Social banditi in Italia: sotto i 50 anni non hai diritto di accesso | La legge è realtà

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Addio social network. Italia come la Cina, almeno finché sei sotto i 50 anni. Crea scompiglio la proposta

I social network hanno cambiato per sempre il modo in cui viviamo, comunichiamo e ci informiamo. In pochi anni sono passati dall’essere semplici strumenti di condivisione a veri e propri mondi paralleli, capaci di influenzare ogni aspetto della nostra vita quotidiana.

Facebook, Instagram, TikTok, X, YouTube, ma anche piattaforme più di nicchia come Twitch o Threads, hanno rivoluzionato il concetto di relazione, intrattenimento e persino di opinione pubblica.

Un tempo, l’incontro sociale avveniva nei bar, nelle piazze o davanti alla televisione. Oggi basta uno smartphone per sentirsi parte di una comunità globale, connessa in tempo reale. I social hanno superato la tv non solo in termini di tempo trascorso dagli utenti, ma anche per impatto culturale e capacità di creare tendenze.

Se prima i programmi televisivi dettavano le mode, ora sono i video virali e i contenuti condivisi a dettare il ritmo della comunicazione.

Luci e ombre dei social

Ogni piattaforma si è ritagliata un proprio spazio e un proprio linguaggio: su Instagram domina l’estetica, su TikTok la velocità e la leggerezza, su X la sintesi e il commento politico, su YouTube la narrazione lunga e articolata. Ci sono contenuti per ogni gusto, dagli influencer che lanciano mode, alle pagine di informazione che fanno concorrenza ai giornali tradizionali, fino agli spazi di propaganda politica che modellano il consenso, oppure profili dedicati alla letteratura, al cibo, al fitness, alla psicologia, all’arte.

Ma il vero punto di forza dei social non è la tecnologia: è la partecipazione. Ognuno può diventare autore, condividere un pensiero, un’immagine, un video. Non esistono più barriere d’accesso: chiunque, con un’idea efficace, può raggiungere milioni di persone. È una democratizzazione dell’informazione e della creatività che ha dato voce a categorie prima invisibili, creando nuovi mestieri e nuove economie digitali.

Eppure, la libertà che i social garantiscono può trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Le fake news si diffondono a una velocità mai vista prima, la manipolazione delle informazioni è quotidiana, e la distinzione tra realtà e percezione si fa sempre più sottile. Inoltre, la dipendenza dai social, soprattutto tra i giovanissimi, è ormai una preoccupazione reale: ore e ore trascorse davanti allo schermo, ansia da prestazione, confronto costante con modelli irraggiungibili, isolamento sociale.

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Giovani disperati – pexel – quotidianoitalia.it

La legge che cambia tutto

Gli esperti parlano di un vero e proprio “effetto distorsivo”, in cui l’identità digitale finisce per sovrapporsi a quella reale. I ragazzi crescono imparando a filtrare ogni emozione, ogni esperienza, ogni opinione attraverso lo sguardo virtuale degli altri. Il like diventa misura di valore, la visibilità una forma di accettazione. Proprio alla base di queste preoccupazioni sarebbe in discussione in parlamento una proposta di legge che mira a vietare l’uso dei social network ai minori di 15 anni.

Una misura che nasce dall’urgenza di proteggere i più giovani da contenuti inappropriati, dipendenze digitali e rischi legati alla privacy. L’idea è di introdurre controlli più rigidi sull’età degli utenti e forme di responsabilità diretta per le piattaforme che non verificano correttamente l’identità dei minori. Il dibattito è acceso e sono in tanti a ritenere questa proposta esagerata, anche perchè oltre ai social parrebbe inclusa una limitazione delle app di messaggistica.