rmanno Olmi: “Il grande incantatore”
Estate 2013. Altopiano di Asiago, comune in provincia di Vicenza, sito a mille metri sul livello del mare. Nella sua abitazione, affacciata su una catena montuosa ricoperta da un bosco di abeti e faggi, il regista Ermanno Olmi sta consumando una frugale colazione, quando , d’un tratto, qualcuno bu…

Estate 2013. Altopiano di Asiago, comune in provincia di Vicenza, sito a mille metri sul livello del mare. Nella sua abitazione, affacciata su una catena montuosa ricoperta da un bosco di abeti e faggi, il regista Ermanno Olmi sta consumando una frugale colazione, quando , d’un tratto, qualcuno bussa alla porta. “Chi è?…”, domanda Olmi, colto alla sprovvista. “Il postino!…”, risponde la voce dall’altra parte dell’uscio. “Buongiorno, entri, entri pure!…”, esclama Olmi, salutando l’ingresso in casa di un giovane portalettere. “Mi scusi se la disturbo, Maestro, ma ho una lettera per lei!…”, avverte il nerboruto ragazzo. “Una lettera , per me, nell’era dei computers?…Chissà chi sarà, allora?!…Sicuramente , un mio canuto e malinconico coetaneo, poco avvezzo alla posta elettronica!…”, replica con tono ironico, il regista, mentre il postino, ricevuta una telefonata, estrae dalla tasca il cellulare, intenzionato a rispondere. “Ah…, Mario, sei te!…cosa sto facendo?…no, no, niente di importante, sto lavorando!…Senti, domani pomeriggio, non posso mica venire da voi, al campetto…Dillo anche agli altri, avvertili, così trovano un sostituto per la partita…Eh, lo so, avrei dovuto dirtelo prima, ma ho preso al volo l’occasione di uno straordinario…doppio turno, doppia paga!…sai com’è , di ‘sti tempi qua, una fortuna, proprio!…’Sto mese ,poi… ho un sacco di spese che non ti dico…e pure la rata dell’Iphone!…Va be’ , adesso , ti saluto che sto facendo una consegna!…” , conclude con aria tronfia, il giovanotto. “Se ha finito, prenderei la mia lettera…”, reclama Olmi spazientito , ma bonario, aggiungendo : “Vorrei tanto sapere da lei, se si rende conto di ciò che ha detto al suo amico…dunque, lavorare sarebbe una cosa poco imporatante?…il lavoro è la dignità dell’uomo!…e poi, mi scusi sa, non voglio farmi i fatti suoi, ma è così giovane che non posso proprio fare a meno di farglielo notare : lei fa gli straordinari, rinunciando a delle relazioni umane, sociali, per pagare le rate di un telefono super tecnologico che le consentirà di “chattare” , di dialogare virtualmente con quegli stessi amici con cui avrebbe l’opportunità di parlare e di potersi divertire nella vita reale?!…E’ sconcertante, sa?!…davvero sconcertante!…Dopo la “fabbrica alienante”, l’”Iphone alienante”!…bel progresso, questo !…Lei si affanna tanto per rincorrere il mondo globale, per essere iperconnesso…e , intanto, dimentica le sue radici, le piccole cose della sua terra, gli affetti veri, la realtà, isomma!…” . “Sì, belle parole , le sue, “Maestro Olmi”, quelle di un grande regista, di un “grande incantatore”, ma oggi, la “realtà” , come la chiama lei, è questa!…”, ribatte stizzito il giovane portalettere, chiosando: “Siam mica nell’Ottocento, siam mica fuori dal mondo, noi !…”.
