Andrea Camilleri: “Il figlio romanziere”

Andrea Camilleri

Andrea Camilleri: “Il figlio romanziere”

Inverno 1935. Porto Empedocle (Agrigento). Nel soggiorno della loro casa, modesta ma non povera, con vista sul mare, i coniugi Camilleri, Carmelina, casalinga e Giuseppe, ispettore delle compagnie portuali, stanno per mettersi a tavola per il pranzo della domenica, quando, si accorgono dell’assenza del loro unico figlio: Andrea, di dieci anni. Chiamatolo più volte, senza ricevere risposta, preoccupati, decidono di andare a cercarlo. “Che ti avevo detto Carmelina?…lo ha fatto di nuovo!…E dire che mi ero raccomandato: “Vai pure a giocare a racchettoni a casa del tuo compagno di scuola, ma torna prima di pranzo!”…Io, non so con quel picciriddu come si deve fare!..peggio di un terremoto, è!…Ah, ma si lu trovo, stavolta, gliela faccio ricordare io la domenica!…”,tuona il signor Giuseppe adirato, subito ammansito dalla moglie : “Giuse’, ma ti vuoi calamare!…Vedi che se ti arrabbi è peggio!…quello, Andrea, bambino irrequieto è!…E poi lo disse pure o’maestro : “il bambino vostro , vivace , è!…”. “Vivaceeee?…Carmelina, Carmeluzza, ma tu che dici?…quello un diavolo è!…altro che “vivace”!…Ah…, ma adesso ci penso io a dargli una lezione…Lo deve capire che è arrivato il momento di crescere, quasi dici anni c’ha!…”, esclama l’uomo, alzandosi di scatto dalla tavola apparecchiata, pronto per andare a cercare il figlio. “Giuse’, aspetta!…ma dove vai?…calmati prima!…”, prova a dissuaderlo, senza risultato, la moglie Carmelina. Quindi, l’uomo, deciso ad andare a prendere il figlio a casa dell’amichetto, prima di uscire , si reca nel suo studiolo per prendere la giacca. Entrato nella stanza, dopo aver preso il soprabito, nota però che dallo scaffale della piccola biblioteca, collocata dietro lo scrittoio, manca un libro: “Il commissario Maigret” di Georges Simenon. Poi, attirato da un paio scarpe di piccola misura sporgenti dietro le tende apposte alla finestra, si avvicina per aprile. “Ecco dov’eri finito?…Io e tua madre eravamo preoccupati…pensavamo che avessi fatto chissà quale fine e invece tu, qua, eri…dentro al mio studio, meschino!…Quante volte ti avrò detto che tu , qui, non ci devi venire?…E soprattutto i libri miei non li devi prendere…non fanno pe’ tia!…tu piccolo sei ,per capire Simenon!…Che ci facisti tu con Simenon?…Roba da grandi è!…e tu bambino sei : capriccioso, disubbiediente, ma pur sempre un bambino!…Pe’ tia , i fumetti del Corriere dei Piccoli e le riviste dei Balilla ,ci sono!…”, rimprovera il figlio, l’uomo sulla cinquantina. “Ma papà , io, a leggere solo i fumetti, mi annoio!…E poi Simenon mi piace…Il Commissario Maigret è fortissimo…le sue indagini, un enigma da risolvere sono!…e poi, papà, a me piace capire!…”, spiega il bambino con tono entusiasta e concitato. “Ti piace capire, Andre’?…davvero?…e allora capisci bene adesso: tu, qua dentro, non ci devi trasire più!…e adesso capisci pure che tua madre ci sta apsettando a tavola e le devi chiedere scusa!…Amoni’, forza!…”, lo ammonisce il padre, chiosando: “Ma proprio a me doveva capitare il figlio romanziere?…”.
“Io sono stato fortunato perché sono riuscito a guadagnare il pane facendo le cose che mi piaceva fare. Sono stato fortunato nella mia vita privata e nella vita pubblica. Oggi penso al Paradiso : il paesaggio rasenterebbe la sicilianità visiva, che pace!. Montalbano me lo immagino disoccupato, circondato da un placido volteggiare di anatre. E una tazzina di caffè fumante. Sarà bello quando potrò finalmente vederlo”. Così, lo scrittore, sceneggiatore, regista e insegnante, Andrea Camilleri, si raccontava, qualche tempo fa, nel corso di un’intervista televisiva. Nato il 6 settembre del 1925 a Porto Empedocle (Agrigento), figlio unico di Carmelina Fragapane e di Giuseppe, rispettivamente casalinga e ispettore delle compagnie portuali, dopo un’infanzia serena, trascorsa tra la lettura del Corriere dei piccoli e dei romanzi gialli , sottratti dalla libreria del padre, accanito lettore, vive un’ adolescenza irrequieta. Studente ribelle e indisciplinato di un collegio vescovile da cui si fa espellere, nel 1943, si iscrive all’ultimo anno del Liceo Classico, presso l’Istituto “Empedocle”, ma non consegue la maturità a causa dei bomabardamenti e dell’imminente sbarco delle forze alleate in Sicilia. Quindi, il giovane Camilleri, inizia