ROMA-Poi dicono che si deve condannare, giusto, ma qui c’è chi non ce la fa più e preferisce essere condannato pur di veder riconosciuti i diritti di vivere in un paese dove lo stato sa fare lo stato e il cittadino il cittadino. Non si può certamente addossare solo le colpe sugli altri, i politici hanno il dovere di recitare il loro mea culpa per come hanno gestito la nazione negli ultimi 30 anni.
Non è certamente normale che un cittadino deve iniziare l’anno sapendo che deve lavorare fino al dieci luglio esclusivamente per lo stato, e la restante parte per lui. Infatti Aumentano i giorni lavorativi che gli italiani devono destinare alle tasse prima di mettersi in tasca i proventi delle proprie attività. Secondo uno studio condotto dalla Fondazione per le riforme europee e dall’Istituto economico Molinari, per finire di pagare tutte le imposte un cittadino deve lavorare fino al 10 di luglio, sette giorni in più di quanto avvenuto nel 2012. l’Italia ha scalato un posto nella classifica dei Paesi dove bisogna lavorare più a lungo prima di finire di pagare tutte le tasse. Italia seconda in Ue per carico fiscale sul lavoro – La pressione fiscale sul lavoro in Italia nel 2011 è stata del 42,3%, in leggero calo rispetto al 2010 (42,7%). Il dato, reso noto nel rapporto Eurostat sull’evoluzione della fiscalità in Europa nel 2011, pone il nostro paese al secondo posto tra i 27 superato solo dal Belgio (42,8%) con cui condivideva il primato nell’anno precedente. Tra i grandi paesi europei, il carico totale di imposte sul lavoro dipendente in Francia è al 38,6%, in Germania al 37,1%, in Spagna al 33,2%, nel Regno Unito al 26,0%. Nel 2011 è aumentata la pressione fiscale nei 27 paesi Ue, arrivando al 38,8% del Pil (38,3% nel 2010). Ancora più alta la media nell’Eurozona: 39,5% (39,0% nel 2010). L’Italia, con il 42,5% (stabile rispetto al 2010) è sesta per carico fiscale dopo Danimarca (47,7%), Svezia (44,3%), Belgio (44,1%), Francia (43,9) e Finlandia (43,4%) con un leggero calo del tasso di imposizione implicita sul lavoro (al 42,3% mentre era al 42,7% nel 2010) ed un aumento di quella sul capitale (33,6% rispetto a 33%).
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