Giornalisti: un mondo di precari che non ha futuro

ROMA- Dalla II edizione dell’Osservatorio sul giornalismo presentato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non dipinge di certo un quadro incoraggiante che potremmo sintetizzare così: l’Italia non è più un Paese per giornalisti.

Giornalisti: un mondo di precari che non ha futuro

ROMA- Dalla II edizione dell’Osservatorio sul giornalismo presentato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non dipinge di certo un quadro incoraggiante che potremmo sintetizzare così: l’Italia non è più un Paese per giornalisti. E sì, il giornalismo in Italia è diventata una professione a passione senza guadagni o perlomeno per alcuni, per il resto, rimane solo la passione, per il resto zero assoluto. Secondo i dati, per 112.397 iscritti all’Ordine dei giornalisti (dato settembre 2016), ci sono 59.017 posizioni aperte all’Inpgi, l’istituto di previdenza. L’Agcom, nel periodo analizzato, ha rilevato 35.619 giornalisti attivi in Italia, anche in via non esclusiva. La ricerca registra, inoltre, un graduale invecchiamento della forza lavoro; dato allarmante che rispecchia un’elevata mancanza di turnover. i dati relativi al 2015 evidenziano che nella fascia di reddito inferiore ai 5mila euro annui ci sono oltre il 40% dei giornalisti attivi. Una forbice significativa emerge nella differenziazione tra lavoratori dipendenti e autonomi. Che spesso corrisponde anche alla distinzione tra giornalisti tutelati e non tutelati. L’inversione di tendenza è cominciata dal 2009, quando il numero dei giornalisti autonomi ha superato quello dei dipendenti. Questi ultimi, nel 2015, hanno rappresentato soltanto il 27% del totale. Quelli costretti a scrivere anche per 2 o 5 euro ad articolo, vittime pure di una mancanza di provvedimenti legislativi, annunciati e mai portati veramente in porto, come la legge “sull’equo compenso”: una misura di cui si discute da anni e finalizzato proprio ad evitare quello sfruttamento che si registra puntualmente ogni giorno. Con un esercito di giornalisti precari sfruttati, senza i quali probabilmente alcune testate non riuscirebbero neanche ad andare in edicola. La condizione di debolezza economica aggrava pure la vulnerabilità nei confronti delle intimidazioni. Sottoforma di querele quando si vanno a tastare personaggi e temi scomodi e di ritorsione anche dai propri editori quando non si hanno le adeguate tutele contrattuali. Chi fa il lavoro del giornalista si può dire che lo fa veramente per passione, perché il resto è nebbia totale.