Roma , quartiere Monte Sacro . 2 giugno 1981 . Alle 3:00 di notte , un ragazzo di trent’anni , media statura , corporatura macilenta , capelli e occhi neri , color carbone , esce , con fare disinvolto , dalla porta girevole di un locale . Lo segue , a breve distanza, un vivace gruppetto di adolescenti che , ridendo a squarciagola , lo acclama : “ Rino Gaetano sei grande ! “ . Il cantautore , in blue jeans e t-shirt , con le spalle ricurve e la testa bassa , intento ad aprire con le chiavi lo sportello della sua Volvo 343 grigio metallizzata , nemmeno si volta per rispondere al caloroso saluto , ma soddisfatto sorride tra sé e sé . Salito a bordo della vettura , la mette in moto e , alla svelta , imbocca la strada per raggiungere la sua abitazione in via Nomentana . L’aria è fresca : da ponente soffia un vento dolce e leggero che , flebilmente, annuncia l’arrivo dell’ estate . I pini , con le loro foglie aghiformi , slanciate verso il cielo , vegliano sui tetti della Capitale addormentata , in attesa del giorno che verrà . Il silenzio pervade ogni anfratto della Città Eterna , accarezza le sue vie , le sue piazze e , persino l’automobile sulla quale sta viaggiando il giovane Gaetano che , ribellandosi a esso , decide di interromperlo con la musica e con il rumore dei ricordi della sua breve esistenza . Quindi , inizia a fischiare il motivo di un ‘antica canzone calabrese che gli riporta alla mente le immagini dell’infanzia trascorsa a Crotone , dove nacque il 29 ottobre del 1950 . Seguono fotogrammi in cui , nitide, appaiono le figure della madre , del padre e della sorella maggiore , Anna . In un istante , la memoria ,da visiva , diventa uditiva : “Salvatorino , a mamma , non ti scoprire , che prendi freddo ! “ ; “Rino , Anna è più grande di te ! “ . Voci indistinte , che si rincorrono e si perdono nei vicoli e nelle abitazioni di un Meridione anni Cinquanta ,cattolico e contadino . Il ricordo , di colpo , si tramuta in emozione : dieci anni sono pochi per capire il sentimento della nostalgia , ma sono sufficienti per afferrare la bellezza del mondo , guardandola dal finestrino di un treno , stipato di emigranti che inseguono il miraggio di un lavoro . Dieci anni bastano per sentirsi “diversi” in una città che offre riscatto in cambio di solitudine , che vende speranze di benessere a prezzo del sacrificio più duro . Ecco : Roma , ecco gli anni Sessanta e il miracolo economico che si può toccare , scorgere nei parcheggi pieni di Seicento in fila , come formiche , l’una dietro l’altra o nei negozi di elettrodomestici presi d’assalto come fortini inespugnabili . Scorrono le diapositive in bianco e nero del collegio “Piccola opera del Sacro Cuore “ di Narni , in provincia di Terni e , mostrano un dodicenne , un quattordicenne e un diciottenne triste e ombroso , a volte preda di furibondi scoppi di allegria ed euforia , felice di comporre poemetti deliranti ( “E l’uomo volò” ) e d’impugnare il basso e la chitarra per suonare con il suo quartetto : i “ Krounks” , cover di Adriano Celentano , Fabrizio De Andrè , Bob Dylan e degli “ scarafaggi di Liverpool “ , meglio noti come Beatles . Riecheggiano ancora le parole del suo insegnante , padre Renato Simeoni : “ Salvatore , sei un ragazzo sognante , molto sognante , troppo sognante ! “ e quelle del padre : “ Rino , ora che ti sei diplomato ragioniere , trovati un bel posto in banca , eh? “ . Viva è la memoria della furente opposizione a un destino già scritto e della sensazione di sollievo provata dinanzi a un pubblico plaudente , disposto a elogiare stornelli e spettacoli teatrali al limite del paradosso ( “I poemetti “ di Vladimir Majakovskij , “ Aspettando Godot “ di Samuel Beckett , “ Pinocchio “ di Carmelo Bene ) , nella cornice del Folkstudio , locale –trincea , tempio della militanza politica esacerbata . Torna con il pensiero all’ esortazione degli amici cantautori ( Antonello Venditti e Francesco De Gregori) : “ Non ti arrendere , continua a cantare e a scrivere i tuoi nonsense ! “ , all’ iscrizione alla SIAE e al minaccioso ultimatum familiare : “Se entro un anno non sfondi nel campo della musica , vai a lavorare ! “ , all’ incisione del quarantacinque giri ,mai venduto , “Jacqueline “ / “ La ballata di Renzo “ (1972) e alla pubblicazione , un