Censura per il web approvata in senato, multe da 10 mila euro e carcere

ROMA- A chiedere questa legge con forza è stata la presidente della camera Laura Boldrini, che chiese a mezzo stampa al ministro della Giustizia Andrea Orlando di avviare una procedura per le bufale sul web. Un percorso alquanto difficile quello che si è prefissato il parlamento per fermare cosa.

Censura per il web approvata in senato, multe da 10 mila euro e carcere

ROMA- A chiedere questa legge con forza è stata la presidente della camera Laura Boldrini, che chiese a mezzo stampa al ministro della Giustizia Andrea Orlando di avviare una procedura per le bufale sul web. Un percorso alquanto difficile quello che si è prefissato il parlamento per fermare cosa. Il web ultimamente ha esagerato, è diventata quella macchina dove la correttezza e aal serietà di intendi è andata a farsi benedire. Troppe le notizie false, oppure titoloni di siti d’informazione che partono da titoli ingannevoli e poi non dicono nulla. C’è da dare una regola, ma non certamente come si sta facendo.
IL ddl approdato in Senato contro le fake news, detta legge Gambaro, poiché la prima firmataria della legge è l’ex grillina Adele Gambaro passata poi dal M5S ad Ala-Sc, prevede multe fino a 10mila euro e il carcere per chi pubblica notizie false o per chi si rende responsabile di campagne d’odio o per chi pubblica notizie che possano destare allarme. Così come viene descritta, la legge diventa una privazione della libertà di espressione e di libertà e, oltretutto, come nei regimi, prevede il carcere.
Si tenta di regolare il web a ridosso di importanti appuntamenti elettorali come quelle di Francia, Germania e subito dopo l’Italia. Quindi la legge sa di beffa, poiché mettere a tacere quella che è la rete, significa poter dare adito alle grandi testate giornalistiche e alle Tv di stato di poter dire a suo piacimento quello che vogliono senza che nessuno possa contraddirli. Una legge questa che impedisce di usare liberamente i social e quindi creare timore tra gli internauti.
C’è da dire che il problema è chi decide quali notizie siano esagerate o tendenziose? Come si stabilisce che ne è colpito un settore dell’opinione pubblica, qualunque cosa significhi? Per essere colpevoli basta un retweet dato con troppa leggerezza, per rischiare il carcere. Questo è uno scenario preoccupante perché si torna indietro di 72 anni, e in democrazia la liberà di opinione e di espressione, come recita la costituzione, diventa repressione uguale al fascismo.