Inverno 1981. Napoli, Rione Sanità. Sul palcoscenico del Teatro San Ferdinando, aquistato e ricostruito nel Dopoguerra dall’attore e drammaturgo Eduardo De Filippo, si svolgono le prove dello spettacolo: “Pescatori” di Raffale Viviani, che vede come protagonisti gli attori Antonio Casagrande e Mariano Rigillo.
Seduto in platea, un noto critico teatrale , autore di recensioni per un altrettanto celebre quotidiano , osserva attentamente i due interpreti per poi appuntare note e commenti sul suo taccuino.
I due attori, Casagrande, nel ruolo dell’attempato “Cumpa’ Dumminico”, e Rigillo, in quello del giovane “Cicciariello”, animato quest’ultimo da un sentimento di vendetta e da un furore omicida nei confronti del primo, poiché ha abusato di sua sorella Catarina, si fronteggiano e minacciano, puntandosi l’uno contro l’altro i rispettivi indici.
Proprio in quel momento, però, il critico si alza in piedi e applaude, attirando su di sè l’attenzione degli attori e del regista che ,adirato per l’improvvisa e inattesa interruzione, prorompe in una rampogna: “Ma che maniere sono queste, ma lei chi è, chi l’ha fatta entrare?…Noi, qui, stiamo lavorando, sa?…è questione di rispetto!…Avanti, si qualifichi e ci dica cosa vuole!…”.
“Mi spiace avervi interrotti e se i miei applausi vi hanno disturbato, vi chiedo scusa!, ma da critico teatrale dagli ormai tanti, troppi , lustri, non ho potuto fare a meno di manifestare tutto il mio entusiasmo per ciò che ho visto e ascoltato…Nella scena che avete appena interpretato, Casagrande è stato a dir poco superlativo!…ha mosso quell’indice come fosse un coltello…Ecco, la grandezza di questo attore: andare oltre le parole, affindando la propria espressività al gesto, in sintonia perfetta con la drammaturgia vivinaea!…”.
“Voi, così, mi lusingate!…”, esclama l’attore, schermendosi,”Io faccio solo il mio lavoro, che è anche la mia passione…a fare il resto, è il pubblico: sono gli spettatori a decretare un mio successo o un insuccesso…Io, non so , se è come dite voi…non lo so ,se è vero che parlo con i gesti…Io ,so solo che quando sono qua sopra, sopra questo palcoscenico , è come se anche queste tavole di legno mi attraversassero per farsi un tutt’uno con il mio corpo, trasformandosi in parola e ,fuoriuscendo attraverso la voce …”.
“E’ proprio questo che intendevo, lo vedete, Casagrande!…”, interrompe nuovamente il critico, in preda all’entusiasmo, chiosando: ” E’ proprio così: con voi,i personaggi di Viviani sublimano la parola con la forza del gesto!…”.
“Casagrande andò ben al di là delle parole, affidando la propria impareggiabile espressività soprattutto al gesto. E non a caso, dunque, fu specialmente uno straordinario interprete vivianeo. E in ciò, è consistito il merito raro di Antonio Casagrande : lui faceva vivere sul palcoscenico il “corpo verbale” di Sartre, spingeva la parola oltre se stessa , sino a che la parola coincideva con il gesto, e a questo cedeva il ruolo di significante. E su tale strada , Casagrande, arrivava a una teatralità raffinata e pregnante che si traduceva in un esercizio di stile, e quindi, in una compiuta formalizzazione”. Così, il giornalista e critico teatrale de “Il Mattino” Enrico Fiore, ha ricordato l’attore e doppiatore Antonio Casagrande, scomparso qualche giorno fa.
Nato a Napoli, il 12 febbraio 1931 da un attore di prosa e da una corista del Teatro San Carlo, esordisce in palcoscenico a sei anni, nel ruolo di un bambino nell’opera “Madama Butterfly” di Giacomo Puccini.
Poi, negli anni Cinquanta, diplomatosi in Canto al Conservatorio, debutta come cantante lirico, conquistando la stima del musicologo, compositore e regista teatrale Roberto De Simone, che lo vuole come protagonista dei suoi “Carmina Vivianea“, reinvenzione in musica di alcune delle opere di Raffaele Viviani.
Nel decennio Sessanta, invece, esordisce come attore grazie ad Eduardo De Filippo che lo scrittura nella sua compagnia ,con la quale mette in scena la trasposizione televisiva per la Rai delle opere : “Sabato, domenica e lunedì”, “Questi fantasmi”, “Ditegli sempre di sì”, “Filumeno Marturano”, “Napoli Milionaria”, “Mia famiglia”, cui seguono gli sceneggiati: “Luisa Sanfelice”, diretto da Leonardo Cortese e “Figli d’arte”, con la regia di Flaminio Bollini.
