Non è un “liberi tutti” quello del 26 aprile. Secondo il premier Draghi e il Cts c’è il “rischio calcolato”. Su quali basi sia stato calcolato il rischio, al momento non esiste traccia. C’è, invece, la consapevolezza che le paventate riaperture possono fallire se la corsa del virus non si attenua con l’arrivo dell’estate.
Le riaperture sono più di tipo politico e sociale che sanitario. Lo scorso anno con una situazione del genere nessuno avrebbe mai pensato di riaprire, quest’anno le cose sembra andare diversamente. Lo scorso maggio abbiamo riaperto con un numero di contagi che poco si attestava su 642 nuovi positivi al 21 maggio 2020, oggi si naviga sui sedicimila nuovi positivi giornalieri e con i decessi che superano sempre le 300 unità. Quindi dal punto di vista epidemiologico è difficile pensare a una riapertura senza una massiccia forza di controllo. Con questo scenario c’è il rischio di arrivare a fine maggio con una situazione difficile da controllare.
Quello che preme sottolineare, è che le zone messe in campo dal governo Conte II sono fallite miseramente, il prosieguo di Draghi è stato un doppio fallimento. La colpa maggiore è sempre stata addossata all’irresponsabilità dei cittadini a non rispettare le regole, senza dire che i controlli sono stati scarsissimi. A parte ciò, dal 26 aprile se qualcosa va storto di sicuro le colpe ricadranno sui cittadini e le imprese. Sta diventando un classico, ormai. Su questo punto in parte si può anche essere d’accordo, visto che finora la maggioranza dei cittadini italiani ha avuto un comportamento menefreghista ed ha condizionato molto la corsa dei contagi. Si spera che dal 26 aprile, quando ci saranno numerose aperture, e dopo il 15 maggio, quando apriranno anche le spiagge, gli italiani siano rigorosamente responsabili affinché non andiamo a sbattere contro il muro di cemento. Il rischio c’è, per evitarlo bisogna essere tutti responsabili. Speriamo.