Roberto De Simone: “Tutta un’altra musica”
Estate 1960. Napoli, Centro Storico. Nell’auditorium del Conservatorio di San Pietro a Majella, l’istituto di studi musicali situato nell’ex convento dei Celestini, Roberto De Simone, compositore trentenne, affermato concertista, compositore e musicologo, è in attesa di esibirsi in occasione della…

Estate 1960. Napoli, Centro Storico. Nell’auditorium del Conservatorio di San Pietro a Majella, l’istituto di studi musicali situato nell’ex convento dei Celestini, Roberto De Simone, compositore trentenne, affermato concertista, compositore e musicologo, è in attesa di esibirsi in occasione della festa degli ex allievi. Presenti in prima fila ad applaudirlo, oltre ai genitori, il Direttore e il corpo docente, mentre sedute in platea, le classi dell’ultimo ciclo di studi. Sul palco, a introdurre l’astro nascente della musica classica, la sua ex professoressa di pianoforte e solfeggio. “Buonasera, Signore e Signori, siamo qui oggi, non solo per salutare gli allievi giunti alla fine del loro percorso di formazione ,ma anche per celebrare un nostro stimatissimo ex studente, divenuto una promessa della concertistica , sto parlando di : Roberto De Simone. Ricordo ancora quando più di dieci anni fa, qui, proprio su questo palcoscenico , con la sua esecuzione del Concerto in do Minore n°3 per pianoforte e orchestra di Beethoven , fu prescelto per partecipare al Premio Nazionale intitolato a Giuseppe Martucci, classificandosi ai primi posti…E questa sera è qui con noi per augurare ai nostri ragazzi, che conseguiranno il diploma a breve ,di intraprendere la stessa fulgida carriera…Signore e Signori, diamo il nostro caloroso benvenuto al maestro De Simone, che stasera ci farà ascoltare proprio il Concerto in do minore n°3 di Beethoven, che tanto ha contribuito ad accreditarne la fama…”. Poi,il talentuoso pianista e compositore, salito sul palcoscencio, esegue il suo concerto, raccogliendo l’applauso scrosciante del pubblico. Quindi, ringraziata la sala, si allontana dalla scena, per tornare in platea, quando dietro le quinte trova ad attenderlo il padre. “Uhé, papà e voi che ci fate qua?…”, domanda De Simone all’attempato genitore, che, ancora emozionato dall’esibizione, risponde: “A papà, come che ci faccio?…volevo essere il primo a complimentarmi con te!…Ma perché, a papà, non sei contento?…Tu c’hai questa faccia…ma che d’è?, non sei contento di come hai suonato?…guarda che sei stato bravissimo… tu sei un grande maestro di pianoforte, il più bravo!…il pubblico era entusiasta di te…pensa che un signore nella fila dietro la mia si è messo a gridare: “Bis, bis…””. “Basta, papà, finitela!…non serve!…e poi, non ho sentito nessuno gridare…questo, non è il pubblico del Festival di Sanremo!…”, esclama con tono serio il musicista e compositore, facendo cenno al padre di ascoltarlo senza interrompere: “Sentite, papà, il fatto non è questo!…sì, insomma, non è “come” ho suonato il problema…il problema è “cosa” ho suonato…io ho suonato il repertorio di altri…ho suonato “Beethoven”, non “De Simone”…e io ,di questo, papà, sono stufo!…io non voglio fare il “pianista di corte” tutta la vita…il pianista che suona nei salotti o per i concerti dei committenti importanti…papà io voglio cercare i suoni della nostra terra, i suoni, le melodie popolari della Campania… mescolarli, fonderli, creare…creare qualcosa di originale, di mai sentito prima, capisci?… Papà, io voglio suonare tutta un’altra musica, la mia!…”. “Eh… a papà, non ti arrabbiare!… “, lo ammonisce il padre, tentando di calmarne il furore: ” Ma tu che vuoi da me, Robe’?…Vuoi suonare la tarantella?…e suona la tarantella, sai a me che me ne importa!…E sì, da Mozàrt e Beethovèn alla tarantella!…lo diocevo io a tua madre: “quello, tuo figlio, il ragioniere deve fare!”…a quest’ora, in banca, altro che tarantella!…”.
