Le mafie straniere lavorano in subappalto con le mafie italiane

La malavita si è organizzata, ha quasi riposto le armi per diventare molto più imprenditoriale. Un nuovo sistema mafioso che sfrutta moltissimo le mafie straniere presenti su tutto il territorio nazionale, tra le più imponenti quella nigeriana e albanese.

Le mafie straniere lavorano in subappalto con le mafie italiane

La malavita si è organizzata, ha quasi riposto le armi per diventare molto più imprenditoriale. Un nuovo sistema mafioso che sfrutta moltissimo le mafie straniere presenti su tutto il territorio nazionale, tra le più imponenti quella nigeriana e albanese.
Globalizzazione, tecnologie e accentuata mobilità intercontinentale sono state abilmente sfruttate pure dalla criminalità organizzata, che vi ha rintracciato opportunità nuove per incrementare, con i traffici illeciti, i connessi, ingenti introiti e l’infiltrazione in settori dell’economia legale. È quanto rivela il rapporto annuale presentato alla camera dal DIS.
L’attivismo della criminalità organizzata e soprattutto la sua capacità di inquinare il tessuto produttivo e di condizionare i processi decisionali pubblici, fungendo al contempo da deterrente per gli investitori. Per tali compagini, il traffico internazionale di sostanze stupefacenti rimane la prima fonte di finanziamento. Vi sono peraltro peculiarità che contraddistinguono le varie mafie:
Perdura la propensione delle mafie ad alterare le regole della libera concorrenza, ad inquinare i circuiti finanziari e creditizi e, soprattutto, ad assumere un profilo affaristico funzionale a preservare e consolidare, insieme con il proprio potere d’ingerenza, attività illecite in grado di garantire enormi profitti a costo zero.
Le espressioni della malavita organizzata dal più marcato profilo affaristico cercano invece di mantenere posizioni defilate per la gestione dei propri interessi. Obiettivo dei potentati della mafia è, infatti, l’ingerenza nei processi decisionali pubblici, soprattutto attraverso la leva della corruzione, funzionale all’infiltrazione nell’economia legale sia nelle aree d’origine, sia in quelle di proiezione, del Centro e del Nord d’Italia nonché all’estero. Per queste compagini, il traffico internazionale di sostanze stupefacenti rimane la prima fonte di finanziamento, in grado di garantire enormi liquidità e di alimentare network relazionali che consentono di muoversi agilmente all’interno di quell’“area grigia” in cui convergono gli interessi illegittimi di una pluralità di attori: dai pubblici amministratori ai burocrati infedeli, dai liberi professionisti conniventi agli imprenditori disposti ad ogni compromesso. Nel 2017 si è notato un incremento delle collaborazioni tra organizzazioni derivanti da matrici diverse, soprattutto in settori non rigidamente riconducibili a dinamiche di competenza territoriale, come il mercato agroalimentare. È emersa, inoltre, una presenza crescente on-line degli affiliati, con finalità di diffusione e promozione del “sistema di valori” mafioso, ma anche con obiettivi tattici, come la gestione delle piazze di spaccio attraverso i social media- continua il rapporto.
La ‘ndrangheta si è dimostrata in grado di perseguire progettualità affaristiche di grande rilievo e, nel contempo, di conservare un controllo significativo delle attività sul territorio, sia in Calabria sia in alcune aree di sua proiezione.
L’architettura stessa dell’organizzazione criminale calabrese – in cui ogni cosca mantiene la propria autonomia operativa pur essendo disposta a strutturate collaborazioni con altre ‘ndrine – rappresenta un elemento forte di resilienza rispetto all’azione incessante di contrasto da parte delle Istituzioni. I vuoti temporaneamente lasciati dalle cosche colpite dall’attività investigativa vengono, infatti, prontamente colmati da altre compagini ‘ndranghetiste.
La criminalità organizzata calabrese ha, infine, mantenuto la propria posizione preminente nel traffico internazionale di stupefacenti, potendo vantare consolidati rapporti con i signori della droga sudamericani e svolgendo attività di brokeraggio anche nei riguardi delle altre formazioni mafiose operanti nel nostro Paese. Cosa nostra ha proseguito nella ricerca di un assetto organizzativo in grado di restituirle quella piena operatività che risulta oggi appannata in termini sia di controllo delle attività illecite sul territorio sia di progettualità crimino-imprenditoriali. La struttura verticistica della mafia siciliana, ne riduce, del resto, la capacità di reagire, riorganizzandosi, alla continua falcidia della leadership provocata da un’ininterrotta azione di contrasto. In prospettiva, poi, le scarcerazioni di mafiosi della “vecchia guardia” potrebbero provocare tensioni all’interno delle famiglie, in conseguenza di divergenze con le reggenze, soprattutto se dotate di scarsa autorevolezza, ma nello stesso tempo rischiano di accelerare i processi di riassestamento in atto e conferire quindi nuovo slancio all’organizzazione.
