ROMA- Certi dati fanno a cazzotto tra di loro. Da un lato troviamo il fondo monetario che dice che il nostro Pil crescerà di più rispetto alle stime, dall’altra troviamo un paese che disgraziatamente è fermo. Quindi i dati dicono tutto e niente, non parlano, immediatamente, della condizione di vita delle persone. Crescita della ricchezza nazionale non significa, di per sé, aumento del benessere e della felicità dei cittadini, come dimostrano tantissimi casi sparsi per il mondo.
La ripresa è iniziata da due anni, mentre il dato sulla povertà sconta un lungo periodo di crisi: cinque milioni di cittadini in condizione di povertà assoluta (+100% rispetto a 10 anni fa), esclusi dalla fruizione di beni e servizi primari, 1 milione e 619mila famiglie, oltre otto milioni quelli la cui povertà è classificata come “relativa”. Ha detto ultimamente l’Istat.
La ricchezza aumenta, ma sono in pochi a contendersela e gli alti livelli di disoccupazione e di precarietà sono la vera miniera di incertezza che continua ad essere il paladino che spinge alla povertà migliaia di persone. È una gara ad ostacoli che vede i numeri positivi infrangersi in un paniere pieno di contraddizioni rispetto a quella che è la realtà del paese. I numeri positivi arrivano principalmente dall’expo, ma i consumi interni sono in stagnazione e non ripartono, nonostante la paventata ripresa che si esalta da due anni, i portafogli degli italiani sono vuoti.
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