1945-1970: Il film di un Italia perfetta

ROMA-1945, l’Italia è appena uscita da una terribile guerra. Sono gli anni dove una classe dirigente deve debellare

1945-1970: Il film di un Italia perfetta

ROMA-1945, l’Italia è appena uscita da una terribile guerra. Sono gli anni dove una classe dirigente deve debellare tutte le leggi del fascismo e trasportare l’Italia verso la repubblica. Anni bui. Il paese è ridotto ad un cumulo di macerie. La politica seppe unire le energie e rimboccarsi le maniche. Gli italiani uscivano dalla paura del fascismo, la riconquista della libertà era l’inizio di una nuova vita. Un popolo martoriato aveva davanti a se la speranza del futuro. Antonio Gramsci, Alcide De Gasperi, Palmiro Togliatti, politici che pur litigando, seppero portare il paese fuori dal tunnel. L’Italia era un paese di pietre a terra, in un giro di un ventennio divenne il paese dalle pietre al posto suo. L’Italia dopo la seconda guerra mondiale è stata ricostruita con le forze dell’italiano, dall’orgoglio italiano, dalla capacità inventiva dell’italiano, dalla costanza di non arrendersi dinanzi alle enormi difficoltà. Questa Italia è quella che è stata consegnata nelle mani delle future generazioni da illustri politici. Fino al 1970 l’Italia ha vissuto anni di benessere, dove tutto era concesso affinché la ricchezza del paese fosse al centro degli obiettivi di tutti. Una ricchezza costruita tassello dopo tassello, anno dopo anno, ma alla fine gli italiani erano possessori di case, di auto, di beni materiali e immateriali. Una tangibile ricchezza che ha concesso a noi nuove generazioni di poter continuare a camminare. Lo abbiamo fatto ma, qualcuno, dopo, ha frenato il nostro cammino. Dal 1970 una nuova classe dirigente ha portato il paese Italia verso un cammino lento verso una nuova dittatura. Il fascismo non c’entra più, ma lo schema iniziale del fascismo con nuove formule, sono identiche al percorso ideologico del fascismo, poiché oggi la repressione fiscale e la paura del sistema fiscale determinano paure nelle coscienze della popolazione. In sintesi chi gestisce il potere comanda e fa quello che vuole attraverso lo strumento delle leggi senza dar conto al popolo.
Secondo l’ideologia fascista, una nazione sarebbe una comunità che richiede dirigenza forte, identità collettiva e la volontà e capacità di esercitare la violenza per mantenersi vitale. Per l’ideologia fascista la cultura è creata dalla società nazionale collettiva, dando luogo a un rifiuto dell’individualismo; il fascismo nega inoltre l’autonomia di gruppi culturali o etnici che non sono considerati parte della nazione fascista e che rifiutano di essere assimilati: questo in tutte le realizzazioni storiche del fascismo è stato applicato nei confronti di minoranze etniche o religiose, in particolare quella. L’ideologia fascista sostiene l’idea di uno Stato a partito unico e vieta qualunque opposizione al partito stesso.
“Il Fascismo è una grande mobilitazione di forze materiali e morali. Che cosa si propone? Lo diciamo senza false modestie: governare la Nazione. Con quale programma? Col programma necessario ad assicurare la grandezza morale e materiale del popolo italiano. Parliamo schietto: Non importa se il nostro programma concreto, non è antitetico ed è piuttosto convergente con quello dei socialisti, per tutto ciò che riguarda la riorganizzazione tecnica, amministrativa e politica del nostro Paese. Noi agitiamo dei valori morali e tradizionali che il socialismo trascura o disprezza, ma soprattutto lo spirito fascista rifugge da tutto ciò che è ipoteca arbitraria sul misterioso futuro”. (Benito Mussolini, 19 agosto 1921 – Diario della Volontà)
Il giornalista, politico e antifascista Piero Gobetti nel 1922, riconduceva il fascismo alla tendenza all’autoritarismo tipica della cultura italiana, che a suo parere rifugge dal confronto delle idee e predilige invece la disciplina dello Stato forte:
« il fascismo è stato qualcosa di più; è stato l’autobiografia della nazione. Una nazione che crede alla collaborazione delle classi; che rinuncia per pigrizia alla lotta politica, è una nazione che vale poco».
Giovanni Gentile
Fra le innumerevoli interpretazioni successive del fascismo si riportano le seguenti di Lelio Basso (1961):