“Come pianista e compositore, io avevo già subito la delusione dell’attività musicale di carattere ufficiale, che mi destinava a un’attività cortigiana di pianista adibito a ripetere il repertorio nei concerti per un pubblico borghese e d’altro canto , come compositore, a essere inserito nel novero dei tendenzialmente indirizzati alla scuola accademica. Quindi,decisi di indagare le tradizioni e la musica popolare napoletana”. Così, il compositore, musicista e musicologo Roberto De Simone,in un’intervista rilasciata qualche anno fa al quotidiano La Repubblica. Nato a Napoli, il 25 agosto 1933, nipote dell’omonimo attore teatrale e cinematografico,cresce in via Pignasecca, incrocio tra Via Toledo e Piazza Montesanto. Intrapreso lo studio del pianoforte sin dall’età di sei anni, durante la Seconda Guerra Mondiale, si rifugia con la famiglia a Somma Vesuviana, dove trascorre l’adolescenza e si avvicina al repertorio della musica popolare campana. Tornato a Napoli con i genitori,nel 1946 si iscrive al Conservatorio San Pietro a Majella, conseguendo esami da privatista prima presso il Liceo Classico Vittorio Emanuele II e poi presso il Liceo Antonio Genovesi. Messosi in luce per il suo talento di pianista e compositore con l’esecuzione del Concerto per pianoforte ed orchestra K.466 di Mozart e del Concerto in do Minore n°3 per pianoforte e orchestra di Beethoven,partecipa al Premio Nazionale Giuseppe Martucci, classificandosi tra i primi posti. Iniziata nel 1957 la carriera concertistica, cui alterna le attività di compositore e musicologo e gli studi di Lettere presso l’Università Federico II, abbandona il concertismo e la musica classica per approfondire le tradizioni musicali campane. Dedicatosi negli anni Sessanta alla scrittura di musiche per gli spettacoli teatrali e televisivi: “Edipo re” di Sofocle, “La lunga notte di Medea” di Corrado Alvaro, con la regia di Maurizio Scaparro e “Io Raffaele Viviani” di Achille Millo, e per lo sceneggiato televisivo “Storie della camorra”, nello stesso ventennio collabora come “maestro sostituto” e clavicembalista con l’Orchestra Scarlatti. Poi, nel 1967 , l’incontro con Giovanni Mauriello , Eugenio Bennato e Carlo d’Angiò, stuidiosi appassionati della musica popolare, con i quali fonda la Nuova Compagnia di Canto Popolare, cui si aggiungono, in seguito, Patrizia Schettino, Peppe Barra, Patrizio Trampetti e Fausta Vetere. Riproposto dunque fino al 1978 il patrimonio culturale, musicale e teatrale della tradizione popolare campana orale e scritta, procedendo con un metodo originale, basato sull’elaborazione metrica e la ricerca sul campo,volta alla riattualizzazione di forme musicali passate come: villanelle , laudi e strambotti, accentua l’aspetto teatrale delle composizioni, proponendo nel 1974 con la Compagnia una rilettura de “La Cantata dei Pastori” di Andrea Perrucci e nel 1976 la messa in scena degli spettacoli musicali inediti: “Masaniello” e “La gatta Cenerentola” , acme,ma anche ultima produzione della formazione musicale, che da quel momento interrompe la collaborazione. Così,terminata l’esperienza con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, De Simone stringe un sodalizio con il gruppo di artisti Media Aetas, ritrovando Virginio Villani, già interprete de “La gatta Cenerentola e di “Masaniello” e avviando una ricerca, non più popolare, ma storica sul folclore e la musica popolare campana. Autore e compositore , fra la fine degli anni Settanta e i Novanta, dà vita al