“Per la sua azione di valorizzazione delle radici culturali, della memoria, delle tradizioni, della grande storia e dell’esperienza quotidiana e delle piccole cose”. Questa la motivazione, con cui l’Università di Padova ha conferito nel 2013 la laurea honoris causa in Scienze Umane e Pedagogiche al regista , sceneggiatore e scrittore Ermanno Olmi. Nato il 24 luglio del 1931 a Bergamo , nel quartiere Malpensata, da una famiglia di operai , profondamente cattolica, ancora piccolo si trasferisce insieme ai genitori a Treviglio (Bergamo) dove cresce. Durante la Seconda guerra mondiale, rimasto orfano, interrompe gli studi liceali, deciso a emigrare a Milano per lavorare. Quindi, arrivato nella capitale economica d’italia all’inizio degli anni Cinquanta, alterna all’impiego come fattorino presso l’azienda Edison-Volta, la frequentazione dell’Accademia d’Arte Drammatica, essendo attratto dal cinema e dalla recitazione. Designato dai compagni di lavoro come adetto all’organizzazione delle attività ricreative dei dipendenti, ha l’occasione di dimostrare il suo talento di regista, realizzando fra il 1953 e il 1961 decine di documentari sulla produzione industriale (“La diga sul ghiacciaio”, “Tre fili fino a Milano”, “Un metro è lungo cinque”),commissionatigli appositamente dai vertici dell’azienda. Attratto dalla condizione dei lavoratori, nel 1959 gira il primo lungometraggio dal titolo “Il tempo si è fermato”, storia incentrata sull’amicizia tra uno studente e il guardiano di una diga, in cui già affiorano le tematiche caratteristiche della sua cinematogarfia, quali : il legame con le origini rurali e con la natura, le relazioni tra persone semplici e la solitudine e l’isolamento dell’ambiente montano e rurale. Conquistati i critici con le pellicole dedicate alla quotidianità operaia , “Il posto” e “I fidanzati”, nel 1965 dirige “E venne un uomo”, biografia ,scevra da agiografismo, di papa Giovanni XXIII, cui seguono i non altrettanto fortunati film : “Un certo giorno”, “I recuperanti”, “Durante l’estate”e “La circostanza”. Poi, nel 1978, ritrovata l’ispirazione, si afferma a livello internazionale con la pluripremiata (Palma d’oro al Festival di Cannes e César come “miglior film straniero) pellicola “L’albero degli zoccoli”, affresco realistico e privo di sentimentalismi del mondo contadino. Nel 1980, abbandonata la caotica metropoli milanese, si stabilisce ad Asiago, nella provincia vicentina, fondando a Bassano del Grappa la scuola di arti cinematografiche “Ipotesi Cinema”. Autore di un’allegoria sui Re Magi, “Camminacammina”, nel 1982 torna a girare documentari per la Rai sino al ritiro momentaneo dall’attività, causato da una grave malattia, sconfitta la quale, nel 1987, torna sul set , dando vita a successi internazionali come : “Lunga vita alla signora!”(Leone d’argento al Festival di Venezia ) e “La leggenda del santo bevitore”, film , quest’ultimo desunto dall’omonimo racconto di Joseph Roth, vincitore del Leone d’oro al Festival di Venezia 1988 e di quattro David di Donatello. Concessosi una deroga dalla consuetudine di scritturare attori non professionisti, dovuta all’istanza realistica, nel 1993 affida al noto attore Paolo Villaggio il ruolo di protagonista nella pellicola,adattamento dell’omonimo romanzo di Dino Buzzati , “Il segreto del bosco vecchio”, cui segue nel 1994 la partecipazione al progetto internazionale, coprodotto dalla Rai, “Le storie della Bibbia”, per cui dirige l’episodio “Genesi : La Creazione e il Diluvio”. Reduce dai fasti della pellicola storica in costume, “Il mestiere delle armi”,dedicata al condottiero Giovanni delle Bande Nere(acclamata al Festival di Cannes 2001 e premiata in Italia con ben nove David di Donatello), nel 2003 approda in Cina per realizzare “Cantando dietro i paraventi”, vicenda di pirati e arrembaggi, interpretata dagli attori Bud Spencer e Camillo Grassi, unici occidentali in una produzione orientale. Regista insieme con Abbas Kiarostami e Ken Loach del film “Tickets”, nel 2007 dirige “Centochiodi”, la sua ultima pellicola “narrativa”, deciso ad occuparsi esclusivamente di documentari (anche se , in verità, gira ancora altri due film “di finzione” quali: “Villaggio di cartone” e “Torneranno i prati”, ambientato, quest’ultimo, nelle trincee dell’altopiano di Asiago durante la Prima Guerra Mondiale). Cavaliere, Commendatore , Grande ufficiale della Repubblica per i benemeriti della Cultura e dell’Arte, su proposta dei presidenti della Repubblica Scalfaro e Ciampi, celebrato nel 2008 dalla giuria della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con un Leone d’oro alla carriera e nel 2013 dai professori e dal Rettore dell’Università di Padova con una laurea honoris causa, negli ultimi anni di carriera coltiva la passione per la scrittura , (l’esordio letterario risale ,in realtà,al 1986, con “Ragazzo della Bovisa”, editore Camunia) pubblicando per Fentrinelli, Rizzoli e Piemme i libri: “Il sentimento della realtà” (in collaborazione con Daniela Padoan) , “L’apocalisse è un lieto fine-Storia della mia vita e del nostro futuro” e “Lettera a una Chiesa che ha dimenticato Gesù”. Ammalato da alcuni mesi, si è spento il 5 maggio scorso , all’età di ottantasei anni, all’ospedale di Asiago, vegliato dalla moglie, Loredana Detto e dal figlio Fabio. Omaggiato dai circa duemila abitanti del comune vicentino prima delle solenni esequie, svoltesi in forma privata, è stato ricordato dalla regista-allieva Roberta Torre come : “Un grande incantatore” e dai critici, che sul suo spessore umano e artistico hanno scritto : “Era icontentabile perché era un cristiano. Amava la realtà in modo appassionato, indagandone e ammirandone ogni dettaglio, dalle meraviglie segrete del creato fino alle imprese, spesso altrettanto nascoste, attraverso le quali l’uomo mette alla prova la propria grandezza. Capace di combinare prodigiosamente realismo e accensione mistica, ha raccontato con le sue tante storie, un uomo che non si accontenta , che si ostina a sperare, che cerca un varco verso la libertà” .