anno dopo , con la casa discografica “IT “ , del quarantacinque giri “I love you Maryanna / Jacqueline “ firmato , per timidezza , con lo pseudonimo “Kammamuri’s “, personaggio dei “ Pirati della Malesia “ , dello scrittore Emilio Salgari . La macchina s’inchioda al semaforo e Rino , sbirciando dallo specchietto retrovisivo , segue con lo sguardo un gatto che si rannicchia in un angolo per schivare l’attenzione dei passanti d’intorno : subito , la mente mette a fuoco la scena della registrazione , in sala, dell’ album d’esordio : “ Ingresso libero” ( 1974) . “No,non c’è niente da fare ! ; non voglio cantare : io non sono un cantate , sono un autore ! . Datemi retta ! , è meglio che vi presenti un amico , lui sì, che è adatto ! “ . In quella circostanza , riflette , si schermì inutilmente : le radio , quell’anno , trasmisero soltanto la sua voce roca , sporca , imprecisa che intonava i testi goliardici e sconclusionati di “ Tu , forse non essenzialmente tu e de “ I tuoi occhi sono pieni di sale “ . Stesso esito , nel 1975 , quando incise “Ma il cielo è sempre più blu “ ; allora , un critico musicale , in un ‘intervista radiofonica , azzardò un paragone ardito : “Rino Gaetano è il nuovo Enzo Jannacci ” . Rino rispose dalle pagine della rivista “Ciao 2001” : “ Jannacci è stato un maestro ; per me è un vero poeta , mi sento molto vicino a lui . Come autore e uomo di spettacolo è davvero geniale ! . E’ uno che sa divertirsi , prendere le cose per il verso giusto ed esprimere concetti interessanti . Prendi il brano : “Giovanni , il telegrafista “ , risulta patetico con estrema eleganza ! “ . Rino , però, con altrettanta sollecitudine , rifiutò l’etichetta di “cantautore spensierato “, di “guitto dissacratore” e affermò , con fierezza ,di ritenersi : “Un interprete del disagio , delle morti sul lavoro” , “Un solista dell’emarginazione” e , lo dimostrò con il secondo LP “ Mio fratello è figlio unico” , pubblicato nel 1976 , la cui uscita commentò , così : “Ho analizzato la situazione dell’escluso , dell’emarginato dalla società e ho concluso che , in fondo , siamo tutti figli unici ! . I rapporti di convivenza sono determinati dal dovere e non dal piacere d’incontrarsi e di collaborare umanamente “ . Ipnotico ,secondo gli ascoltatori, era il ritornello di “Berta filava “ , “Filava , filava , filava diritto e filava ,filava la lana e l’amianto del vestito del santo che andava sul rogo e mentre bruciava , urlava e piangeva e la gente diceva : “ An vedi che santo , vestito d’amianto “ . La scoperta di sonorità inusitate , la contaminazione di generi , la fusione del pop con il rock e con il reggae del giamaicano Bob Marley : tutto questo fu “Aida” , album del 1977 , inno all’Italia , donna bella , dalle molteplici facce , “ Che sfoglia le sue istantanee , i suoi tabù , le sue Madonne , i suoi Rosari e mille mari, la sua storia di marce e svastiche e federali , di battaglie e compromessi , di libertà e salari bassi , di Costituente e democrazia “ . L’ apparizione televisiva nella “Domenica in “di Corrado , con indosso una muta da sub e , gli spalancò le porte della ventottesima edizione del Festival nazionalpopolare : Sanremo che , trasmesso a colori, il 26 gennaio del 1978 , fece scoprire agli abitanti del Belpaese , un curioso menestrello in frac attillato , maglietta a righe bianche e rosse , papillon bianco , cilindro nero e scarpe da tennis . L’atipico personaggio cantava di una certa “Gianna” , accompagnandosi con una piccola chitarra hawaiana . All’indomani di quella strampalata esibizione , Rino diventò per tutti : “ Quello di Gianna” e il successo fu talmente clamoroso , da esigere un ‘immediata conferma con l’album “E cantava le canzoni” , trainato dal tormentone , censurato , “ Nuntereggae più” , critica efferata ai luoghi comuni e ai miti dell’Italiano medio. Poi , vennero l’incapacità di gestire la popolarità , la crisi compositiva , un album , il quinto, deludente : “Resta vile maschio , dove vai ? “ , ideato a quattro mani con Mogol ; il Festivalbar , il Disco per l’estate e , la protesta contro l’esibizione in playback dei cantanti ; l’acquisto di una casa a Mentana , fuori Roma e una promessa di matrimonio alla fidanzata , Amelia . “C’è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio ! ; io non lo temo , non ci riuscirà ! . Sento che le mie canzoni saranno cantate dalle generazioni future che , grazie alla comunicazione di massa , capiranno e apriranno gli occhi , anziché averli pieni di sale ! “ , sentenziò una sera , dalla spiaggia di Capo Cotta , al ritorno da una tournèe messicana . Con caparbia determinazione , prese le distanze dai suoi colleghi cantautori , alle prese con amori melodrammatici e adagi strappalacrime : “Bisogna partire dal presupposto che io , come altri artisti della mia generazione , faccio musica leggera . Ma questo non impedisce che possiamo dire cose che leggere non sono . Io parlo anche d’amore , ma evito di raccontare situazioni del tipo : lei mi lascia , va dall’altro , si pente e torna da me . Anche nel linguaggio cerco di essere realista . Cioè , parlando d’amore , evito di usare le solite parole leziose e inutili . L’amore è simile all’ oppio , regala uno stato di benessere e una condizione di serenità in cui è impossibile distinguere il reale dall’ immaginario “ . Così , nel sesto album : “ E io ci sto “ (1980) , affrontò i temi dell’ impegno civile , in tono serio e a ritmo di rock , ritmo che , su iniziativa della casa discografica RCA , portò in giro , in promozione, nei teatri della Penisola ,esibendosi con il collega Riccardo Cocciante e la band emergente : i “New Perigeo” . Rino ha ancora nelle orecchie la musica suonata durante quell’ultimo tour , quando , arrivato all’incrocio con viale Ventuno Aprile , si accascia sul volante della Volvo che ,sbandando, invade la corsia opposta : alle 3:55 , un camion lo travolge. La testa picchia con violenza contro il vetro della sua automobile , riducendolo in tante schegge aguzze : svaniscono i ricordi , le note , gli accordi , gli estremi frammenti di una vita d’artista . Lontani , profetici risuonano i versi di una canzone giovanile (“La ballata di Renzo “ ) : “ La strada era buia , s’andò al S. Camillo e lì non l’accettarono forse per l’orario , si pregò tutti i santi , ma si andò al S. Giovanni e lì non lo vollero per lo sciopero “ .Con una frattura al cranio giunge in coma al pronto soccorso del Policlinico , ma lì il reparto di traumatologia cranica non esiste : il medico di turno effettua una serie di telefonate agli ospedali della città per trovare un posto disponibile , un posto che non c’è . Ormai è l’alba : alle 6:00 , Rino muore . Il 4 giugno , il suo funerale viene celebrato nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù , la stessa in cui si sarebbe dovuto sposare qualche settimana più tardi . Nel corso della funzione , un fan lo commemora , dedicandogli la frase di un suo brano : “Ciao , Rino ! ; ti ringrazio di mille illusioni con le tue canzoni “ , mentre un autorevole critico dice di lui : “ Breve la vita del cantautore solitario e tormentato , ma intensa per la creatività delle sue composizioni , tra paradosso e sarcasmo : un artista esilarante e satirico , arguto e irriverente , dotato di una vena musicale trascinante , poco frequente nel panorama della canzone italiana . Con la sua indifferenza verso la moda e le tendenze , con la sua formazione culturale e artistica da autodidatta , con la sua visione della società così personale , ha dimostrato di essere un innovatore senza bisogno di maestri ; un ribelle , un rivoluzionario , un anarchico , in quanto appartenente ad alcuna corrente o ad alcun movimento “ . Oggi , vogliamo omaggiarne l’estro , il coraggio e lo spirito indomito di genio sregolato , con dei versi sulla rivoluzione del poeta , da lui amato , Vladimir Majakovskij : “ Il carro degli anni è lento / il nostro dio è la corsa ./ Il cuore è il nostro tamburo . / Che c’è di più celeste del nostro oro ? / Ci pungerà la vespa d’un proiettile / Nostre armi sono le nostre canzoni ./ Nostro oro le voci squillanti ./ Prato ,distenditi verde ,/ copri il fondo dei giorni ./ Arcobaleno da’ un arco / ai cavalli veloci degli anni . / Vedete , il cielo s’annoia delle stelle ! / Senza di lui intrecciamo i nostri canti ./ Ehi , Orsa Maggiore , esigi che ci assumano in cielo da vivi ! . / Bevi le gioie ! Canta ! / Nelle vene la primavera è diffusa ./ Cuore , batti la battaglia ! / Il nostro petto è rame di timballi “ .
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