ROMA- Questi numeri dell’Istat hanno sempre dei alti non condivisibili, che non rispecchiano in pieno la realtà. Anche perché sono numeri risicati quindi difficilmente si riesce a percepire la reale fattibilità. Ma non lo diciamo tanto per polemizzare contro l’ottimismo del non eletto premier, ma è perché la disperazione c’è ed è altissima tra quelli che ogni giorno sono alla ricerca di un lavoro. L’Istat dovrebbe specificare dove stanno questi occupati, come sono occupati, e in base a quale parametro risultano occupati. Specificare le aree geografiche, e far capire se sono già degli occupati che poi sono stati regolarizzati per via degli sgravi del governo che, fra qualche anno, quando termineranno gli sgravi, le aziende licenzieranno. Dovrebbe specificare se questi occupati sono nella pubblica amministrazione o nel privato, visto che, purtroppo, le aziende private continuano a chiudere. Insomma, specificare perbene come nascono questi numeri.
Come noi la pensa anche la Cei, che attraverso il cardinale Angelo Bagnasco, intervenuto ad un convegno sull’etica del lavoro in corso a Genova, ha spiegato che la loro tutto questo ottimismo non lo vedono: “L’osservatorio delle nostre parrocchie e delle nostre comunità cristiane non registra ancora questo miglioramento che tutti auspichiamo – ha spiegato Bagnasco – le code di coloro che cercano il lavoro, che sono disoccupati, o che non sono mai stati occupati, continuano notevolmente, non soltanto per i giovani che sono la grande parte, ma anche per le persone di mezza età che hanno famiglia e impegni economici da onorare“.
Non si può non condividere il pensiero di Bagnasco, perché veramente la realtà è di lunga differente dall’ottimismo messo in campo oggi da Renzi. Evidentemente lui e l’Istat vedono un Italia diversa da chi sta ogni giorno in mezzo alla gente e tocca con mano le difficoltà delle persone.