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Il reddito di cittadinanza non ha colpe, è la schiavitù lavorativa il male

Il reddito di cittadinanza può piacere e non piacere, ma è stato uno strumento che ha dato un po’ di ossigeno a chi la mattina non sapeva come mettere un piatto sulla tavola. Errori ci sono, ma non è la causa del male del lavoro, il male del lavoro è la schiavitù a cui hanno costretto i lavoratori.
L’importo è tanto più elevato quanto più sono i componenti del nucleo familiare e quanto più è basso il reddito familiare. Ma c’è un limite: esiste un importo massimo, infatti, oltre il quale lo Stato non va, indipendentemente dalla situazione in cui si trova il nucleo familiare. Ogni persona sola è riconosciuta un’integrazione fino al raggiungimento dei 6.000,00€ annui. Nel caso in cui questa abbia un reddito pari a zero, dunque, avrà diritto all’integrazione piena pari a 500,00€ mensili. Il massimo erogabile è pari a 12.600,00€ – 1.050,00€ mensili – per il nucleo familiare molto numeroso, mentre si sale a 13.200,00€ annui – 1.100,00€ mensili – qualora ci sia almeno un componente con grave disabilità.
Questi numeri hanno consentito a molte famiglie senza lavoro di sopravvivere. Oggi si parla molto di mancanza di manodopera in alcuni settori stagionali, e la colpa viene data proprio al reddito di cittadinanza. Storture ci sono, ma va anche detto che l’Italia è un paese con il vizio dell’imbroglio. Infatti numerosi indagini hanno portato alla luce situazioni dove, in alcuni casi, il reddito non era dovuto. Detto questo, la mancanza di manodopera non può essere attribuita a una misura che non mette pochi soldi liquidi in tasca, ma da invece solo la possibilità di fare acquisti.
Il fatto che non si trova manodopera, la colpa, invece, deve essere scaricata sulle istituzioni che hanno regolato il mondo del lavoro. Oltretutto, lo stato centrale, poiché il fabbisogno dello stato cresce sempre, ha portato la tassazione ad un punto non più sostenibile sia per le famiglie sia per le imprese. Nel caso del mondo dell’imprenditoria, le troppe tasse spesso sono l’architrave che cade sulla testa del mondo del lavoro. È chiaro che l’imprenditore deve far quadrare i conti, e alla fine sembra che il risparmio cade proprio su chi lavora.
Questo è il primo nodo. L’altro è che i lavoratori stagionali spesso sono sottopagati e lavorano più ore del dovuto. Ci sono giovani che lavorano nei bar, nelle pizzerie, nei ristoranti, sui lidi, alberghi, e tutte quelle strutture del mondo del turismo, che percepiscono, in molti casi, dai 25-30 euro al giorno, una paga da fame per chi, spesso, lavora anche 12 ore al giorno. Di casi di questo tipo ce ne sono a iosa in giro. Quindi non bisogna dare la colpa al reddito di cittadinanza, bensì diamo la colpa ha chi ha regolato le leggi sul lavoro e lo ha reso una schiavitù moderna. Inoltre, una tassazione al 20%, renderebbe dignitoso anche il mondo del lavoro, ormai afflitto, da quando siamo entrati in Europa, a retribuzioni da fame.

Redazione

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