riadattamento di opere quali: “Mistero Napolitano”, “La Festa di Piedigrotta”, “Li zie ‘ngalera”, “L’Opera buffa del Giovedì Santo”, “Eden Teatro” di Raffaele Viviani, “La Lucilla Costante” di Silvano Fiorillo , “Il Bazzariota , ovvero la dama del bell’umore di Domenico Macchia”, “Le Religiose alla moda” di Giocchino Dandolo, “Cantata per Masaniello”, “Le Tarantelle del Rimorso”, “Le 99 disgrazie di Pulcinella”, “Le cantatrici villane” di Valentino Fioravanti e “L’impresario in angustie”. Cimentatosi con la scrittura musicale di album come: “Io Narciso”, “Il Requiem in memoria di Pier Paolo Pasolini”, “Lauda intorno allo Stabat”, “I Carmina Vivianea”, “La Festa Teatrale per il 250° anniversario del Teatro San Carlo”; di melodrammi , cantate drammatiche e musiche corali, quali: “Mistero e processo di Giovanna D’Arco”, “Il Canto de li Cunti”, “Eleonora”, opera scritta per il bicentenario della rivoluzione napoletana, “Il re Bello” e “Populorum Progressio”,collabora anche alle musiche dell’album di Edoardo Bennato “Non farti cadere le braccia” e pubblica una serie di antologie di dischi, frutto delle sue ricerche musicali (“Chi è devoto”, “Carnevale si chiamava Vincenzo”, in collaborazione con l’antropologa Annabella Rossi, “Canti e tradizioni popolari in Campania”, “Il segno di Virgilio”, “La tarantella napoletana nelle due anime del Guarracino”, “Fiabe campane” , “Il Presepe popolare napoletano” e “La Cantata dei Pastori”). Insegnante di Storia del teatro all’Accademia di Belle Arti di Napoli e direttore artistico del Teatro San Carlo, fra il 1995 e il 1998 viene nominato direttore del Conservatorio di San Pietro a Majella e Accademico di Santa Cecilia e insignito del Cavalierato delle Arti dal Preidente della Repubblica francese e del titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana dal Presidente Oscar Luigi Scalfaro. Premiato dal Comune di Mercato San Severino e dall’Associazione La Magnifica Gente d’o Sud, nel 2007 realizza lo spettacolo “Là ci darem la mano“, dedicato al centenario di Mozart,che si aggiudica il riconoscimento “Gli Olimpici del Teatro ETI” e nel 2010 cura la composizione strutturale cameristica per lo spettacolo “Memento/Momento”, dedicato al cantautore, chitarrista e compositore, Sergio Bruni, andato in scena al Teatro San Carlo nel 2013, anno nel quale assume la direzione artistica per l’edizione del 2014 della Festa dei Gigli di Nola, carica da cu si dimette per via di contrasti con l’organizzazione. A chi gli chieda un bilancio sulla sua vita privata e professionale e dei progetti per il fututo, risponde: “Sulla vita privata non posso dire, niente perché riguarda me: parlando della mia vita artistica, la posso considerare un fallimento perché Napoli è connotata da un degrado culturale spaventoso, del quale vi sono tracce visibilissime nella disastrosa gestione politico-artistica dei suoi teatri più importanti. L’approssimazione culturale e artistica segna tutto ciò che riguarda la presunta e immaginaria tradizione napoletana: da questo punto di vista ciò che rimane sono le mie opere scritte, che mi vedono attualmente in approdo ad una pubblicazione di alcune fiabe del Cunto de li cunti e della stessa figura storico-artistica di Giambattista Basile ,che verrà tradotta in cinque lingue. Alla mia età non si possono fare progetti : mi trovo in un tempo dove la tappa del limite può sorprenderci da un momento all’altro, per cui siamo nelle mani da un lato della Divinità e dall’altro del gusto degli Astri”.