a girare l’Isola a piedi o sui camion tedeschi fino a quando, nel 1946, si stabilisce ad Enna, in un piccolo appartamento privo di riscaldamento , freddo al punto che, per trovare un po’ di tepore, deve rifugiarsi nella Biblioteca Comunale, diretta dall’avvocato Fontanazza, che lo avvicina alla lettura di autori locali come : Nino Savarese, Francesco Lanza e Franco Enna. Nel 1944, iscrittosi alla facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Palermo, non termina gli studi, ma pubblica racconti e poesie grazie ai quali arriva tra i finalisti del Premio Saint Vincent. Poi, trasferitosi a Roma, nel 1949, entra all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, presso cui si diploma in regia nel 1952. Regista di più di cento opere, per lo più drammi del siciliano Luigi Pirandello, nel 1957, dopo aver partecipato al concorso per funzionari indetto dalla Rai, viene assunto come delegato alla produzione, curando fra gli anni Sessanta e Settanta, la messa in onda di numerosi sceneggiati (“Le avventure di Laura Storm”, “Il tenente Sheridan” e “Il commissario Maigret”, quest’ultimo tratto dal ciclo di racconti di Georges Simenon) e la regia di molteplici radiodrammi e prose televisive ( i drammi e le commedie del drammaturgo partenopeo Eduardo De Filippo). Esordito come scrittore, nel 1987, con il romanzo “Il corso delle cose”, che riscuote un discreto successo, pubblica in seguito diversi romanzi storici tra cui: “Un filo di fumo”, ma si afferma soltanto nel 1994, anno nel quale pubblica per Elvira Sellerio, “La forma dell’acqua”, il primo romanzo di una serie poliziesca(oltre cento titoli) con protagonista il Commissario Montalbano, dalla quale ben presto vengono tratti gli episodi della fiction omonima, interpretata dal suo ex allievo dell’Accademia, Luca Zingaretti. Autore tradotto in 120 Paesi, inventore di una lingua letteraria, miscela di italiano e dialetto sicialiano-vigatese, ricco di parole tanto inventate quanto popolari, nel 2006, con l’incalzare dell’età, scrive il finale di Montalbano, consegnandolo all’editore con la postilla che venga pubblicato solo dopo la sua morte. Nel 2016, divenuto cieco, in seguito a un glaucoma, non smette di lavorare, ma, facendosi aiutare da un’assistente, Valentina Alferj, realizza e pubblica il suo centesimo libro della serie incentrata sul funzionario siciliano di Polizia, dal titolo: “L’altro capo del filo”. Nel 2018, reduce dalla pubblicazione per Bompiani del libro autobiografico “Dimmi di te. Lettera a Matilda”, dedicato alla pronipote Matilda, scrive i testi e interpreta lo spettacolo “Coversazione con Tiresia”, messo in scena presso il Teatro Greco di Siracusa. Pronto per debuttare alle Terme di Caracalla, con una nuova pièce, “La difesa di Caino”, il 17 giugno scorso, viene colpito da un arresto cardiorespiratorio. Ricoverato presso l’Ospedale Santo Spirito di Roma, dopo un mese di coma, si è spento mercoledì 17 luglio, all’età di novantatré anni, circondato dall’affetto dei suoi cari, la moglie Rosetta Dello Siesto, con cui era sposato da sessant’anni, e le sue tre figlie, a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni. Salutato da familiari e amici nel corso di una cerimonia privata, è stato sepolto presso il Cimitero Acattolico degli stranieri di Roma, al Testaccio , all’ombra della statua dell’angelo della Risurezione, a poca distanza dai sacelli di personalità illustri come l’intellettuale , politico e segretario del PC, Antonio Gramsci, con cui condivideva l’adesione al comunismo e l’impegno civile. Ironico, acuto, amante di Pirandello e di Sciascia, convinto bisognasse abituarsi all’idea della morte, perché, diceva : “Fa parte del pacchetto di gioie e dolori dati in dotazione. Chi non lo accetta è un vero idiota”, ha lasciato un vuoto nei suoi lettori, che ora si sentono più soli, come pure solo si sente , il suo alter ego, volto e anima, per vent’anni, dell’amato Commissario di Vigata, l’attore Luca Zingaretti, che, sui Social, ha scritto: “Adesso te ne vai e mi lasci con un senso incolmabile di vuoto, ma so che ogni volta che dirò, anche da solo, nella mia testa: “Montalbano sono!”, dovunque te ne sia andato, sorriderai sornione, magari fumandoti una sigaretta e facendomi l’occhiolino in segno di intesa, come l’ultima volta che ci siamo visti a Siracusa. Addio maestro e amico, la terra ti sia lieve!. Tuo Luca” .