Addio al recupero crediti; nessuno può venire a richiederti i soldi | Non ne hanno più diritto

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Il tema dei debiti e della loro riscossione è da sempre un nervo scoperto nella vita dei cittadini e delle imprese italiane. Ogni anno migliaia di persone si trovano a fare i conti con controlli fiscali, accertamenti e cartelle esattoriali.
L’Agenzia delle entrate ha il compito di monitorare il rispetto degli obblighi fiscali, e laddove individua situazioni non conformi alle norme o incongruenze nelle dichiarazioni, scattano verifiche e accertamenti.
Inizialmente si può trattare di richieste di chiarimenti, inviti al contraddittorio, richieste di documentazione che lasciano ancora spazio al contribuente per difendersi o regolarizzare. Ma se le irregolarità persistono, il percorso prende una piega più severa.
Quando un accertamento non viene risolto, infatti, si passa alla notifica delle cartelle. Si tratta di atti ufficiali con cui l’amministrazione chiede il pagamento delle somme dovute, comprensive di imposte, sanzioni e interessi.
Quando ti arriva una cartella
La cartella non è un avviso qualunque, ma un titolo esecutivo che, se ignorato, apre la strada a procedure di recupero ben più incisive. In questa fase spesso ci si rende conto che il debito è ormai strutturato, e non rispondere equivale a lasciare spazio a conseguenze immediate e difficili da gestire.
Ignorare una cartella, infatti, comporta l’attivazione di procedure esecutive. Dopo un primo periodo in cui è possibile presentare ricorsi o chiedere chiarimenti, l’inerzia del contribuente porta a ingiunzioni, pignoramenti, fermi amministrativi sui veicoli o ipoteche sugli immobili. Le somme iscritte a ruolo vengono maggiorate con interessi e sanzioni ulteriori, e la posizione diventa rapidamente insostenibile. Questo accade perché la macchina della riscossione non si ferma e il debito cresce come una valanga.
Non tutto però è privo di soluzioni. Nel tempo il legislatore ha introdotto strumenti per permettere ai cittadini di regolarizzare la propria posizione. Una delle strade più diffuse è la rateizzazione, che consente di suddividere l’importo dovuto in più versamenti, rendendo meno pesante il carico economico. Negli ultimi anni, inoltre, sono state introdotte le cosiddette rottamazioni delle cartelle, ovvero misure straordinarie che permettono di saldare il debito eliminando parte delle sanzioni e degli interessi.

La novità introdotta di recente
Dall’8 settembre 2025 le società di recupero crediti non sono più legittimate a operare. La normativa europea del 2021, recepita in Italia con il decreto legge 2024 pubblicato in gazzetta ufficiale il 7 marzo, ha imposto un cambio di rotta netto. Le società che si occupano di gestire sofferenze e cartolarizzazioni devono infatti essere iscritte a un elenco speciale vigilato dalla Banca d’Italia, ma al momento nessuna risulta aver ottenuto l’iscrizione. La scadenza per presentare domanda era fissata all’8 giugno 2025 e chi non lo ha fatto si è trovato automaticamente bloccato dal successivo 8 settembre.
La conseguenza pratica è che qualsiasi azione portata avanti da società non autorizzate, come pignoramenti o procedure esecutive, può essere annullata dai giudici. È un cambio epocale, perché smantella un intero settore che per anni ha operato con grande libertà. Ora chi riceve telefonate aggressive o minacce da recuperatori deve sapere che potrebbero non avere alcuna legittimazione a procedere. La base normativa si trova nell’articolo 114 comma 5 del Testo unico bancario, che rafforza la protezione dei debitori e pone paletti chiari alle società del settore. Si tratta quindi di una vera svolta.