Le etichette che ingannano il consumatore
ROMA- Spesso per decifrare un’etichetta su un prodotto, specialmente quelli alimentari, è alquanto difficile. Nonostante le normative imposte dai regolamenti di legge, i codici in numero sono ancora una stortura della veridicità del prodotto.

ROMA- Spesso per decifrare un’etichetta su un prodotto, specialmente quelli alimentari, è alquanto difficile. Nonostante le normative imposte dai regolamenti di legge, i codici in numero sono ancora una stortura della veridicità del prodotto. Anche perché per un consumatore, attraverso i numeri, nel momento dell’acquisto, è del tutto impossibile sapere dove un prodotto è coltivato o allevato.
Le normative ci sono ma spesso vengono applicate in maniera distorta. L’etichettatura serve per indicare al consumatore le preparazioni e vendite di prodotti alimentari deperibili, nelle quali la tracciabilità si estrinseca in maniera diversa, caso per caso, ma comunque ha per obiettivo la segnalazione sull’etichetta finale di confezionamento, della provenienza della materia prima principale. Le informazioni sono generalmente in codice, tuttavia si sta diffondendo la prassi di scrivere in chiaro, almeno il luogo dello stabilimento di produzione (spesso diverso dalla sede legale del marchio). Per i tagli di carni bovine venduti sfusi al dettaglio esiste un sistema di etichettatura di rintracciabilità (regolamento CE n. 1760/2000), per cui devono essere riportate obbligatoriamente anche le seguenti informazioni aggiuntive: codice di riferimento che rappresenta il nesso tra il taglio di carne al banco e l’animale o il gruppo di animali macellato, paese di nascita,paese o paesi di ingrasso,paese di macellazione e numero di riconoscimento dello stabilimento di macellazione,paese di selezionamento delle carni e numero di riconoscimento del laboratorio.
Questo però non vale per tutti gli alimenti, infatti per la frutta spesso i codici indicati sulle confezioni non indicano nello specifico il luogo di coltivazione del prodotto. Si specifica solamente a chiare lettere la nazione di produzione, ma non è specificato nel chiaro la regione e il comune dove sono prodotti.
I processi di identificazione dei prodotto sono ben diversi tra di loro, c’è la Tracciabilità: con questa azione si intende quel processo volto a tenere traccia di tutti gli elementi in ingresso che vanno a creare, modificare o trasformare un prodotto, sia alimentare, chimico, industriale o logistico. Rintracciabilità: per rintracciabilità si intende il processo che torna indietro nella catena di produzione di un prodotto, al fine di ricercare un preciso evento o un’azione. I due processi (di tracciabilità e rintracciabilità) seguono entrambi la logica di una raccolta ordinata di informazioni durante precisi iter o processi che portano alla realizzazione del prodotto (che sia parziale o finito) e consentono di verificare ed identificare anche a ritroso ogni singola azione svolta.
Per concludere, al consumatore non interessano i numeri, ma interessa sapere dove viene prodotto all’origine un prodotto, possa essere esso agricolo o di allevamento, ma anche di produzione industriale, specificando correttamente la provenienza della materia prima. Questo purtroppo sulle etichette spesso o quasi spesso, non esiste. Quindi sarebbe opportuno specificare in maniera corretta la natura del prodotto partendo dalla nascita, anche perché il consumatore è convinto di acquistare un prodotto di un determinato luogo invece esso proviene da altri posti che, spesso, sono anche esteri e nessuno lo sa.