“Federico Fellini : un visionario realista”In evidenza
“Un artigiano che non ha niente da dire , ma sa come dirlo “ : Federico Fellini , si definiva così . Riminese , classe 1920 ; un figlio della piccola borghesia : la madre , casalinga romana del quartiere Esquilino ; il padre ,romagnolo Doc , rappresentane di dolciumi e liquori .

“Un artigiano che non ha niente da dire , ma sa come dirlo “ : Federico Fellini , si definiva così . Riminese , classe 1920 ; un figlio della piccola borghesia : la madre , casalinga romana del quartiere Esquilino ; il padre ,romagnolo Doc , rappresentane di dolciumi e liquori . Adolescente fantasioso e inquieto , trascorse gli anni del liceo tra le versioni di greco e di latino e i disegni , realizzando caricature con soggetti pressoché scontati : i suoi professori e i suoi compagni di classe . Instancabile lettore di fumetti ( “Little Nemo “ del disegnatore statunitense Winsor McCay , era il suo preferito) , a sedici anni scoprì il cinema . Tra il 1937 e il 1939 , non ancora terminati gli studi liceali , collaborò come vignettista satirico con varie riviste nazionali da : “ La Domenica del Corriere “ al settimanale politico-satirico “ Il 420 “ . Nel 1939 , conseguita la maturità classica, si trasferì a Roma , intenzionato a frequentare l’università . In verità , Fellini aveva subito il fascino della carta stampata e avrebbe voluto, a tutti i costi ,diventare un giornalista : per questo motivo non sostenne nemmeno uno degli esami della facoltà di giurisprudenza a cui si era iscritto e anche in territorio Capitolino , mise in luce presso alcuni giornali le sue qualità di caricaturista e umorista. Negli anni quaranta , riuscì ad introdursi negli ambienti di Cinecittà , scrivendo gag e copioni per Erminio Macario, noto attore –caratterista e per il mattatore romano Aldo Fabrizi . Presto, però l’EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche) lo scritturò come autore. Tra il 1942 e il 1943 , scrisse per il varietà radiofonico “Il Terziglio”, ventiquattro radio- scene dal titolo : “ Cico e Pallina” , due sposini dall’animo puro e semplice . Prestò la sua voce alla sposina : Giulietta Masina , un ‘affermata interprete di riviste . Fellini conobbe , così, la sua futura moglie e musa ispiratrice di pellicole tra le più liriche e immaginifiche . Al matrimonio , celebrato il 30 ottobre del 1943 , seguì la nascita del figlio Pier Federico detto : “ Federichino” che morì dopo soli trentadue giorni di vita. Il dolore per la morte del figlioletto , venne mitigata da una serie di incontri artistici fortunati : dapprima lo scambio creativo con lo scrittore teatrale Tullio Pinelli che nel giro di pochi anni lo avrebbe condotto dalla sceneggiatura alla regia cinematografica e poi, nel 1945 , quello con il regista Roberto Rossellini . Con Rossellini , ideò alcune scene di “Paisà “ e di “Roma città aperta” : i primi film neorealisti del cinema italiano. In realtà “Paisà” rappresentò per il riminese , l’ esordio dietro la macchina da presa (girò sul Po scene di raccordo ). La fine degli anni quaranta fu scandita da co-sceneggiature di film : lavorò di nuovo con Pinelli e soprattutto con i registi e sceneggiatori Pietro Germi ( “ In nome della legge “, “Il cammino della speranza “, “La città si difende “) e Alberto Lattuada ( “Il mulino del Po , “Senza pietà “, “ Il delitto di Giovanni Episcopo “ ). Nel 1950 , Fellini firmò la regia e la sceneggiatura , insieme ad Alberto Lattuada del suo primo film : “Le luci del varietà” , uno spietato affresco dell’avanspettacolo . Ma la svolta decisiva come regista , avvenne soltanto con : “Lo sceicco bianco “ (1952 ) che determinò altre imperiture cooperazioni : quella per le musiche , con Nino Rota e quella per la sceneggiatura , con lo scrittore Ennio Flaiano