Categories: Cronaca

asta parate televisive che hanno stancato gli italiani, ci vogliono fatti concreti

L’Italia era già un malato sotto cura permanente, con il coronovirus la malattia si è aggravata. È questa la sintesi della situazione italiana dopo la tempesta. Tempesta che ancora non è finita, e se non facciamo massima attenzione, in un solo colpo possiamo ritornare indietro. Ieri il premier Conte ha fatto l’ennesima uscita televisiva per offrire in pasto all’opinione pubblica altre promesse. Peccato che la buona parte degli italiani stanno aspettando ancora le vecchie promesse.
Le imprese italiane sono in una situazione drammatica che rischia di fare da detonatore a una crisi sociale senza precedenti. I cali di produzione registrati da confindustria dicono che il paese ha perso tantissimo. Come ha perso tanto il turismo, il settore che più di tutti è finito nella tragedia e non riesce a uscirne nell’immediato. Meno consumi e meno produzione preoccupano gli imprenditori, ma preoccupa anche la tenuta del Pil che, già adesso, fa registrare un calo vertiginoso. L’ottimismo del Premier serve a ben poco, poiché ci vogliono fatti concreti per far ripartire un paese che ha subito il contraccolpo. Il premier parla di Recovery fund, ma si tratta di fondi che, comunque, non arriveranno presto. È dall’inizio dell’epidemia che l’Europa parla ma non riesce a concretizzare nulla. Procedure che non hanno portato a interventi immediati quando nei paesi europei c’era gente che moriva a cascata. “Dovremo modernizzare il Paese, incrementare la digitalizzazione, combattere l’evasione. Dobbiamo lavorare per sostenere le nostre imprese. Dobbiamo rilanciare gli investimenti pubblici e privati, snellendo la burocrazia. Serve una decisa transizione verso un’economia verde. Dobbiamo sostenere il diritto allo studio: più ricercatori, più studenti ben formati“. Ha detto Conte. Ma per buona parte del popolo italiano le sue parole rimangono proclami simili a quelli ascoltati durante la quarantena e non hanno sortito nessun effetto.
Il paese si trovava in una situazione difficile già prima dell’epidemia, quindi bisogna partire da quei problemi per poi poter rimettere in moto una macchina che aveva già il motore in panne. Il lavoro è la prima macchia mai risolta, se non si interviene si rischia di ritrovarsi un disagio sociale che può sfociare in vibranti proteste. Poi ci sono le tasse e la burocrazia, due fattori che sono diventati le metastasi che portano alla disperazione milioni di italiani. Insomma, bisogna intervenire lì dove c’è la massima urgenza, poi si può pensare a cose che, per attuarle, ci vogliono decenni. Ora c’è bisogno di urgenti azioni e non le solite parate televisive che hanno stancato gli italiani.

Redazione

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