luna “ ; la trascinante “Mari Luis” , la soft –rock “Stella di mare” , promettendo che nell’ “ Anno che verrà “ : “ Senza grandi disturbi qualcuno sparirà / saranno forse i troppo furbi e i cretini di ogni età “ . Nel 1980 , annunciasti ai musicofili che il muro divisorio delle coscienze sarebbe crollato grazie a un ‘ energia che gli sciocchi sentimentali chiamano : amore . Così , fischiasti alle orecchie degli uomini di buona volontà il motivo di “ Futura “ , canzone concepita come una sceneggiatura e , rivelasti : “L’ho scritta a Berlino . Non avevo mai visto il muro e mi feci portare da un taxi a Checkpoint Charlie , punto di passaggio tra Berlino est e Berlino ovest . Mi sedetti su una panchina e accesi una sigaretta . Poco dopo si fermò un taxi e ne discese Phil Collins , che si sedette sulla panchina accanto alla mia e anche lui si mise a fumare una sigaretta . Ebbi la tentazione di avvicinarmi per conoscerlo e per dirgli che ero un musicista come lui , ma non volli spezzare la magia di quell’istante . In quella mezz’ora composi il testo di “Futura” , la storia di due amanti , uno di Berlino est e l’altro di Berlino ovest , che progettano di fare una figlia che chiameranno , appunto , Futura “ . L’amore fu ancora protagonista delle canzoni : “Cara” , in cui un lui dice a una lei “ Come una farfalla ti sei alzata per scappare /ma ricorda che a quel muro ti avrei potuta inchiodare / se non fossi uscito fuori per provare anch’io a volare “ e , di “Balla balla ballerino” , in cui , uno spettatore , incita un danzatore a ballare “ Il mistero di questo mondo che brucia in fretta / quello che ieri era vero , dammi retta , non sarà vero domani…/ Balla, balla ballerino anche per quelli violenti , veloci di mano e con i coltelli / accidenti!/ se capissero , vedendoti ballare/ di esser morti da sempre/ anche se possono respirare / vola e balla sul cuore malato, illuso , sconfitto , poi abbandonato “ . Fino a che , ad affacciarsi all’orizzonte fu : “La sera dei miracoli “ , “Una sera tanto profonda che lo dice anche la radio …./ in mezzo a questo mare scuro cercherò di capire quale stella sei/ perché mi perderei se dovessi capire che stanotte non ci sei “ . Nel 1979 : in centomila a cantare negli stadi ,insieme con te e con Francesco De Gregori , la Repubblica delle banane e , a domandarsi “Ma come fanno i marinai ? / intorno al mondo senza amore come un pacco postale / senza nessuno che gli chiede come va ? “ . All’ apice della popolarità , nel 1982 , fosti citato con le tue canzoni nel film : “Borotalco” , di Carlo Verdone ; in quell’ occasione promuovesti il talento musicale de gli “Stadio” , gruppo di Gaetano Curreri che, nel giro di alcune settimane , scalò le vette delle classifiche con il brano “Grande figlio di puttana ” . Giusto il tempo di teorizzare : “Se io fossi un angelo” (1985) e la tua barca , andata in panne al largo della costiera sorrentina , ti condusse là , nella stanza d’albergo dove il tenore Enrico Caruso “ Sentì il dolore nella musica / si alzò dal pianoforte / ma quando vide la luna uscire da una nuvola gli sembrò più dolce anche la morte / Ma si è la vita che finisce ma lui non ci pensò poi tanto/ anzi si sentiva già felice e ricominciò il suo canto “ . Poi , nel 1988 pensasti che è bello condividere con gli amici l’emozione di una canzone e , con Gianni Morandi e Mario Lavezzi cantasti : “Vita, in te ci credo / le nebbie si diradano e oramai ti vedo / non è stato facile/ uscire da un passato che mi ha lavato l’anima/ fino quasi a renderla un po’ sdrucita” . Negli anni Novanta , ti aggirasti per le strade del pop orecchiabile , ammonendo di stare “Attenti al lupo “ e , con “Henna “ ( 1993) ti perdesti nei labirinti della poesia , sposando i versi della poetessa Alda Merini . Vecchi ( Ron) e giovani ( Samuele Bersani ) compagni d’avventura salirono sul vascello della tua creatività e ,nel 1996 ,affidasti a una “Canzone” , la vaga speranza di conquistare un amore stilnovista, ignaro : “Va’ per le strade tra la gente/ diglielo dolcemente/ non può restare indifferente / e se rimane indifferente non è lei “ . Nel 1999 , poi, salutasti con un “Ciao” una “Luna matana” , presaga di sventure : nel settembre 2001 ,infatti, un vento “Kamikaze” spirò furente sul pianeta e ci fu “ Un lampo lì proprio in mezzo al cielo / era blu cobalto liscio, liscio senza un pelo/ la città sotto era un presepe / la luce del tramonto / la scia di un aereo / facevano bello il mondo “ . Assiduo frequentatore del melodramma e dell’opera di Giacomo Puccini , nel 2003, portasti in scena , al Gran Teatro di Roma : “ Tosca –Amore disperato” . Sapevi che la gente ha bisogno di canzoni da cantare e da ascoltare e ti ostinavi a dargliele : “ La musica “ , ritenevi , “E’ un bisogno insopprimibile ; è fondamentale prendersi la responsabilità di quello che si fa , significa non sottrarsi al flusso di trasformazione delle cose. Ogni canzone , se non ha alcun senso di mistero e inquietudine , è un delitto come dare della candeggina nell’acqua da bere in un asilo . Diciamo che quello che faccio è cercare di dare il meglio : è l’unica arte che conosco” . Poi , a tradimento , il 1 marzo del 2012 , senza salutare nessuno, te ne sei andato via , dopo aver diretto al Festival di Sanremo ,con un colpo di bacchetta , la tua ultima canzone ; dopo aver cantato a Montreux il tuo congedo da questa vita. Qualcuno ha soffiato su una candela , spegnendo la luce ,per poi riaccenderla su una piazza gremita , stretta intorno alla tua anima ,ormai , imprendibile , raminga tra le nuvole . Chissà , se da lassù , accarezzi con lo sguardo la tua Italia esasperata , ridotta a un cumulo di macerie ? ; noi , quaggiù , attoniti e irrisolti , forse troppo fiduciosi e creduloni : “ “Aspettiamo che ritorni la luce / di sentire un voce / aspettiamo senza avere paura , domani ! “ .
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