In quegli stessi anni, debutta negli sceneggiati (“La famiglia Benvenuti” di Alfredo Giannetti) e sul grande schermo, con le pellicole: “Le quattro giornate di Napoli” di Nanni Loy, “Sherlok Holmes-la valle del terrore” di Terence Fisher, “Il duca nero” di Pino Mercanti, “Arabella” di Mauro Bolognini, “La ragazza del bersagliere” di Alessandro Blasetti, “La notte è fatta per…rubare” di Giorgio Capitani e “Beatrice Cenci” di Lucio Fulci, senza però tralasciare il Teatro, divenendo l’interprete più accreditato di alcune pièce dell’attore e drammaturgo Raffaele Viviani, dirette da Giuseppe Patroni Griffi, con le quali rende esemplari alcuni personaggi, come: “Tummasino ‘o milionario” in “Napoli : notte e giorno” e il cameriere in “Napoli : chi resta e chi parte”, poi fatti rivivere insieme con altri sul palcoscenico nello spettacolo antologico “Io, Raffaele Viviani”, scritto da Antonio Ghirelli e Achillo Millo e portato in giro per i teatri non solo d’ Italia, ma anche d’America, con lo stesso Millo, Franco Acampora e Marina Pagano.
Fra la fine degli anni Sessanta e gli Ottanta,tornato alla prosa televisiva, interpreta “Il cappello del prete” ,diretto da Sandro Bolchi , “Storie della camorra” ,con la regia di Paolo Gazzara , “Illa : Punto d’osservazione” di Daniele D’Anza e “Un cappello pieno di pioggia” di Gianni Serra, per poi prendere parte a una serie di film: “E venne il giorno dei limoni neri” di Camillo Bazzoni, “Il caso Pisciotta”di Eriprando Visconti, “Detenuto in attesa di giudizio” di Nanni Loy, “Commissariato di notturna” di Guido Leoni, “Milano rovente” di Umberto Lenzi, “Amore e violenza” di Philippe Labro, “Mimì Bluette…fiore del mio giardino” di Carlo Di Palma, “Frittata all’italiana” di Alfonso Brescia , “Ecco noi noi per esempio…” di Sergio Corbucci, “Così parlò Bellavista” di Luciano De Crescenzo e “C’è posto per tutti” di Giancarlo Planta.
Ancora protagonista al Cinema, dagli anni Novanta ai Duemila, gira le pellicole: “Amore a prima vista” di Vincenzo Salemme, a fianco del figlio Maurizio (ha anche una figlia, Simona) che lo dirige nei film “Una donna per la vita” e “Babbo Natale non viene dal Nord”, “L’ultimo Pulcinella” di Maurizio Scaparro e “Io non ci casco” di Pasquale Falcone, e prende parte alle serie Tv Rai e Mediaset: “Il commissario Raimondi” di Paolo Costella, “Dio ci ha creato gratis” di Angelo Antonucci, “Padre Pio- Tra cielo e terra” di Giulio Base, “La guerra è finita” di Lodovico Gasparini, “Carabinieri” di Sergio Martino e Raffaele Mertes e “Capri” di Enrico Oldoini.
Fondatore di una compagnia, composta da Tiziana De Giacomo, Ania Cecilia, Marianna Liguori, Luca Varone, porta in scena il suo ultimo spettacolo: “Caffé notturno: c’è di peggio care signore”, cui seguono, nel 2021, le partecipazioni alla prosa televisiva “Non ti pago”, riadattamento per Rai Uno della commedia di Eduardo De Filippo , diretto da Edoardo De Angelis, e alla pellicola “I fratelli De Filippo“, con la regia di Sergio Rubini, uscita nelle sale e trasmessa sempre dal primo canale Rai.
Doppiatore, oltre che attore, (doppia alcuni colleghi ,tra cui Enrico Maria Salerno, nel film “No, il caso è felicemente risolto”), si è spento il 27 luglio scorso a Napoli, all’età di novantuno anni, presso l’Ospedale Cardarelli dove era ricoverato da qualche giorno.
Salutato da familiari , amici e colleghi, (tra cui Isa Danieli, Maurisa Laurito , Angela Pagano e Vincenzo Salemme), alle esequie, tenutesi il 29 luglio, presso la Chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini , è stato così ricordato dallo stesso Salemme: “Quando ho iniziato a fare l’attore negli anni Settanta, Antonio Casagrande era già un mito. Era il prediletto di Eduardo, si diceva. Era bravissimo, con una voce indimenticabile (cantava in modo eccellente)ed era pure bellissimo. Poi, ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente grazie al figlio Maurizio, col quale avevo iniziato una collaborazione molto apprezzata dal padre ,che faceva proprio il tifo per noi. Conoscendolo di persona ho capito che Antonio era un artista molto particolare. Forse non ha ricevuto quello che avrebbe meritato,ma credo che questa mancanza sia stata conseguenza del suo carattere . Era un uomo che aveva un distacco quasi nobile da tutti gli interessi materiali, dai secondi fini, dalle diplomazie opportunistiche. Aveva conservato un tratto romantico che, anche grazie al volto dolcemente antico, lo faceva sembrare un cavaliere ottocentesco. E, allo stesso tempo, aveva lo spirito giovanile che gli donava uno sguardo ironico, sempre rivolto al futuro. Ed era un uomo senza schemi, curioso e incapace di invidie e rancori. Gli ho voluto molto bene e lui me ne ha voluto”.
Il figlio Maurizio, commosso, ha dichiarato ai cronisti: “La prima angoscia , oltre alla tragica notizia, è stato il terrore che non fosse ricordato e non fosse nel cuore della gente. Poi, mi sono accorto che c’è un amore infinito. Sono felice, nel dolore. Napoli ha perso un attore come papà che era la cartolina più bella di questa città. E’ come se fosse morto il Vesuvio. Con oggi, se ne va un pezzo della mia anima. Spero tanto che dall’alto possa sentire tutto l’amore e l’ammirazione di quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo”.