Sono passati dodici mesi dai primi bollettini di guerra del marzo 2020, ed oggi, a distanza dalla prima ondata, siamo ancora chiusi dentro e lottiamo contro numeri impressionanti. Tanti contagi giornalieri, tante vite umane perse ogni giorno, eppure in giro c’è una “strafottenza” che fa più paura del virus. Errori ce ne sono stati, e tanti pure, ma qualcosa non gira nel verso giusto nella mente delle persone. Se tutti rispettassimo le dovute precauzioni, il senso delle nostre giornate sarebbe completamente diverso.
Stiamo affrontando una battaglia di vita, che la nostra era non aveva mai vissuto, ed ora ci confrontiamo con un dramma che dovrebbe far paura anche ai più scettici. Ogni comunità ha pianto i suoi morti per coronavirus, solo questo deve farci sentire in pericolo e rispettare le regole, purtroppo non è così. Dopo la prima ondata abbiamo preferito costruire l’alibi che è qualcosa che colpisce gli altri, gli anziani, gli ammalati, persone fragili. Come se queste persone non fossero vite da custodire, proteggere. Abbiamo preferito l’alibi per nascondere la realtà che, invece, ci circonda e ci travolge. Senza capire che nessuno di noi può sentirsi al riparo, che tutti possiamo essere colpiti dal virus e, chi in un modo chi in un altro, paghiamo le conseguenze di questa maledetta epidemia. Allora basta con la mania di onnipotenti sulla terra: nessuno di noi è un Dio, ognuno di noi è un obiettivo facile del mostro silenzioso. Quindi smettiamola con l’arroganza, e facciamo in modo che tutti rispettino le regole per impedire al virus di usarci come autobus dei suoi loschi movimenti.
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