Ottobre 1963. Napoli : Via Antesaecula , quartiere Sanità. Un pomeriggio d’autunno sbiadito e brumoso. Una macchina con i vetri scuri fa la sua comparsa nel rione e costeggia, lenta e discreta , le abitazioni prospicienti , fino a che si ferma di botto. Dallo sportello del guidatore esce un uomo in divisa : un poliziotto che, in maniera goffa e concitata , si reca verso la portiera posteriore per aprirla ; da quest’ultima , scivola fuori , prima un sacerdote in abito talare e , poi, a fatica , un omino anziano infagottato in un cappotto grigio da cui svetta il colletto bianco di una camicia , rinserrato dal nodo di una sobria e scura cravatta di seta . L’omino dai capelli radi ,impomatati con della brillantina e dagli occhi spenti , nascosti sotto un paio di lenti nere, percorre, con un passo incerto ed affannoso, il marciapiede , afferrando con la mano il braccio del servizievole curato per sorreggervisi, agitando il dito anulare ornato da un vistoso anello nobiliare . Arrivati di fronte al portone di un palazzo fatiscente , l’anziano , fiaccato dagli anni, sembra ritrovare lo slancio della giovinezza perduta , staccandosi dal sacerdote- accampagnatore per varcarne la soglia . Il taciturno vecchietto, tutto chiuso nei suoi pensieri, senza indugiare, onora quel tempio consacrato alla sua infanzia, pronunciando sottovoce alcuni versi : ” Casa mia/ stammo purtanno ‘o llutto tutte ‘duje /’ncore tenimmo ‘na malincunia /comm’ ‘a ‘na brutta freva ca ce struje / e lentamente ‘nce farrà murì ” . L’ uomo, in vena di nostalgie e di ” lacrime napoletane “, è : il Principe Antonio Maria Giuseppe Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, ovvero , Totò . Il pio religioso, raggiuntolo alle spalle e, trovato il coraggio , gli domanda : ” Principe , perchè non riscatta la casa dov’è nato? ” e questi , gli risponde “E per farne che ? , il museo di Totò ? . A chi interesserebbe il museo di Totò ?. Basta voltare la manopola del televisore per ammirare il rudere che sono ora, io , allo stato naturale ” . Poi,” il Principe della risata ” fermo , fisso davanti ad una porta spalancata sul cortile di quell’angusta magione , si richiude in un cupo mutismo e , in un impeto di malinconia ,tanto diverso dagli slanci di geniale umorismo cui dà vita sugli schermi il suo alter-ego “: il Pazzariello “, Totò , ricorda , proprio lì , dove tutto ha avuto inizio, la sua vita; la nascita , avvenuta il 15 Febbraio del 1898 – ” Sono nato bellissimo , il più bello del rione Sanità , tutto ricci e boccoli dorati . Le amiche di mamma andavano pazze di me ” . E ancora , rievoca i sogni, le speranze dell’infanzia ( ” da grande” sarebbe diventato un funzionario di Polizia ) , le lunghe assenze del blasonato padre, il denaro offertogli come obolo per risarcirlo dei suoi prolungati abbandoni e, l’adolescenza, segnata dall’incontro folgorante con il palcoscenico : l’esordio, nel 1917, in un piccolo e sporco teatro napoletano, l’affollatissimo Orfeo, dalle cui tavole prendeva in giro noti personaggi cittadini , tra una canzonetta e l’altra. A questa esperienza seguiva, nel 1930 , l’istituzione presso il Teatro Nuovo, di una compagnia di rivista e di varietà ,” la compagnia Molinari” e la messa in scena di successi quali : ” Disse una volta” il mondo” , “Orlando curioso” , ” Che ti sei messo in testa e, il celebrato dalla critica come ” Classsico della comicità ” , ” Bada che ti mangio ” finanziato dall’ impresario napoletano ( milanesizzato) , Remigio Paone . In quegli anni , forgiava la sua maschera : Il suo Pulcinella , l’ Arlecchino del Novecento si presentava al pubblico con la bombetta nera , gli occhi roteanti, il naso storto, il mento sbilenco e appuntito , il lungo tight , il papillon , i pantaloni sopra le caviglie , le calze e il panciotto gialli . Anni di ” passerelle” , stile “processione”, ” Can Can ” o ” alla bersagliera ” ; di macchiette esilaranti, di battute istintive che sposavano una mimica inimitabile e una fisicità snodabile da” pupazzo tira e molla” , da ” super marionetta vivente” . Ma nel 1937 , con la pellicola : ” Fermi con le mani ” del regista Gero Zambuto , il cinema si accorgeva di lui, stringendo un sodalizio siglato dagli incassi e dalle amarezze di critiche stupidamente snob e spietatamente distruttive. Nei due decenni , 1940-1950 e 1950-1960, scorrevano fiumi di celluloide : da ” Totò al giro d’Italia ( 1948 del regista Mario Mattoli ) a ” L’imperatore di Capri ( 1950 del regista Luigi Comencini) ; da ” 47 morto che parla ” (1950 di Carlo Ludovico Bragaglia ) a ” Guardia e ladri ” (1951 dei registi Steno e Mario Monicelli ) ; da “Totò e Carolina ” ( 1953 di Mario Monicelli ) a ” L’oro di Napoli ” (1954 del regista Vittorio de Sica ) ; da ” La banda degli onesti ” ( 1956 di Camillo Mastrocinque ) a ” I soliti ignoti ” (1958 del regista Mario Monicelli ) ; da ” I tartassati ” (1959 di Steno) a ” Totò , Fabrizi e i giovani d’oggi ( 1960 del regista Mario Mattoli ) ; da ” Totò , Peppino e la dolce vita ” ( 1961 di Sergio Corbucci ) a ” I due colonnelli ” (1962 del regista Steno ) ; da ” Gli onorevoli ” ( 1963 di Sergio Corbucci) a ” Il comandante ” ( 1963 del regista Paolo Heusch) . Intese artistiche, duetti capo-comico e spalla , sintonie pubbliche e private , amicizie : quelle con gli attori napoletani Peppino de Filippo e Nino Taranto e con l’attore romano Aldo Fabrizi . L’affetto delle platee e dei cinefili , ma anche tanta infelicità . ” Principe” , lo interroga il sacerdote , distogliendolo dal suo viaggio introspettivo nella memoria : ” E’ contento, lei, oggi ? .- Risposta : ” Io ? , no . – Sacerdote : ” Perchè ?” . – Risposta : ” Perchè ognuno ha la sua croce . Anch’io avrò qualche croce . Croci interne , croci che tengo nascoste, che la gente non sa . Ma tutti le abbiamo. La felicità non esiste , non esiste in nessun modo . – Sacerdote : ” Lei pensa spesso a queste cose , Principe ? . – Risposta ” Sempre . Io sono un pensatore . Penso la notte , il giorno , sempre. E penso che la gente non sa , vede l’attore superficialmente ; non sa quello che sta dietro l’attore” . Pensa il Principe, quando non recita Totò e, scrive : versi, poesie , inni dedicati all’ esistenza , alla morte , all’amore, al dolore per l’imperfezione e per l’incompiutezza degli esseri umani . Canta , con voce commossa ,ma ferma , dolci e struggenti melodie alla sua sirena ,maliarda ” Malafemmina ” , Partenope e ai suoi abitanti. Il titolato , fine dicitore così compone : “Zuoccole ( zoccoli) ,tammorre ( tamburi) e femmene , è ‘o core ‘e Napule ca vo’ cantà . Napule ,tu si’ adorabile , siente stu core che te vo’ di’ : Zuoccole, tammorre e femmene , chi è nato a Napole nce vo’ murì ” .
” Ammore perduto , i’ t’ ero truvato , nun aggio saputo tenerte cu mme. Ammore perduto , mm’ha ditto stu core ca tarde ha saputo tu ch’ire pe me ” .
” Felicità ! . Vurria sapè ched’è chesta parola , vurria sapè che vvò significà . Sarrà gnuranza ‘ a mia , mancanza ‘e scola , ma chi ll’ ha ntiso maje annummenà” . “Principe ” , riprende il sacerdote : ” Permetta , lei non si concede mai un momento , diciamo così , di leggerezza , di riposo intellettuale ? . Suvvia , lei ha pur sempre costruito una particolare storia sua, personale !; una sua mimica , una sua interpretazione che lascerà agli altri ! ” . – Risposta : ” Io no, non lascio niente , come non lascia niente nessun attore . Noi vendiamo delle chiacchere. Un falegname vale più di me ; il falegname lascia una sedia che può vivere nei secoli . Io lascio delle parole di cui , dopo una gererazione , nessuno si ricorderà più . Diranno : ma chi è quello ? . Ah , così . Qualche volta , nominando la Duse , sì , qualche volta parleranno di noi . Ma fra cento anni chi li conosce più questi attori ?. Cosa , cosa lasciamo noi? Niente .” Dopo pochi secondi , il Principe de Curtis indietreggia; ghermisce di nuovo il braccio del suo confessore sgomento , vi si appoggia : i due si allontanano senza dire più nulla. Per Totò questo, fu un addio ancor più duro da accettare di quello dato alle scene , poichè anticipò il suo congedo definitivo dal mondo ( 15 Aprile 1967) e dai molteplici colori di un ‘Italia , che dal Nord al Sud ,passando per il Centro : ” Oggi, ( per dirla alla maniera del regista Mario Soldati) , “continua a ridere delle sue prodezze di acrobata indiavolato della parola ; prodezze con le quali esorcizzava la paura della morte e distruggeva le ipocrisie sociali e politiche” . Per questo ci manca tanto.
Bonus clamoroso per gli hotel, che ti consentirà di andare in vacanza e di ricevere…
La Conad ha ritirato un prodotto dal mercato con all'interno un vero e proprio rischio…
Il ciclo vizioso dell'auto, un sistema che costringe a indebitarti: L'ipocrisia della "transizione ecologica" e…
L'abitudine a restare a casa, diffusa soprattutto tra i giovani nel dopo pandemia, nasconde un…
Gli italiani sono diventati degli ospiti. Le case che prima appartenevano a loro, sono state…
Se ne parla da decenni ma non è mai stato fatto. Ora si farà ma…