co-autore del soggetto insieme a Michelangelo Antonioni. Per Fellini , personalità timida dall’ eloquio flebile e pacato , giunse il momento di sperimentare un genere cinematografico innovativo , diverso dal verismo di denuncia post bellico : un realismo magico , onirico , con venature di malinconico umorismo. Il 26 agosto del 1953 , quindi, irruppero sullo schermo della Mostra del cinema di Venezia : “I Vitelloni “ , film in cui per la prima volta fu adoperata la suddivisione in blocchi narrativi , volgarmente detti “episodi”. Sullo sfondo della recente industrializzazione italiana , sfilano i ricordi di provincia di un gruppo di amici che valsero l’assegnazione al regista , da parte della giuria della Mostra, del Leone d’argento. Nel 1954 , frutto delle affinità elettive tra il drammaturgo Pinelli e Fellini fu il film : “ La strada “ , cui seguirono altre due pellicole dedicate al tema dell’emarginazione e all’universo del circo e dei suoi artisti vagabondi ( “Il bidone “ del 1955 e “Le notti di Cabiria” del 1957 ) . Protagonisti furono : Giulietta Masina , “Un clown naturale “ che emozionò e commosse il pubblico con la sua Gelsomina e il cattivo di Hollywood Anthony Quinn , nei panni del rude quanto umanissimo Zampanò . L’innocenza e l’ingenuo candore sembrano soccombere di fronte alle leggi spietate “della Strada” , invece ammorbidiscono gli animi più refrattari , induriti dalla solitudine e dall’egoismo indifferente . Nel 1957, l’Accademy Awards decise di attribuire al film l ‘Oscar , istituendo per l’occasione una categoria di premi : quella per il miglior film straniero ; fu il primo Oscar vinto da Fellini , cui ne sarebbe seguito un secondo per : “Le notti di Cabiria “ Gli anni sessanta furono gli anni della “Dolce vita” (1962) , di una decadenza morale contro-altare del benessere economico che fece conquistare all’ormai acclamato“Maestro “, la Palma d’oro al Festival di Cannes. Furono gli anni di Marcello Mastroianni , suo alter-ego cinematografico ; di “Ottoemezzo “ (1963) , pellicola sulle amnesie di un regista riguardo all’idea del suo stesso film, con cui si aggiudicò il terzo premio Oscar . Furono gli anni di “Boccaccio 70” con le sue” Tentazioni del Dottor Antonio “ in cui fece la sua comparsa il colore , subentrato al bianco e nero di tanti lungometraggi ; di “Giulietta degli spiriti “ (1965) , esperienza di esoterismo misto a delirio indotto dall’uso di stupefacenti ( fin dal 1950 Fellini soffrì di depressione , malattia che lo costrinse a sottoporsi a svariate terapie tra cui quella a base di LSD) e di “ Fellini Satirycon (1969). Il decennio settanta , fu caratterizzato dall’indagine sulla memoria : “ I clown “ ( film per la Tv del 1970 ) , “Roma ( 1972) e “ Amarcord “ ( in dialetto romagnolo : “io mi ricordo “ del 1973 ) suo quarto Oscar , ritratto trasognato della provincia romagnola e dei suoi abitanti delineato con la supervisione del poeta e scrittore Tonino Guerra . L’ultimo decennio artistico di Fellini ( 1980-1990 ) ,fu segnato da film poetici come : “E la nave va “ (1983) , “ Ginger e Fred “(1985) e “La voce della luna” (1990) tratto dal “Poema dei lunatici” di Ermanno Cavazzoni, in cui un giovane Roberto Benigni recitò al fianco di un Paolo Villaggio d’autore. Poi spot pubblicitari e nel 1993 l’ ultimo Oscar ,tributo alla sua carriera . Un ictus sopraggiunto il 31 ottobre di quell’anno , lo allontanò da Roma , da Rimini e dall’inseparabile compagna di un ‘esistenza intera la quale, però caparbiamente lo raggiunse cinque mesi dopo. Un uomo dalla così fanciullesca e delirante creatività , non lo si può immaginare che avvolto in un cappotto grigio , con il cappello e la sciarpa rossa di sempre mentre , tra le nuvole soffici di latte ,se ne va ripetendo agli astanti che “Il visionario è l’unico realista .”