Estate 1989. Roma. In una celebre osteria del quartiere Trastevere,il cantautore e musicista Bruno Lauzi attende l’arrivo della cantante Mia Martini, che, dopo qualche minuto, fa il suo ingresso nel locale. “Ciao, Bruno!…ho fatto prima che ho potuto…scusa se ti ho fatto aspettare!…Sei qui da molto?…”, domanda preoccupata la cantante. “Ma noooo, figurati!…Son qui da qualche minuto!…Tu, piuttosto…così di fretta…da dov’è che arrivi?…Non mi dire che ti ho disturbato!…Eri impegnata?…chissà quanti concerti avrai già in calendario!…”, immagina il cantautore. “Impegnata, dici?…E’ da tanto che non ci vediamo, eh, Bruno?…saranno almeno dieci anni…da allora, molte cose sono cambiate!…”, sentenzia la Martini, continuando, “Io sono cambiata!…E poi non canto più…cioè canto,ma non in certi contesti…sì, intendo quelli ufficiali…Ora, canto nei piccoli eventi…nelle piazze…Bruno, tu sai cosa mi è accaduto!…”. “Sì, lo so!…so cosa dicono di te , Mimì…ma io ho una canzone nel cassetto…la conservo lì da tanto tempo…dal 1972…da quando cantasti “Piccolo uomo”….e quella canzone, credimi, solo tu puoi cantarla, al Festival, quel Festival…”, le propone il cantautore, subito interrotto dalla Martini: “Intendi, al Festival di Sanremo?…No, io non posso salire su quel palco…Anzi, a dire il vero, sarebbero gli addetti a lavori a non farmici salire!…Se succedesse qualcosa, direbbero che è stata colpa mia…che sono io a portare sfortuna …Be’ , sì, hai capito, no?…”. “Mimì, non succederà niente…”, la rassicura, Lauzi, aggiungendo: “…Al Festival, andrà tutto bene, perché tu sei una grande cantante…una vera cantante, un’anima meravigliosa!…Il massimo che possa capitare è che tu vinca, facendo infuriare gli invidiosi…La canzone si chiama: “Almeno tu nell’universo” e racconta di una donna che chiede all’uomo che ama di non deluderla, di essere diverso dagli altri, dalla gente superficiale, cattiva , mediocre…Mia, solo tu puoi rendere credibile il testo, cantandolo…Torna nella mischia!, tu meriti quel palco, lo merita la tua voce, la tua capacità di interpretare…Datti un’altra possibilità…ti garantisco che il patron del Festival, Aragozzini, è d’accordo!…Ho parlato con lui prima di venire da te…ha detto che il tuo ritorno sarebbe il vero e proprio evento del Festival…Mia, pensaci bene…al Festival mancano alcuni mesi…hai tutto il tempo per rifletterci, ma ricorda: non lasciare che vincano loro, quelli che hanno fatto in modo che ti allontassi dalle scene, dalla ribalta che meriti e che vorrebbero tu smettessi definitivamente…Sul palcoscenico della vita, siamo in tanti, e tutte maschere…pochi, come te, indossano solo il cuore…La musica, l’Arte meritano un’anima pura e schietta come la tua, non privarne il pubblico!…”.
“Io non mi sento depresso, mi sento represso: sono una molla sempre pronta a scattare , ma non mi posso concedere cedimenti, devo essere la bandiera della positività, per quanto possibile. Devo stare su di morale. Una volta un fotografo mi ha chisesto di posare mentre guardavo sconsolato una chitarra che non posso più usare , gli ho risposto che avrei fatto una foto al futuro, con in mano le maracas”. Così, il cantautore, musicista e cabarettista, Bruno Lauzi, in un’intervista rilasciata nel 2000, qualche tempo dopo aver rivelato di essere affetto dal morbo di Parkinson. Nato ad Asmara, colonia italiana d’Eritrea, l’8 agosto 1937, da Laura Nahum, di religione ebraica, ma convertitasi al cattolicesimo per sfuggire alle leggi razziali, e da Francesco Lauzi, cresce a Genova, dove condivide sin dall’adolescenza la passione per l’arte e la musica jazz con l’amico Luigi Tenco, compagno di banco al Liceo Classico “Andrea Doria“, insieme con cui fonda gruppo musicale “Jelly Roll Morton Boys Jazz Band” e scrive canzoni, sotto la guida di Gianfranco Reverberi e di Giorgio Calabrese. Poi, trasferitosi a Varese, conosce e collabora con Piero Chiara alla fondazione del giornale periodico di stampo liberale “L’Altolombrado“, periodo nel quale scopre la canzone francesce di Brassens, Brel, Aznavour e, mentre studia alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di Milano, compone il brano “Il poeta”, che segna l’inzio della sua carriera di cantautore. Quindi, diplomatosi in pieno boom economico, in lingua inglese, presso la Scuola Interpreti, per raggiungere la quale viaggia ogni giorno sul treno Varese-Milano, osservando a bordo gli emigrati meridionali trasferitisi al Nord per lavorare nelle industrie, trae spunto dalle storie di questi ultimi per scrivere il testo della canzone “La donna del Sud“. Vinti due concorsi nazionali di traduzione, abbandona gli studi a due esami dalla laurea per dedicarsi alla carriera artistica. Composto nel 1963 il brano “Ritornerai, ottiene i primi riconoscimenti e si trasferisce a Milano. Qui, conosciuti artisti come i Gufi