Un’estrema volatilità degli assetti interni e delle relazioni interclaniche ha continuato invece a caratterizzare i sodalizi della camorra, colpiti dalle numerose ed incisive operazioni di polizia giudiziaria. La decapitazione dei principali gruppi ha innescato lotte di successione anche violente, cui si sono aggiunte le fibrillazioni sul terreno dovute all’interesse di clan storici a riacquisire il controllo delle piazze dello spaccio, in una fase in cui la commercializzazione al minuto della droga rappresenta la fonte principale di finanziamento della criminalità campana. Nonostante il rilevato ridimensionamento delle capacità organizzative e d’influenza dei gruppi partenopei – dei quali, peraltro, rischia di accentuare l’aggressività – resta viva la minaccia rappresentata dalle frange residue del clan dei casalesi. Queste ultime, per quanto gli arresti abbiano pesantemente colpito l’organizzazione, scompaginandone gli assetti, risultano tuttora pericolose in termini di ingerenza nei processi decisionali pubblici, tanto nelle aree di origine quanto nel Centro e Nord Italia.
Si confermano su livelli di diversa pericolosità e strutturazione i sodalizi criminali pugliesi, espressione talvolta di forme mafiose arcaiche e poco evolute, ma, in altri casi, anche di modelli più organizzati e adattivi: come ad esempio i clan salentini ed alcune compagini baresi e tarantine, la cui conflittualità è frequentemente legata alla gestione del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti.
La criminalità straniera – spiega il rapporto- in Italia sta sempre più confermando la sua duplice “anima” banditesca e para-mafiosa: nel primo caso, le gang risultano dedite per lo più a reati predatori e spaccio di droga, secondo una ripartizione territoriale su base etnica ovvero registrando l’interazione tra diverse matrici; nel secondo, i sodalizi dimostrano una pronunciata vocazione crimino-affaristica, che ne aumenta la competitività operativa. Organizzazioni di questo tipo appaiono in grado di gestire contestualmente sia i traffici illeciti, sia il riciclaggio e sono capaci di inquinare i circuiti economico-finanziari.
“La criminalità straniera in Italia sta sempre più confermando la sua duplice “anima” banditesca e paramafiosa, esprimendo talvolta il loro potere criminale attraverso “attività di servizio” ai connazionali, come testimonia il controllo esercitato da taluni gruppi sull’intera “filiera socio-economica” lungo la quale si snoda la vita dello straniero: dalla falsificazione documentale all’ingresso illegale, dall’impiego nel lavoro nero o delinquenziale alla gestione delle rimesse, dall’orientamento verso le esigenze del lavoro stagionale ai servizi di collegamento con la madrepatria.
Tra le organizzazioni criminali straniere più strutturate figurano quelle nigeriane, con interessi prevalenti nel traffico di droga, nell’immigrazione clandestina, nella tratta degli esseri umani, soprattutto di loro connazionali, e nello sfruttamento della prostituzione. Si tratta di gruppi che operano all’interno di una rete articolata che collega alla madrepatria aggregati criminali disseminati in tutta Europa, contribuendo alla gestione dei mercati illeciti. Un network così ramificato risulta in grado di sfruttare, nei Paesi ospiti, una variegata rosa di opportunità illegali, in virtù di un atteggiamento fortemente intimidatorio, soprattutto nei confronti delle comunità di connazionali, e della competitività crescente nei settori del traffico e dello spaccio di stupefacenti, dello sfruttamento sessuale e del lavoro nero. I sodalizi del Corno d’Africa, attivi nella gestione “autonoma” dei flussi migratori attraverso basi e snodi logistici insediati anche nel Centro e nel Nord Europa, hanno anche mostrato una certa tendenza a ricercare nuove modalità di riciclaggio dei proventi illeciti. All’attenzione informativa, poi, pure le aggregazioni russofone, che hanno evidenziato differenti livelli di specializzazione criminale. I profitti delle attività predatorie, commesse su larga scala sul territorio nazionale, potenziano le capacità crimino-affaristiche di tali gruppi, che, secondo le modalità adottate nelle aree di origine, esercitano un’influenza paramafiosa all’interno delle comunità di riferimento.
In conseguenza del ruolo di primo piano esercitato nel traffico di stupefacenti provenienti dai Balcani, le consorterie albanesi sono quelle che stringono più frequentemente rapporti di collaborazione con le organizzazioni criminali italiane. A fronte di un crescente ingaggio nella gestione delle rotte internazionali della cocaina e dell’hashish, i gruppi albanesi restano comunque particolarmente attivi anche nei reati predatori e nello sfruttamento della prostituzione. Quanto alla criminalità cinese, il suo accresciuto profilo imprenditoriale ne ha accentuato l’interesse a ricercare opportunità economico-finanziarie a fini di reinvestimento. In tale ambito si sta progressivamente affermando una nuova e spregiudicata classe crimino-affaristica formata da giovani di seconda generazione propensi a mantenere un low profile in seno alla diaspora. Le organizzazioni pakistane, infine, sfruttando il supporto logistico offerto da quella comunità etnica presente sul territorio e perseguendone il sistematico assoggettamento, si sono radicate in breve tempo, mostrandosi capaci di sviluppare profili elevati di competitività in molte attività illegali: dal traffico di droga e di migranti alla gestione dei circuiti informali di trasferimento di denaro, dalla falsificazione di documenti alle truffe informatiche.