Autunno 1941. Milano , galleria Vittorio Emanuele I . Mentre sulla città scende la sera e avventori distinti affollano i tavoli di un ristorante esclusivo , all’interno del Supercinema , adibito a sala teatrale , gli spettatori prendono posto in platea per assistere alla rivista del comico esordiente Carlo Dapporto . Seduta tra un pubblico di anonimi signori , la famosa soubrette Wanda Osiris , avvolta in un boa di struzzo , aspetta di assistere allo spettacolo , disturbata dalle manifestazioni di ammirazione di un suo vicino invadente. “Oh, ma chi me lo doveva dire a me che un giorno avrei avuto al mio fianco la “Wandissima” ?!…Son proprio un uomo fortunato!…” , si compiace l’anziano cavaliere Alfredo Zucconi , proprietario di una catena di pasticcerie . “Prego …, scusi , come dice?…”, domanda con atteggiamento da svampita la popolare “prima donna” del varietà . “Signora Osiris , sono il cavalier Zucconi ed è tutta una vita che sognavo di incontrarla!…” , risponde imbarazzato l’imprenditore . “Silenzio…! , ma cosa continua a parlare , non lo vede che il varietà sta iniziando !” , lo interrompe adirata la Osiris , quando vede apparire Dapporto sulla scena . “Buonasera signore e signori , ma come siete chic! …a darvi il benvenuto un uomo all’altezza della vostra classe , del vostro charme : il viveur , il maliardo in frac , con un occhio qua e uno a Montecarlo !…Sì , sono il maliardo!…Piacere alle mogli e dispiacere i mariti è la mia missione!…” , inizia il suo monologo l’attore , conquistando le simpatie degli spettatori e della soubrette che , entusiasta , al termine del numero commenta : “Che genio….che ironia ! …sofisticata e popolare al tempo stesso …un autentico talento !…Voglio che sia al mio fianco nel prossimo spettacolo ; desidero incontrarlo di persona, desidero parlargli assolutamente!… Buon uomo si sposti che devo passare!…” . “Buon uomo a me ? , mai nessuno me lo aveva detto! …” , constata l’uomo d’affari , aggiungendo : “Signora Osiris , resti , non vada via !…se resta e mi concede un po’ del suo tempo prometto di regalarle un solitario della mia collezione !…” . “Cavalier Zucconi , mi lasci andare!…” , rbatte orgogliosa la vedette , “L’arte ha delle ragioni che un solitario non conosce!” .
“Attore geniale , sorretto da notevole ispirazione e da una comunicativa fervida e gioconda” . Con queste parole la critica elogiava le doti di istrione di Carlo Dapporto. Nato a Sanremo il 26 giugno del 1911 dal calzolaio Giuseppe e dalla casalinga piemontese Olimpia , fin dall’adolescenza lavorò come fattorino , fabbro , tappezziere , barista e cameriere per aiutare la famiglia. Dotato di ironia e capace di intrattenere la clientela , presto pose fine alla sua attività di direttore di sala per intraprendere la carriera di attore . Esordito a Sanremo nel 1934 presso il caffè Venezuela , fu scritturato dagli impresari della nota soubrette Vivienne D’Arys . Ballerino della compagnia di Anna Fougez, nel 1940 allestì insieme a Umberto Franzi il suo primo spettacolo di rivista, nel quale interpretò “Il Maliardo” , viveur d’ispirazione dannunziana in frac e cilindro . Entrato poi nella compagnia di Wanda Osiris , fra il 1942 e il 1943 debuttò a livello nazionale con lo spettacolo di Nelli e Mangini “Sognamo insieme” , cui seguirono i varietà : “Sognate con me” , “Che succede a Copa Cabana” , “Ohilalà” e “La signora è servita” . Sposatosi con Augusta , ballerina di fila , divenne padre di Massimo , Dario e Giancarla . Ingaggiato dal regista cinematografico Giacomo Gentilomo per un piccolo ruolo nella pellicola “In cerca di felicità” , divenne protagonista della commedia all’italiana (“Il vedovo allegro” diretto da Mario Mattoli , “La presidentessa” di Pietro Germi , “Ci troviamo in galleria” di Mauro Bolognini). Fondate le compagnie “Carlo Dapporto” , “Dapporto-Masiero” , “Dapporto-Fabrizi” e “Dapporto-Pavone” e , stretto un sodalizio con gli autori Garinei e Giovannini , fra gli anni Cinquanta e Sessanta portò in giro , nei teatri d’Italia , le riviste “Riviera follies”, “Chicchiricchì” e le commedie musicali “Giove in doppiopetto”(accanto a Delia Scala) e “L’adorabile Giulio” , grazie alle quali ottenne il prestigioso riconoscimento della “Maschera d’argento” . Tornato sul palcoscenico dopo un periodo di inattività dovuto a problemi di salute , prese parte a pièce brillanti quali : “Mi è cascata una ragazza nel piatto” di Terence Frisby , “Il visone viaggiatore” di Ray Cooney e John Chapman e “Un babà per sette” di Faele e Castaldo. Divenuto ancor più popolare nel decennio Sessanta , per via di caroselli di note marche di dentifricio , partecipò a pellicole corali come : “Scandali al mare” di Marino Girolami e “Follie d’estate” di Edoardo Anton. Cimentatosi nel genere dialettale ,impersonando opere del genovese Gilberto Govi , negli anni Settanta fu ospite d’eccezione dei varietà televisivi “Studio Uno” e “Senza rete” e recitò nei film “Nel giorno del Signore” di Bruno Corbucci e in “Polvere di stelle” di Alberto Sordi. Nel 1987 , mostrate le sue doti di attore drammatico nella pellicola di Ettore Scola “La famiglia”, si ritirò definitivamente dalle scene a causa delle precarie condizioni di salute . Ricoverato d’urgenza in una clinica romana , si spense il 1 ottobre del 1989 , all’età di ottantanove anni . Il 1 ottobre del 2014 , in occasione del venticinquesimo anniversario della sua morte , la figlia Giancarla ne rievocò gli ultimi istanti di vita sulle pagine del quotidiano “La Repubblica” : “[…] Che giorno è oggi ? “; “Il primo ottobre”. Mi chiede di alzarlo un poco sui cuscini da cui è scivolato . Emana dai suoi capelli non ancora incanutiti un delicato profumo di lozione maschile . L’aspetto è curato , un elegante cache con disegni cachemire esce dalla giacca del pigiama . Con la mano destra fruga nel cassetto del comodino e ne trae uno specchietto dentro cui fa boccacce e smorfie. “Aspetti visite?” ; “Non si sa mai che arrivi qualche ammiratrice!”. Il sole è ancora caldo , sembra una giornata estiva, l’autunno del giardino con i suoi rami sempreverdi preme ai vetri della finestra attraversata da guizzi improvvisi di voli. Mi dice : “E Delia Scala in “Giove in Doppiopetto? …Te la ricordi che cos’era?”. Sottovoce canticchio ancora per lui le strofe del bellissimo ritornello che invase le onde radio nel lontano 1954 e che io ascoltavo con segreto batticuore. La memoria arricchisce l’esperienza di ogni cosa , la moltiplica e il tempo della vita sembra dilatarsi all’infinito.[…]Aveva appoggiato il capo sui guanciali e schioccava le lebbra per assaporare antiche dolcezze. “Ah , cos’è la vita…!”; non era la prima volta che si meravigliava dei doni che gli aveva riservato. Era un’invocazione rispettosa e un ringraziamento davanti alla gioia , alla bellezza e all’incanto , alle sorprese che poteva arrecare , a patto di seguirne fedelmente il ritmo , il corso sconosciuto , senza timore”.