ed Enzo Jannacci, viene ingaggiato dal proprietario del Derby, noto locale di cabaret in cui si esibiscono attori destinati ad affermarsi nel panorama dello Spettacolo italiano, quali: il duo Cochi e Renato, Felice Andreasi e Lino Toffolo. Raccolto un largo consenso come autore, cantante e interprete, parte per tournée e concerti internazionali, accompagnando cantanti come Mina. Poi, sul finire degli anni Sessanta, conosce Lucio Battisti ed entra a far parte della casa discografica di quest’ultimo, la “Numero Uno“, iniziando una collaborazione con la coppia Mogol-Battisti, che raggiunge il culmine con la realizzazione di brani quali: “E penso a te“, “L’aquila” e “Amore caro, amore bello”. Raggiunto il primo posto in classifica, vince diversi premi della critica con canzoni scritte per sé e per altri, come: “Lo straniero“, cantanta da George Moustaki, “Quanto t’amo“, interpretata da Johnny Halliday, “L’appuntamento”, cantata da Ornella Vanoni e “Piccolo uomo“, interpetata da Mia Martini. Collaborato con artisti e musicisti internazionali come: Vinicius De Moraes, Toquinho, Petula Clark, Dionne Warwick, Tony Bennet, Peter Ustinov, Gabriel Garcia Marquez, Serge Reggiani, scrive brani per bambini, tra cui i più celebri: “La tartaruga” e “Johnny Bassotto” e , rivelatosi anche un pigmalione, scopre nuovi talenti della musica, quali: Edoardo Bennato, Roberto Vecchioni e il gruppo comico “I Gatti di Vicolo Miracoli”. Avvalsosi del talento dei fratelli La Bionda, suoi chitarristi in concerti dal vivo, lancia , interpretandolo, il brano “Onda su onda“, scritto da un avvocato di Asti semisconosciuto: Paolo Conte, che,in seguito compone per lui altre canzoni: “Genova per noi” e “Bartali”. Verso la fine degli Ottanta, incisi i brani: “Angeli” con Lucio Dalla, “Naviganti” con Ivano Fossati, “Maria dei parafulmini” con Ron, vince il premio della critica al Festival di Sanremo con la canzone “Almeno tu nell’universo“, scritta con Maurizio Fabrizio e interpretata da Mia Martini. Diventato discografico ed editore, fondata la casa editrice “Pincopallo“, e registrato l’album “Il dorso della balena”, negli anni Novanta si cimenta nella scrittura di poesie, pubblicando i volumi: “I mari interni“, edito da Crocetti Editore (1994) e “Riapprodi”, pubblicato da Rangoni (1996), raccolti poi nell’unico testo “Versi facili” edito da Marittime. Appassionato di politica, giornalismo ed enogastronomia, (produce un vino Barbera denominato “La Celesta“), nel 2000 si ammala del morbo di Parkinson, pubblicando nello stesso periodo i dischi: “Una vita in musica”, “Omaggio alla città di Genova”, “Omaggio al Piemonte”, “Tra cielo e mare: la Liguria dei poeti”, “Back to Jazz”, “Il manuale del piccolo esploratore” e “Nostaljazz”. Dato alle stampe il secondo volume di poesie “Esercizi di sguardo“,edito da Marittime, recensito positivamente da critici come Nico Orengo, Giuseppe Conte ed Elena Bono, compone il volume “Poesie contromano”, contenente la lirica “La mano” , dedicata allo sfarfallio dell’arto colpito dalla malattia, i cui proventi sono devoluti in favore della ricerca sul morbo di Parkinson. Girato con l’amico Felice Andreasi il cortometraggio “Ora dicono fosse un poeta“, con cui vince numerosi premi della critica, scrive con Gianfranco Reverberi la commedia musicale “Una volta nella vita” e con Pippo Caruso lo spettacolo “Donna Flor“. Testimonial dell’Associazione Italiana Parkinson, nel 2005, colpito da una nuova malattia, scrive il “non-romanzo” “Il caso del pompelmo levigato“, edito da Bompiani, da lui definito: “Piccolo trattato umoristico sul libero arbitrio ed altre arbitrarietà”. Dettato a dei collaboratori e pubblicato il suo libro autobiografico “Tanto domani mi sveglio“, edito da Gammarò, realizza per Rai Trade il disco “Cioccolatino” e per l’Associazione Italiana Parkinson l’album “Ogni bambino è un miracolo in più“. Nel 2006, ottenuto dal Club Tenco il premio omonimo dedicato all’amico cantautore,così ne commenta l’assegnazione: “Ho cominciato con Tenco, finisco con Tenco“. Il prestigioso riconoscimento viene poi ritirato dalla moglie Giovanna, sposata nel 1968, e dal figlio Maurizio, sul palcoscenico di Sanremo ,l’11 novembre 2006, a un mese dalla sua scompasa, avvenuta il 24 ottobre, nella sua abitazione di Peschiera Borromeo (Milano) . Di sé,qualche tempo prima che le condizioni di salute degenerassero, aveva detto: “La mia più grande soddisfazione artistica è stata vincere il Premio della Critica nell’89 con “Almeno tu nell’Universo”, cantata da Mia Martini. E di questo, come di tutta la mia carriera, devo dire grazie alla gente che mi ha voluto bene e continua a volermene. Se penso a come mi piacerebbe essere ricordato ,vorrei che il pubblico pensasse a me come a una persona e a un cantautore che non ha mai lasciato nulla di intentato”.