« Il fascismo è stato un fenomeno più complesso, in cui hanno confluito e si sono incontrate componenti diverse, ciascuna delle quali aveva naturalmente le sue radici nella precedente storia d’Italia per cui è assurdo parlare del fascismo come di una parentesi che bruscamente interrompe il corso della nostra storia, ma neppure si può affermare che esso sia semplicemente il logico punto d’approdo di questo corso precedente. Se il fascismo trova indubbiamente le sue origini nel nostro passato risorgimentale, se le componenti (…) sono venute maturando attraverso il tempo talché si può dire che costituiscano dei filoni ininterrotti tuttavia ciò che determinò il loro incontro in una sintesi nuova fu la guerra mondiale e la crisi del dopoguerra che, virulentando i germi preesistenti, fece esplodere in forma acuta quelle che erano state fin allora delle malattie croniche del nostro organismo. Ci sono quindi nel fascismo elementi di continuità ed elementi di novità e di rottura rispetto alla storia precedente: gli elementi di continuità sono appunto quelle malattie croniche, quegli squilibri tradizionali che in parte affondano le loro radici nei secoli passati e in parte sono un portato del processo risorgimentale, del modo cioè come l’Italia giunse a essere uno Stato unitario e moderno, mentre l’elemento di novità è la virulentazione sopravvenuta con la guerra e il dopoguerra che, mettendo in crisi i precari equilibri precedenti, fa scoppiare tutte le contraddizioni e precipita la situazione italiana fino al punto di rottura, determinando una sintesi nuova, un equilibrio nuovo, un fenomeno nuovo che appunto s’è chiamato fascismo.»
e quella recente (2002) dello storico Emilio Gentile:
« un fenomeno politico moderno nazionalista rivoluzionario antiliberale antimarxista organizzato in un partito milizia con una concezione totalitaria della politica e dello Stato con un’ideologia attivistica e antiteoretica, a fondamento mitico, virilistica e antiedonistica, sacralizzata come religione laica, che afferma il primato assoluto della nazione, intesa come comunità organica etnicamente omogenea, gerarchicamente organizzata in uno Stato corporativo, con una vocazione bellicosa alla politica di grandezza, di potenza e di conquista mirante alla creazione di un nuovo ordine e di una nuova civiltà».
Da ultimo, è importante sottolineare come il fascismo fu sempre considerato dai suoi aderenti un movimento rivoluzionario, trasgressivo e ribelle (emblematico in tal senso il motto «me ne frego») in radicale contrasto col liberalismo dell’Italia pre-fascista. Pur avendo all’inizio tutelato gli interessi della borghesia industriale, Mussolini respinse ogni ipotesi di collusione con essa. Emblematico di ciò fu il cosiddetto programma di socializzazione dell’economia, tentata durante l’ultimo periodo.
Questi tratti di storia del fascismo ci conducono verso la realtà di oggi. La situazione è ben differente. Come ho accennato all’inizio il fascismo non c’entra, ma il percorso politico successivo al fascismo ha ricostruito l’Italia, ma quello che ha preso le redini in mano quando gli storici politici del dopo fascismo sono scomparsi, hanno portato l’Italia ad una repressione basata su una democrazia falsata. Gli interessi del popolo, base dell’era politica del dopo guerra, vanno in contrasto con quelli di oggi. Oggi l’interesse del popolo passa in secondo piano. Benché diversi, le due strutture si somigliano, perché oggi il cittadino inizia ad avere paura dello stato come ai tempi del fascismo aveva paura di Benito Mussolini che rappresentava il potere. I padri nobili della costituzione riuscirono a mettere in un angolo le leggi del fascismo. Riuscirono a costruire i punti fondanti della repubblica, ma non riuscirono a scrive una costituzione che guardasse attentamente l’interesse totale del popolo, lasciando in mano alla politica sempre il potere decisionale. E vero, ci sono articoli che danno garanzia al popolo di modificare le leggi attraverso i referendum, ma i referendum sono diventati nel corso degli anni uno strumento innocuo, poiché la nuova classe dirigente il giorno dopo ha smantellato le risposte del popolo venute attraverso i referendum, con leggi apposte che smantellano in toto la decisione popolare. Non solo, il potere acquisto attraverso il voto, ha dato sempre mandato pieno ai politici di fare ciò che vogliono, a volte anche in violazione delle stesse leggi. Forti anche della mancata reazione che il popolo ha mai attuato contro i strapoteri politici. Anche perché l’unico strumento democratico sono i referendum, quindi possibilità alternative non ce ne sono mai state. Se nel dopoguerra esisteva la forza di reazione rappresentata dalla speranza del futuro migliore, oggi il popolo italiano è avvolto da una cappa poggiata sul capo che non gli lascia guardare il cielo blu. Quindi la speranza non c’è più. O forse la speranza è stata volutamente bloccata per impedire al popolo di poter togliere il potere dalle mani di chi ha fatto del parlamento un luogo accessibile solo a pochi intimi. Quando le classi dirigenti non si rinnovano, l’asse tra il popolo e lo stato segna un solco profondo. Quella voragine che si forma lentamente diventa insuperabile fino a condurre ad una separazione totale tra istituzioni democratiche e popolo elettore, portando dritti ad uno stato di regime simile a tutte le dittature ancora esistenti nel mondo. Chi ha paura di perdere il potere, diventa ostaggio del potere, e commette tutte le azioni possibili pur di mantenerlo.